L’Internet come infrastruttura globale che unisce tutta la Terra, rischia di frantumarsi lungo confini nazionali, a causa dell’escalation dei conflitti geopolitici, ultimo in ordine di tempo l’invasione russa dell’Ucraina e la risposta dell’Occidente. Le forti sanzioni occidentali imposte alla Russia e le contromosse della Russia rischiano, infatti, di accelerare la frammentazione di Internet, il cosiddetto “Splinternet”.
IMMAGINE 1: L’ATTUALE RETE DELLE DORSALI GLOBALI DI INTERNET
Le autorità russe hanno deciso di sospendere i servizi in Russia di Facebook e Twitter, dopo la decisione di questi ultimi di Limitare l’accesso ai media russi sotto controllo del governo (RT e Sputnik).
Il confronto tra l’Occidente e la Russia, precipato con il conflitto in Ucraina, fa compiere un altro passo in avanti sulla strada dello “Splinternet”, cioè della divisione fra l’Internet dei paesi democratici e quello dei paesi autoritari, e sembra accelerare il fenomeno della cyberbalcanizzazione.
Solo fino a metà febbraio, l’accesso ad Internet in Russia era relativamente libero ed i cittadini di Mosca potevano navigare nello stesso mondo online che vedeva il mondo intero. Dall’inizio del conflitto, il governo russo sta isolando il suo Internet, blocca le piattaforme di social media globali all’interno della Russia e applica leggi eccezionali sul’informazione ed i media.
Le misure aggressive adottate sia dal campo occidentale che da quello russo si stanno muovendo tutte in una unica direzione ed hanno come effetto la frammentazione dell’Internet sin qui (quasi) globale. Di conseguenza, l’Internet della Russia sta diventando sempre più un mondo a sè, separato dal resto dell’ Open Internet[1].
La guerra in Ucraina potrebbe concludersi con due modelli di Internet: uno aperto per i paesi liberali e uno chiuso per i paesi non liberali, come Russia, Iran, Cina, ecc.
L’Internet a disposizione dei cittadini di questi ultimi, sarebbe un Internet locale, non più automaticamente connesso all’Internet globale, che renderebbe difficile per i cittadini lo scambio di varie informazioni e opinioni e la comunicazione con il resto del mondo, ma che permetterebbe ai governi autoritari di controllare più facilmente le notizie a disposizione dei loro cittadini e lascerebbe di fatto il monopolio dell’informazione ai media governativi o da esso autorizzati.
Nei primi giorni di guerra, politici e cittadini dell’opposizione russa avevano accesso alle notizie sulla guerra in Ucraina attraverso i media occidentali raggiungibili attraverso i social media.
Ma l’evolversi del conflitto ha rapidamente cambiato il volto dell’Internet globale in Russia: i contenuti disponibili online sono diventati sempre meno e perfino le condizioni di accesso a Internet si sono deteriorate rapidamente. Una nuova enorme “Cortina di ferro”, che ricorda il sistema della Guerra Fredda degli anni ’60, si sta diffondendo nel mondo online.
Una situazione inedita (almeno in Europa) che sta facendo venir meno le caratteristiche dell’Internet globale (o Open Internet): accessibilità, apertura, reciprocità, interattività, sovranazionalità.
L’Occidente ha reso difficile per le organizzazioni governative russe l’accesso a Internet facendo pressioni sulle società IT statunitensi fornitrici di servizi in Russia, minacciate di sanzioni contro l’invasione dell’Ucraina. Il governo USA ha anche fatto pressioni sulle società IT globali per sospendere i loro servizi in Russia, mentre ha criticato aspramente il blocco applicato a Facebook e Twitter in Russia, come ritorsione per le misure restrittive applicate nel resto del mondo ai media russi controllati dal governo.
IMMAGINE 2: LA SPINA DORSALE DI INTERNET IN RUSSIA
La società Internet americana Cogent Communications è il maggior fornitore di accesso a Internet della Russia, che serve attraverso diverse dorsali. Sebbene l’Internet russo sia connesso al mondo tramite diversi fornitori, Cogent –che ha sede a Washington DC – è il più grande di loro.
