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Spettro radio, Antitrust respinge i rilievi di ‘super dotazione’ da parte dei competitor sul merger Fastweb-Vodafone

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Secondo l’Antitrust, la fusione fra Fastweb e Vodafone Italia dal punto di vista della dotazione frequenziale non crea problemi di concorrenza. Ma i competitor non sono d'accordo.

Secondo l’Antitrust, la fusione fra Fastweb e Vodafone Italia dal punto di vista della dotazione frequenziale non crea problemi di concorrenza, perché non riduce il numero di quattro operatori infrastrutturati che sono presenti sul mercato e che stanno sviluppando reti proprietarie 5G (oltre al nuovo operatore, Tim, WindTre e Iliad). Né si rileva il rischio di concentrazione sul fronte della tecnologia FWA. Ma i concorrenti di Fastweb e Vodafone Italia non la pensano così.  

Il quadro attuale dello spettro in Italia

L’allocazione dello spettro radio in Italia post-merger Fastweb-Vodafone Italia emerge con chiarezza dall’indagine approfondita in Fase II che l’AGCM (Autorità Garante per la Concorrenza nel Mercato) ha avviato sull’operazione di acquisizione di Vodafone Italia da parte di Swisscom, casa madre di Fastweb. La premessa è che l’Autorità non ha nulla da ridire sulla fusione delle rispettive dotazioni frequenziali sul fronte della concorrenza nel mercato dei servizi di accesso all’ingrosso di rete mobile, anche se gli operatori hanno presentato diversi rilievi tutti rispediti al mittente.

Fastweb-Vodafone, i rilievi di Tim: ‘Super dotazione frequenziale’

Secondo Tim, particolare preoccupazione per la “super dotazione frequenziale che si viene a creare in capo alla nuova FW nelle bande 3.4 – 3.8 Ghz e 26 Ghz”, la quale deve essere valutata alla luce dell’integrazione verticale del nuovo operatore, considerata l’intenzione di FW – di cui dà conto la delibera Agcom n. 114/24/ CONS – di “dispiegare infrastrutture FWA proprietarie in tecnologia 5G utilizzando la propria dotazione spettrale a 26Ghz e 3.5 Ghz”. Inoltre, è da considerare che la maggior dotazione frequenziale ha un impatto diretto sulla copertura radio del territorio nazionale e quindi sulla qualità dell’offerta ai clienti finali: di conseguenza, ad avviso di TIM “lasciare immutata la situazione che si avrebbe post-concentrazione equivale ad accordare un vantaggio concorrenziale al nuovo soggetto, già di per sé forte, a danno dei concorrenti”.

Sulla stessa linea Iliad, mentre WindTre su questo punto non pone rilievi particolari.   

L’Antitrust respinge i rilievi

 L’Antitrust smonta le critiche degli operatori argomentando che dopo l’operazione, saranno nella dotazione di Fastweb-Vodafone 300 Mhz totali, di cui 120 Mhz nella banda per la realizzazione del 5G più pregiata 3.4 – 3.8 Ghz. “In tale banda anche WindTre dispone di una equivalente dotazione di 120 Mhz, mentre più ridotte sono quelle di TIM (100 Mhz), e soprattutto, di Iliad (20 Mhz)”, si legge nel documento dell’Autorità.

“Al riguardo, si evidenzia che la dotazione di WindTre, allo stato, raggiunge i 120 Mhz se si tiene conto del blocco di 40 Mhz che FW mette in condivisione nell’ambito dell’accordo Slice, che tuttavia non sarebbero più nella disponibilità di WindTre in caso di risoluzione del menzionato accordo, portando a 80 Mhz la dotazione dell’operatore, nonché del blocco di 20 Mhz portato in dote da Iliad, in condivisione nelle sole aree Zefiro (quindi non in tutto il territorio nazionale)”, si legge.   

Ma il consolidamento s’ha da fare o no?     

C’è da dire, in conclusione, che il dogma del quarto operatore sposato da anni dall’Antitrust Ue resterebbe così intatto in Italia anche dopo il merger di Fastweb e Vodafone Italia. Vedremo se in futuro, con la nuova Commissione Ue, il consolidamento avrà vita più facile anche a livello nazionale.  

Resta da capire la posizione degli operatori, che nel fisso come nel mobile da un lato chiedono regole più semplici per favorire gli investimenti e il consolidamento, ma nei fatti poi sono alquanto critici rispetto ad operazioni che rafforzano la concorrenza tramite fusioni.  

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