Da mesi in Italia si parla di estate alle porte, di turismo che deve ripartire, di riduzione delle misure anti-Covid per consentire il rilancio delle imprese di settore e dell’occupazione, ma in pochi si sono preoccupati di considerare il peso che l’inquinamento ha in questa faccenda così delicata, in termini di rifiuti abbandonati (soprattutto di plastica monouso).
I rifiuti sono ormai ovunque, non esiste luogo in Italia dove non ci sia occasione di imbattersi in buste o bottiglie di plastica, mozziconi di sigaretta, cartacce, lattine, vetri, gadget elettronici, accessori di abbigliamento, prodotti per l’igiene e gli ultimi arrivati: mascherine, guanti usa e getta, prodotti per disinfettare e sanificare.
Una lista piuttosto sintetica e troppo corta per rendere l’idea di quanto sia grave il problema dell’inquinamento da rifiuti in Italia, non solo dal punto di vista della nostra salute, ma anche di quella dell’ambiente in cui viviamo e non da ultimo dell’impatto che questo tipo di inquinamento ha sull’economia legata al turismo.
Il Rapporto sull’inquinamento delle nostre spiagge
Secondo la nuova indagine di Legambiente dal titolo “Beach litter 2021”, nelle 47 spiagge monitorate in 13 regioni (Abruzzo, Basilicata, Toscana, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Veneto) sono stati censiti 36.821 rifiuti in un’area totale di 176.100 mq.
Ci troviamo di fronte ad una media di 783 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia, “che supera di gran lunga il valore soglia o il target di riferimento stabilito a livello europeo per considerare una spiaggia in buono stato ambientale”, ossia meno di 20 rifiuti spiaggiati ogni 100 metri lineari di costa.
Un dato in calo rispetto al 2019, quando la media era di 968 rifiuti ogni 100 metri lineari, ma pur sempre allarmante, perché veniamo comunque da un 2020 in cui per via della pandemia di Covid-19 le attività economiche, industriali e turistiche sono state fortemente limitate.
La plastica e i dispositivi sanitari di protezione
Gran parte di questi rifiuti è costituito da plastica (84%), mentre nel 72% degli arenili indagati si sono rinvenuti guanti usa e getta e mascherine anti-Covid: “In particolare, le mascherine sono state rinvenute sul 68% delle spiagge monitorate, i guanti usa e getta sul 26%”.
Dai campionamenti fatti nelle 47 spiagge oggetto dell’indagine, dopo la plastica, seguono i rifiuti composti da vetro/ceramica (4,5%), metallo (3,2%) e carta/cartone (2,9%), gomma e tessili (entrambi all’1,4%), legno (trattato/lavorato) all’1,3%. Il restante 1% è formato da materiali legati al COVI-19, bioplastiche, oggetti in materiali misti, rifiuti da cibo e prodotti chimici/sintetici.
La plastica monouso e la necessità della “plastic tax“
Il 42,3% del totale dei rifiuti è costituito da quei prodotti usa e getta al centro della diretta europea, detta anche SUP (Single Use Plastics), che prevede a riguardo misure specifiche.
Plastica mono uso su cui l’Italia doveva applicare la “plastic tax”, preferendo poi una più comoda proroga della sua attivazione al 2022, ovviamente dietro le solite pressioni dell’industria e delle imprese che utilizzano questo materiale così inquinante.
L’inquinamento da plastica negli oceani, infine, è responsabile di una mancata erogazione dei servizi ecosistemici che si traduce in una perdita annuale di benefici per l’umanità inclusa tra 500 e 2500 miliardi di dollari, secondo lo studio studio “Global ecological, social and economic impacts of marine plastic”, pubblicato sul «Marine Pollution Bulletin».