Dialogo con i fornitori di Spid, in vista della scadenza della convenzione del prossimo 23 aprile, per “lavorare a un’intesa nel miglior interesse di cittadini e imprese” e rinnovare le convenzioni, ma poi “malgrado qualcuno abbia inteso equivocare le mie parole, ho parlato chiaramente della necessità di razionalizzare gli strumenti di identità digitale per avvicinarci al quadro europeo e semplificare la vita a cittadini e imprese”. Lo dice in un’intervista al Sole 24 ore il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’innovazione tecnologica Alessio Butti, ricordando che l’Italia sta già sperimentando l’e-wallet, il portafoglio elettronico europeo.
“AssoCertificatori (l’associzione che raccoglie gran parte degli 11 identity provider: Aruba, Tim, Register, Infocert, Namirial, Poste, Sielte, Intesa, Team System, Lepida ed Etna) ha tutto il diritto di avere una risposta che tarda ad arrivare da otto anni. Nessuno dei governi precedenti ha mai ascoltato le loro richieste, né ha mai messo mano al portafoglio per consentire che Spid potesse essere gestito in modo sostenibile. Per questo abbiamo avviato un dialogo che proseguirà la prossima settimana”, ha detto il sottosegretario.
Ma che significa?
Che il Governo intende introdurre forme più consistenti di finanziamento pubblico dello Spid, a fronte di un contributo ad oggi irrisorio?
Il servizio costa e gli Identity Provider privati non possono certo permettersi di rimetterci, tanto più che le identità digitali Spid rilasciate ad oggi sono 34,2 milioni, per un miliardo di accessi nel 2022.
“Noi siamo assolutamente soddisfatti della crescita e dei risultati ottenuti da tutti gli strumenti di identità digitale, nati in epoche diverse per rispondere a esigenze molteplici. Per questo è in corso una valutazione economica dei costi sostenuti e lavoriamo a un’intesa nel migliore interesse di cittadini e imprese”.
“Tre strumenti di identità (Spid, Cie e Cns ndr) non semplificano la vita e costano allo Stato. Noi abbiamo un percorso di identità digitale europeo in fase avanzata, che dobbiamo non solo seguire ma altresì anticipare per consentire ai cittadini italiani, il più velocemente possibile, di dialogare agevolmente con le pubbliche amministrazioni italiane ed europee. Occorre trovare un accordo tra tutti i soggetti coinvolti, e con grande attenzione sotto l’aspetto giuridico, tecnico e tecnologico, rapportandoci con l’Europa”.
E ancora, Butti dice che “il nostro smartphone dovrà contenere servizi base, come l’identità digitale, titoli di studio o la patente di guida, ma anche i servizi avanzati come i sistemi di pagamento”.