In poco tempo l’ambiente del web 2.0 ha fatto registrare novità, invenzioni e abitudini che soprattutto tra i giovanissimi continuano a far tendenza.
Facebook, Twitter, Instragram e LinkedIn hanno accorciato notevolmente il tempo necessario per reperire informazioni di ogni genere, così come hanno permesso la connessione tra utenti sparsi in tutte le parti del mondo. Inoltre sono diventati, soprattutto per i giovanissimi, un modo per condividere momenti di vita vissuta, emozioni e sentimenti. Ma se tutti questi pro hanno permesso l’affermarsi di una società avanzata, i social network, per contro, rischiano anche di diventare dei pericolosi rubatempo.
Nonostante questo non è possibile farne a meno: sui mezzi pubblici, per strada, in fila alla cassa del supermercato, durante le pause da lavoro. Insomma quella dello studioso McLuhan per la quale i media sarebbero diventati delle estensioni dei sensi dell’uomo, potrebbe essere definita più una indovinata profezia che una semplice teoria.
Il tema viene sempre più sovente ripreso dalla pubblicità: è il caso dello spot di una società di telecomunicazioni indiana, la MTS, in cui una donna dà alla luce un figlio “nato per Internet“. Le immagini sono provocatorie: il bambino, subito dopo il parto, è già in grado di cercare sul web le informazioni per tagliare da solo il suo cordone ombelicale e per mettere online i suoi primi istanti di vita. I navigatori che hanno visto lo spot su YouTube ne elogiano la creatività e parlano di futuro “possibile”, in cui le nuove generazioni saranno subito pronte per il web.
Ancora, il nuovissimo videoclip del cantante statunitense Moby “Are you lost in the world like me” la cui protagonista è capace di incagliare l’attenzione di masse di persone, cadute nel “baratro” della dipendenza dai dispositivi. I personaggi appaiono come degli zombie, totalmente trasportati nell’ambiente virtuale dove perdono le coordinate e con esse la propria umanità.
Spot di denuncia di una problematica come quella dell’assenza di relazioni interpersonali che sfocia nell’intolleranza, video che manifestano la caduta all’interno dell’ “incantevole” vortice del web, che di “lieto fine” tipico delle migliori favole, con il passare del tempo, a meno di soluzioni alternative, vedrà davvero poco e niente.
Come commento assai calzante sugli eccessi della virtualità, torna utile rivedere un video virale della Coca-Cola che ha già due anni. Coca-Cola Social Media Guard già nel 2014 proponeva come soluzione un “cono” decorato con i colori del brand che, adeguatamente indossato, permetteva di tornare ad osservare il mondo circostante. Il tono di enfasi trasmesso dalla colonna sonora di “2001: Odissea nello Spazio” esprimeva il momento di “rinascita” e di (ri)scoperta del reale. Una vita reale nella quale i momenti di convivialità possono anche essere accompagnati da una fresca e frizzante Coca Cola.