In una lettera ai clienti russi, Cogent ha affermato che è difficile fornire servizi a causa delle sanzioni economiche imposte a seguito dell’invasione russa e delle condizioni di sicurezza sempre più incerte, ma ha anche assicurato che il protocollo Internet e gli indirizzi IP forniti ai clienti russi saranno garantiti.
Garanzia che non si applica alle imprese russe che si servono del fornitore di servizi internet statale russo Stelecom Rostelecom (colpito dalle sanzioni), che è quello che serve il motore di ricerca russo Yandex, il più grande operatore di telefonia mobile MegaFon, e numerosi altri, fra cui la maggior parte dei siti ufficiali del governo russo.
Anche se Cogent dovesse andar via, ciò non significherebbe che l’intera Russia vada offline o che la connessione a Internet diventi nel paese completamente impossibile, ma è sicuro che ci sarebbero fenomeni come congestione o rallentamenti della rete.
D’altra parte, se l’Occidente dovesse continuare coi tentativi di rendere difficile l’accesso a Internet in Russia, ciò danneggerebbe anche le attività dei media indipendenti contro Putin e dei cittadini che cercano di organizzare manifestazioni contro la guerra. Anche la comunicazione tra le persone può diventare difficile.
Bloccare Il dominio nazionale russo Ru come si è fatto con lo SWIFT ?
A minacciare l’Internet globale non ci sono solo le sanzioni, ma anche la guerra diretta fra i paesi belligeranti che si conduce sul fronte Internet e che va ben oltre i confini dei due paesi.
Il governo ucraino ha chiesto all’ICANN, l’organizzazione senza scopo di lucro che gestisce i nomi di
dominio Internet con sede in California, di sospendere il dominio russo .RU accusato di ospitare le maggiori fonti di disinformazione russe. Ma la risposta è stata negativa.
La logica dietro il rifiuto di ICANN è che la scomparsa di tutti i siti e gli indirizzi internet russi dall’ Internet globale non avrebbe bloccato la diffusione di informazioni false (che si sarebbero facilmente potuti riposizionare altrove), ma avrebbe solo ostacolato l’accesso dei cittadini russi ad Internet. ICANN ha inoltre precisato nella sua risposta al governo ucraino, che il blocco dei domini non è tecnicamente fattibile e comunque non rientrerebbe nella missione di ICANN.
Sulla vicenda era intervenuto anche Andrew Sullivan, CEO di Internet Society ISOC (l’associazione che rappresenta gli interessi degli utenti dell’Internet globale), che ha affermato che una eventuale decisione di ICANN in favore della richiesta del governo ucraino, avrebbe messo in grave pericolo il concetto stesso di Internet aperto. Sullivan aveva anche messo in guardia ICANN e i governi mondiali sui rischi di una deriva che potrebbe portare l’Internet di domani ad essere diviso lungo confini geografici, politici, commerciali o tecnologici.
Ma il governo ucraino è andato oltre, visto che I bombardamenti russi stanno mettendo a rischio l’integrità ed il funzionamento della rete Internet nazionale, si è rivolto ad Elon Musk chiedendo di poter usare i servizi del suo Space X , l’infrastruttura di rete di satelliti in orbita bassa geostazionaria che consente l’accesso a Internet veloce, utilizzando il terminale Internet Starlink dotato di un’antenna in grado di connettersi al satellite.
Musk ha immediatamente venduto il terminale Starlink al governo ucraino, ma subito alcuni paesi europei diversi dal governo ucraino hanno chiesto a Musk di fare anche di piu e di bloccare l’accesso ai media statali russi allo Starlink Terminal. Musk, tuttavia, ha rifiutato la richiesta, affermando che la libertà di espressione è assolutamente essenziale.
Un dibattito che però rischia di essere superato dai fatti, in quanto la Russia –copiando l’esempio cinese- è nella fase finale di preparazione di RuNet.
