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SPID e firma digitale, appello dei Radicali per i referendum online

Spid

Promuovere lo strumento referendario e allargare la partecipazione popolare al referendum grazie al digitale, sfruttando l’ubiquità della Rete per abbattere i costi e garantire un diritto costituzionale che incontra diversi ostacoli sulla sua strada, in particolare legati alla raccolta e autenticazione delle firme.

E’ questo in estrema sintesi il senso della lettera-appello al Governo pubblicata oggi sul sito dei Radicali  (a firma di Riccardo Magi, Michele Capano, Antonella Soldo, Emma Bonino, Marco Cappato, Roberto Cicciomessere, Filomena Gallo, Gianfranco Spadaccia) per chiedere al presidente del Consiglio Matteo Renzi e al ministro per le Riforme Maria Elena Boschi di promuovere una legge ordinaria che consenta di ricorrere allo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) e alla firma digitale per semplificare l’iter di raccolta firme e sottoscrizione; consentire ai cittadini di sottoscrivere online referendum e leggi popolari tramite SPID; ampliare la platea degli autenticatori; abolire l’obbligo di certificazione delle firme a carico dei promotori.

Proposta apprezzabile quella dei Radicali, anche in termini di abbattimento dei costi della politica, che però all’atto pratico si scontra con la scarsa diffusione dello SPID, il Sistema pubblico di identità digitale che da marzo ha totalizzato appena 145mila adesioni (‘Siamo ancora in fase di rodaggio”, ha detto tre giorni fa alla Leopolda il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia) e su cui in questi giorni sono sorte diverse critiche sul fronte sicurezza, per il rischio concreto di furto e scambio d’identità in fase di registrazione delle credenziali via webcam.

Le applicazioni digitali in materia referendaria proposte dai Radicali richiederebbero invece livelli di sicurezza stringenti per garantire l’autenticità dei firmatari. Secondo gli esperti, sarebbe necessaria l’operatività del terzo livello di sicurezza SPID, che però non è attivo e comunque non sarà nemmeno gratuito per i cittadini-utenti.

Quindi, per il momento la proposta dei Radicali non sarebbe praticabile nemmeno volendo, soprattutto per la mancanza di una massa critica sufficiente di cittadini muniti di SPID a fronte delle firme necessarie per promuovere un referendum (500mila) e una legge di iniziativa popolare (50mila). Numeri destinati a salire rispettivamente a 800mila e 150mila se passasse la proposta di riforma costituzionale del Governo.

Sempre a proposito di referendum e strumenti digitali per promuoverne l’utilizzo, il 2 novembre in un’intervista al sito Unità.tv Emma Bonino aveva proposto inoltre di incaricare “l’amministrazione di raccogliere, sempre attraverso la rete telematica dell’Anagrafe nazionale, i certificati elettorali dei sottoscrittori ed estendendo la possibilità di autentica delle firme anche a cittadini delegati del Sindaco”. 

Anche qui, il problema principale riguarda la situazione di stallo dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) che dallo scorso febbraio risulta bloccata ai primi 26 comuni pilota.

Quindi, il certificato elettorale è destinato a restare ancora (chissà per quanto) quello cartaceo e il referendum si voterà di persona ai seggi.

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