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SPID: fase pilota in sette regioni, ma nessuna del Sud

Digital Divide

Le regioni del Sud non sono pronte per lo SPID. Eppure, la fase sperimentale dello SPID (Sistema Pubblico di Identità Personale) è partita a dicembre, ma per ora sono soltanto sette le regioni che hanno aderito da subito al sistema. Si tratta di Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana e Liguria. Le altre regioni nicchiano. Mancano all’appello ad esempio il Lazio, la Campania, la Sicilia e in generale non c’è nemmeno una Regione meridionale fra gli apripista del sistema.

Non certo un bel viatico per la rapida diffusione del cosiddetto “Pin unico”, il nuovo strumento di autenticazione dell’identità digitale che nei piani del Governo dovrà consentire entro il 2017 ai cittadini di accedere a tutti i servizi online della PA.

Eppure, l’adesione allo SPID da parte di tutte le regioni italiane sulla carta sarebbe già obbligatoria per legge dal 26 novembre scorso, con l’entrata in vigore del Dpcm 178/2015 che contiene le norme del regolamento per il Fascicolo Sanitario Elettronico, il contenitore digitale di tutta la storia medica dei cittadini.

Tra l’altro, la costituzione del Fascicolo Sanitario Elettronico è obbligatoria per tutte le regioni dal 30 giugno di quest’anno ma secondo i dati aggiornati dell’Agid sull’attuazione del piano “Crescita Digitale” soltanto 4 sono quelle in fase operativa.

Il fatto che la creazione del Fascicolo dipenda esclusivamente dalla volontà del paziente non toglie che il nostro Sistema sanitario nazionale abbia l’obbligo di poterlo mettere a disposizione dei cittadini che ne facciano richiesta.

Ma cosa c’entra il Fascicolo Sanitario Elettronico con lo SPID?

Per accedere al Fascicolo Sanitario Elettronico, serve, o meglio, servirà appunto lo SPID che è la chiave di accesso a tutti i servizi digitali della PA, fra cui la storia sanitaria del paziente, al momento accessibile peraltro anche in altre maniere ad esempio attraverso la Tessera sanitaria Regionale e la Carta nazionale dei servizi.

Uno dei motivi che per ora frenano la sperimentazione dello SPID nelle Regioni è certamente la mancanza di sanzioni per le amministrazioni inadempienti e quindi le regioni, soprattutto quelle in regime commissariale, non si sentono troppo pressate a partire con un sistema che implica una serie di cambiamenti strutturali, in primis la pulizia digitale delle banche dati e la creazione di procedure nativamente digitali nel trattamento dei dati dei cittadini.

Novità in materia di SPID, con un auspicato giro di vite normativa verso la sua adozione, sono previste entro fine anno dal decreto sul “Pin unico” recentemente annunciato dal ministro della Semplificazione Marianna Madia, in attuazione della sua Riforma della PA (Legge 124/2015).

Il decreto in arrivo conterrà inoltre il cosiddetto “nuovo CAD”, con le norme necessarie appunto a rendere cogente dal punto di vista normativo l’adozione dello SPID.

Vedremo se il decreto prevederà anche un regime sanzionatorio per le Regioni che non accoglieranno in tempi stretti lo SPID.

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