La Russia già si prepara ad un Internet separato sul modello cinese : RuNet testato
Il governo russo –come quello della Cina ben prima- non crede che un Internet globale aperto sia essenziale, anzi, lo vede come un pericolo alla propria sovranità.
E per questo da tempo si prepara e spinge affinché gli ISP (Internet Service provider) russi modifichino i propri server dei nomi di dominio DNS in modo da poter essere utilizzati in caso di perdita di accesso alla rete Internet globale.
Ha anche imposto l’adozione di tecnologie di DPI (DeepPacketInspection), che sono software in grado di determinare l’origine dei pacchetti di dati che circolano sul web ed eventualmente bloccare i contenuti vietati. L’ispezione approfondita dei pacchetti, che gestisce e blocca il traffico, riduce notevolmente l’apertura di Internet: ad esempio, la Grande Cyber Muraglia cinese (Great Chinese Fire-Wall) blocca già da ventanni i contenuti Internet e i siti Web stranieri.
Firewall Great L’installazione delle Grat Chinese Fire-wall ha creato di fatto un Internet solo cinese, che ha permesso al governo cinese di restringere o di impedire l’accesso dal 2009 di tutti i servizi sgraditi o non controllabilli, a partire da Google, ma includendo anche YouTube Facebook, Instagram, e, piu di recente, perfino Netflix e Twitter.
La Cina ha realizzato cosi un Internet, che opera solo nel proprio paese d’origine, ed è disconnesso dall’Internet globale: come fosse un’enorme rete intranet che abbraccia tutto il paese.
Questa scelta, peraltro, ha consentito alla Cina di studiare bene le piattaforme Internet americane tenendole alla larga dal suo mercato interno, e di proporne dei surrogati alternativi . Prima solo per uso interno e da ultimo anche per quello esterno, con Tik Tok. Così esistono da anni in Cina, Baidu che sostituisce il motore di ricerca di Google, WeChat che rimpiazza WhatsApp, mentre Sina Weibo è conosciuto come il Twitter cinese.
Il governo russo ha studiato attentamente l’esempio cinese ed ha cercato di seguirne l’esempio, favorito in questo dall’ostacolo naturale della lingua non latina in uso nel paese. Cosi oggi in Russia, il motore di ricerca Yandex è utilizzato molto più di Google, mentre la popolarità di Odnoklassniki supera quella di Facebook.
Un mercato interno da cui la Russia conta di espandersi oltre, quantomeno nelle sue zone di influenza diretta.
Se la base di utenti di Facebook è schiacciante in molti paesi, in Russia invece Vkontakte è al primo posto. Questo servizio è oggi disponibile in 86 lingue e conta più di 72 milioni di utenti. Pur non avendo ancora un Internet separato , comunque, grazie a queste decisioni prese in passato, la Russia è già a buon punto. Tanto che se il cordone ombelicale che lega la Russia ad internet dovesse esser tagliato nel prossimo futuro, la maggiorparte degli utenti, probabilmente non proverebbe un grande senso di perdita di informazioni.
IMMAGINE 3: DIFFUSIONE DELLE PIATTAFORME SOCIAL MEDIA IN RUSSIA
Le sanzioni occidentali e il contrattacco della Russia
La Commissione europea ha messo al bando I media sotto controllo governativo russo, come Sputnik e Russia Today in Europa per prevenire gli attacchi della disinformazione russa durante il conflitto in Ucraina.
Secondo Politico, il magazine che segue da vicino quel che succede nelle istituzioni europee, quando è iniziata la guerra, l’Europa ha chiesto di fare la stessa cosa ai social media globali (Facebook, Tik Tok ), che però si sono rifiutati di seguire la decisione dell’Europa di bloccare i contenuti di RT (Russia Today) e Sputnik. Youtube –che invece è considerato dalla normativa europea come un canale televisivo – si è dovuto adeguare ed ha oscurato il segnale di RT.
