Lo SPID, il sistema pubblico di identità digitale per l’accesso ai servizi online della PA, parte in salita e nel primo mese dal lancio del 15 marzo arriva a circa 30mila identità digitali registrate. Una ritmo di registrazioni per ora insufficiente a raggiungere la massa critica per rispettare gli obiettivi prefissati dal Governo, che punta a 3 milioni di identità digitali entro fine anno, alle quali, nello scenario più roseo, si dovrebbero aggiungere altrettante “conversioni” dell’ID digitale di Poste al nuovo sistema di autenticazione virtuale. L’obiettivo è arrivare a 10 milioni di cittadini muniti di SPID entro il 2017.
Ma cos’è che non ha funzionato in questa prima fase di lancio dello SPID?
In primo luogo, la registrazione al Sistema pubblico di identità digitale – al quale negli ultimi giorni hanno aderito ufficialmente anche Inail, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Comune di Venezia e da oggi l’Agenzia delle Entrate per l’accesso al 730 precompilato – sembra complessa per i cittadini.
Gli Identity Provider accreditati per il rilascio delle credenziali (Telecom Italia Trust Technologies, Infocert e Poste) hanno realizzato un sistema di registrazione online di non semplicissima fruizione, che prevede in prima istanza l’utilizzo per autenticarsi della firma digitale o della Cie (Carta d’identità elettronica) da parte di TIM; della CIE, della Cns (Carta nazionale dei servizi), firma digitale, PosteID, lettore BancoPosta o numero di telefono certificato su carta Postepay per Poste; di una webcam per registrarsi con Infocert su https://www.infocert.it/.
Tutte precondizioni che non rendono la vita facile a tutti, visto che queste carte elettroniche non sono nelle tasche dell’intera popolazione, anzi.
Più semplice fare richiesta via web con Infocert, che prevede l’utilizzo della webcam per fare domanda (a pagamento, 15 euro) e per i clienti di Poste che possono utilizzare le credenziali di cui già dispongono per l’accesso ai servizi postali online.
In generale, Poste finora sta sfruttando al meglio il vantaggio competitivo di cui gode, puntando sulla conversione delle credenziali dei clienti in credenziali “SPID ready”. Ad oggi sono 4 milioni i clienti Bancoposta che usano l’home banking, tutti già dotati di ID e sono a pochi passi da SPID. Potranno passare a SPID senza recarsi in ufficio postale perché già in possesso dei prerequisiti necessari (i clienti sono stati già identificati in un ufficio postale; sono registrati sul sito www.poste.it e hanno già registrato un numero di telefono certificato).
Inoltre, Poste ha messo in gioco la sua rete capillare di sportelli sul territorio, con 3.800 uffici postali a crescere (sono 13mila in tutto il paese), dove i cittadini possono chiedere consulenza per fare domanda dello SPID autenticandosi vis à vis grazie alla vecchia carta d’identità cartacea.
Si tratta certamente di una mossa importante, che presumibilmente sarà emulata nel prossimo futuro anche da Telecom Italia Trust Technologies, che certamente sfrutterà la sua rete di negozi Tim per dare sprint allo SPID. La registrazione con Telecom Italia Trust Technologies si effettua sul portale www.nuvolastore.it e seguendo la procedura di attivazione indicata.
Quello che ancora sembra mancare per garantire un decollo massiccio delle richieste sono i servizi. E’ vero che sono 300 i servizi disponibili al debutto, che saranno 600 a giugno. Ma in un paese ad alto tasso analogico è d’obbligo trovare una sorta di killer application per convincere a fare domanda per le credenziali con cui accedere ai servizi della PA.
Agid ha già annunciato una massiccia campagna di informazione.
Resta sullo sfondo tutto il tema (non certo banale) della digitalizzazione dei servizi della PA e della creazione di un design comune (fissato dall’Agid) per i siti pubblici, conditio sine qua non per garantire un’offerta completa alla popolazione basata su dati sempre più nativi digitali e facilmente fruibili anche via smartphone e tablet.
Un restyling in grande stile dei siti dei comuni, ad esempio, che dovranno quindi prevedere risorse adeguate per non restare indietro nel contesto di una riforma a costo zero della PA criticata peraltro dal Consiglio di Stato nel suo parere sul nuovo CAD.
Intanto oggi l’Inps parte con l’invio a domicilio di 7 milioni di buste arancioni ai contribuenti privati, con la simulazione del loro quadro pensionistico. Nella busta ci sarà anche l’invito a richiedere lo SPID, che peraltro non è obbligatorio ma deve essere richiesto dai cittadini.
Vedremo se questa mossa sortirà gli effetti sperati.