IMMAGINE 4
Subito dopo la mossa europea, ecco che il regolatore dei media russo Roskomnadzor ha deciso per rappresaglia di bloccare l’accesso sul territorio russo a Facebook e Twitter. Lo ha fatto sulla base di una legge promulgata a tamburo battente, che –oltre a censurare i media del paese- consente al governo russo di bloccare quelle piattaforme digitali che censurano i media russi all’estero. Tecnicamente si tratta di un provvedimento semplice, che consiste banalmente nell’inviare a tutti gli ISP del paese l’elenco dei siti da disabilitare, impedendo cosi agli utenti russi di accedere ai siti Web in black list.
La misura ha colpito anche Facebook –che nonostante non blocchi l’accesso ai canali russi in Europa- è accusata dal governo russo di discriminare i media e le notizie russe: da Russia Today RT e Rent-a-Lentaru a Gazetaru News.
E ciò sulla base di un provvedimento preso prima delle ultime elezioni presidenziali USA, che consente alla piattaforma di pubblicare avvertenze ai suoi utenti quando accedono a contenuti proposti da canali ritenuti sotto controllo dei rispettivi governi nazionali.
Una situazione che talvolta ha determinato situazioni surreali, come quando il regolatore russo Roskomnadzor, (lo stesso che ha bloccato l’accesso a Twitter in territorio russo), ha scritto dal proprio account Twitter a Google e Facebook per chiedere chiarimenti sulle penalizzazioni applicate verso i media russi bloccati.
IMMAGINE 5: LA PROTESTA VIA TWITTER DI Roskomnadzor
O come quando l’Iran ha anche pubblicato un messaggio di congratulazioni via Twitter per salutare l’elezione del suo nuovo Presidente della Repubblica islamica, mentre l’uso di questa piattaforma resta proibito nel paese, cosi come in Russia, Cina, ed altrove.
Qual è stato il motivo che ha spinto il governo russo ad adottare una politica di regolamentazione di Internet?
Una mossa che il Cremlino preparava da tempo
Gli strateghi del Cremlino hanno studiato da vicino le proteste per la democratizzazione in Egitto, Libia, Tunisia ed Egitto nel 2011, cosi come quelle accadute nel cortile di casa in Georgia ed Ucraina, ed hanno ha iniziato a ritenere che vi fosse un’azione coordinata delle piattaforme dei social media occidentali e del liberalismo occidentale. Soprattutto è reso conto che l’ incontrollabilità strutturale del’Open Internet, rendeva instabile e difficile il controllo dello stato sui cittadini. Secondo il professore della Harvard Kennedy school Joseph Nye, gli stati autoritari non vogliono interferenze esterne e quindi tendono tutti, prima o poi, a controllare internet con regole severe. Di qui le scelte radicali di quei paesi che hanno bandito già da tempo piattaforme come Facebook dal loro paese, come Cina, Iran, Myanmar, Vietnam, Siria Egitto e Cuba.
La Russia quindi arriva buon’ultima in questa lista e prende decisamente parte per coloro che all’oceano dell’Open Internet globale accessibile in egual maniera da qualsiasi parte del mondo, preferiscono i tanti laghi di un Internet frammentato e localizzato. Dopo che il governo russo ha bloccato Facebook e Twitter sul territorio russo, la portavoce della Casa Bianca degli Stati Uniti Jen Psaki ha dichiarato che la decisione del blocco russo imposto a Facebook fa parte di uno sforzo per soffocare le informazioni e impedire ai cittadini di accedere a una pluralità di notizia e di godere della libertà di stampa. L’ha definita “una mossa dettata dalla paura che la libera informazione sia una minaccia per i governi autoritari”, confermando cosi esplicitamente quello che al Cremlino si pensava ormai da tempo.
Secondo il professor Mark Lemley di Stanford Boulevard lo Splinternet rende più facile per i governi repressivi bloccare completamente l’accesso esterno in certe circostanze. Una misura che non viene disdegnata nemmeno da qualche democrazia, come è accaduto ad esempio quando il governo indiano ha represso le attività delle minoranze etniche in Kashmir ed Internet è stato chiuso nella regione per qualche tempo.
Rimedi estremi che in Cina non sono piu necessari, visto che l’Internet non è più aperto, ma è controllato in modo efficace e le agenzie statali sono in grado di monitorare le lamentele e le critiche dei cittadini. In questo senso, sebbene criticabili sotto molti aspetti, le piattaforme globali di Internet sono un antidoto contro la frammentazione, visto che va contro i loro interessi.
Confronto tra social e Cremlino
Dopo l’entrata in vigore delle sanzioni, Facebook ha smesso di vendere pubblicità indirizzate agli utentii russi e viceversa non consente agli inserzionisti russi di pubblicare annunci sulla piattaforma Facebook rivolti al mercato mondiale.
Dal punto di vista di Meta, il mercato pubblicitario russo e gli utenti di Facebook sono svaniti in un solo istante a causa di questa guerra. Oggi quando un utente russo accede a Facebook, si trova davanti questa videata:
IMMAGINE 6: ANNUNCIO DELLA CHIUSURA DI facebook IN RUSSIA
in cui appare un messaggio che informa che la pagina richiesta non è disponibile.
La guerra russo-ucraina è chiaramente un incubo che le aziende IT della Silicon Valley avrebbero preferito volentieri evitare: mentre la guerra precipitava in un pantano, le normative russe in materia sono state rafforzate in senso restrittivo ed autoritario. Ed il confronto tra le principali piattaforme dei social media e lo stato autoritario sembra avvitarsi in una escalation che sembra destinato ad esacerbarsi.
Meta – pur mantenendo in vigore nel resto del mondo gli standard della comunità che vietano l’incitamento all’odio, ha deciso di fare un’eccezione temporanea e geolocalizzata. Da quando è scoppiata la guerra, non rimuove piu i post degli utenti ucraini che esprimono rabbia ed usano espressioni radicali nei confronti dell’esercito russo. Ad esempio, sono state autorizzati post su Instagram che incitano a uccidere gli invasori russi.
Secondo Mosca i 60 milioni di utenti russi della piattaforma hanno protestato contro questo strappo alle regole, e il Cremlino ha giustificato il bando di Instagram su tutto il territorio russo sulla base del fatto che la piattaforma incoraggiava a commettere atti violenti contro l’esercito russo e i cittadini russi.
L’accesso a Instagram è stato bloccato e sono state avviate sanzioni penali in Russia contro Meta, mentre, grazie alle nuove normative russe, i servizi Instagram e Facebook sono stati bloccati. Una decisione per la quale dentro Meta Si prevede una perdita di quasi $ 2 miliardi.
Problemi in vista anche per YouTube, che impedisce ai media russi sotto controllo del governo, di caricare video sulla sua piattaforma globale. La misura si applica non solo sul territorio russo, ma in tutto il resto del mondo. Per adesso le autorità russe consentono ancora i servizi YouTube in Russia, ma potrebbe essere solo una questione di tempo e YouTube potrebbe trovarsi presto ad affrontare lo stesso destino di Instagram o Facebook: la realtà è che Russia si sta rapidamente allontanando dall’ Open Internet. L’isolamento digitale del paese non può altro che accelerare.
Articolo di Eun Chang Choi*, 14 marzo 2022, pubblicato sulla MIT Technology review.
Edizione italiana a cura di Giacomo Mazzone**.
*L’autore di questo articolo, Eun Chang Choi, editore di MIT Technology Review, è visiting scholar presso il Social Law Research Center dell’Università di Oxford, Socio- Legal Studies, Research Institute for Science and Technology Policy. Fellow STEPI Ricercatore membro del Progetto Società dell’Informazione dell’Università di Yale.
**Il co-autore della versione italiana, Giacomo Mazzone, è un esperto di Internet Governance, ed ha pubblicato sullo stesso argomento nello scorso giugno l’articolo “Chi ha paura dello “splinternet”?
[1] Open Internet è un concetto sviluppato dai primi creatori di Internet, che include l’idea di una infrastrattura di comunicazione globale, ma che va al di là dell’aspetto tecnico e che abbraccia anche il concetto di uno spazio di discussione e confronto libero e senza restrizioni, che prevede anche l’anonimato.