Il lunedì nero delle borse del Pacifico e il panic sell
La settimana inizia male per le borse asiatiche, con Tokyo in testa, seguita da Taiwan (-8,4%), Hong Kong (-1,6%), Seoul (-8%) Shanghai (-1,48%) e Sydney (-3,56%). Nell’occhio del ciclone i titoli tecnologici, con la fuga degli investitori dall’intelligenza artificiale (AI). Nessuno può dire se si tratti di una tendenza, potrebbe anche essere il classico fuoco di paglia e non sarebbe la prima volta.
Partiamo dal crollo del Nikkei, che lascia per strada più del 12%. A quanto riportato da diverse testate, la borsa di Tokyo ha registrato la peggiore performance dal 1987 (passato alla storia come il “Black Monday”) e sono andati letteralmente in fumo i guadagni di inizio anno.
In gergo tecnico è il momento tanto temuto del “panic selling”, cioè della vendita massiccia di titoli e obbligazioni per il timore di una rapida perdita di valore. Una vendita “da panico”, che si manifesta in maniera incontrollata e diffusa, con il solo obiettivo di disfarsi delle azioni di cui improvvisamente si inizia ad avere paura.
Un panico che è dilagato in tutta la grande area del Pacifico, fino all’Australia e l’India (Mubai -2,46%).
Il tonfo del Nikkei
In Giappone le ragioni del crollo sono da ricercare nella ripresa dello yen, che mette a repentaglio le prospettive di crescita dell’industria e dell’export, nel cambio improvviso della politica monetario da parte della Banca centrale giapponese, con un rialzo dei tassi, e in quello che sta accadendo negli Stati Uniti.
In questo vortice al ribasso del Nikkei, si segnalano alcuni tra i principali titoli finanziari che hanno subito le perdite maggiori: Mitsubishi UFJ (-17,8%), Sumitomo Mitsui (-15,2%) e Mizuho Financial (-19,7%). Anche i titoli dei pesi massimi della tecnologia, dell’auto e dei consumi sono crollati, tra cui Tokyo Electron (-18,4%), Toyota Motor (-13,7%) e Fast Retailing (-9,6%).
Lunedì nero per l’Australia, ma anche per l’Europa
Dall’altra parte del Pacifico, la borsa di Sydney ha registrato il peggior tonfo dall’anno del Covid (il 2020): le perdite degli ultimi due giorni di contrattazione ammontano a 160 miliardi di dollari, di cui oltre 105 miliardi di dollari persi solo nelle ultime 12 ore.
Anche in questo caso, gli analisti locali, come Ophir Asset Management, hanno subito puntato il dito su New York.
Non va meglio nel vecchio continente. Le Borse europee aprono in calo, sulla scia delle ultime sedute della scorsa settimana, con perdite che tra giovedì e venerdì hanno toccato -5%. A Milano il Ftse Mib segna -3,98%, il Dax di Francoforte -2,18%, il Cac 40 di Parigi -2,07%, l’Ibex 35 di Madrid -2,46% e il Ftse 100 di Londra -1,90%.
Che succede negli Stati Uniti? Timori per recessione e guerra
Parte tutto dalla fine della scorsa settimana, quando la banca centrale americana, la Federal Reserve, ha annunciato il taglio dei tassi a settembre (ne sono attesi altri due entro la fine dell’anno), a cui si è aggiunto il dato sull’occupazione di luglio.
Improvvisamente lo spettro della recessione economica si è fatto più concreto, con le assunzioni che crollano e la crescita del tasso di disoccupazione per il quarto mese consecutivo, mentre l’inflazione è sotto controllo, ma non scongiurata.
E poi c’è la guerra in Medio Oriente, con i timori di un’estensione del conflitto ad altre regioni, come ha spiegato il Segretario di Stato americano Anthony Blinken, che si attende un attacco ‘imminente’ (addirittura previsto entro la giornata di oggi, 5 agosto) da parte di Iran e Hezbollah contro Israele.
Altri parlano di stagflazione, più che recessione, cioè un mix di stagnazione economica e inflazione alta. Wall Street Italia aveva già annunciato tutto questo nel titolo di un suo articolo di maggio.
Nasdaq, terza settimana consecutiva di perdite
Venerdì, il Nasdaq ha chiuso una terza settimana consecutiva di perdite, portando l’indice tech-heavy a scendere di oltre il 10% rispetto al record stabilito il mese scorso. Nelle ultime ore il Dow Jones Industrial Average è sceso di circa 600 punti, ovvero dell′1,5%. I futures S&P 500 e futures Nasdaq-100 sono scesi rispettivamente del 2,1% e del 3,4%.
Anche l’S&P 500 ha registrato una terza settimana consecutiva in perdita, in calo del 2% per la settimana. Persino il Dow Jones Industrial Average, che aveva sovraperformato, ha interrotto una serie di quattro settimane di vittorie, in calo del 2%, secondo Cnbc.
La scorsa settimana si era già chiusa con gli annunci clamorosi di Intel e le performance estremamente negative dei titoli legati ai chip e all’AI.
Giù i bitcoin ed Apple
II Bitcoin sotto pressione perde il 10% e scende sotto i 55.000 dollari dopo quella che è stata la sua peggiore settimana dal crollo di Ftx. Negli ultimi tre giorni il mercato delle criptovalute ha visto andare in fumo 313 miliardi di dollari con il calo dei listini azionari. Attualmente il Bitcoin viene quotato a 54.333 dollari. L’altra celebre criptovaluta, l’Ether perde addirittura il 21,8%.
Warren Buffett ha dimezzato la sua quota in Apple, che perde il 7% in borsa, nell’ambito dell’ondata di vendite in cui si è lanciata Berkshire Hathaway nel secondo trimestre. La holding ha venduto circa 390 milioni di azioni Apple circa la metà della sua quota, riducendola a 84,2 miliardi. Le vendite di Berkshire Hathaway hanno fatto schizzare a livelli record la posizione di liquidità di Buffett a 276,9 miliardi.
Al centro della tempesta ci sono i titoli tecnologici soprattutto, con un atteggiamento molto prudente da parte degli investitori verso l’AI.
Fondo Elliot: “Applicazioni AI sopravvalutate”
Secondo il fondo Elliott Management, quello che sta accadendo è il risultato diretto di una sopravvalutazione delle applicazioni AI e della bolla che si è venuta a creare attorno al titolo Nvidia. L’AI ha spinto all’inverosimile il rally dei titoli tecnologici in Borsa.
Come riportato da Financial Lounge, molti dei presunti utilizzi dell’AI “non saranno mai efficienti dal punto di vista dei costi, non funzioneranno mai correttamente, richiederanno troppa energia o si riveleranno inaffidabili”, aggiungendo che “gli usi reali sono pochi” e coincidono con compiti semplici come “riassumere gli appunti delle riunioni o generare report”.
L’AI non ha dato i risultati commerciali sperati, soprattutto se si confrontano questi con gli annunci roboanti degli ultimi 6 mesi, se non prima.
Ovviamente, ci sono i problemi legati alle tensioni geopolitiche, con i provvedimenti restrittivi presi da Washington e i suoi alleati nei confronti della Cina, che se da un lato hanno favorito le aziende nazionali, dall’altro hanno creato scompiglio sui mercati globali e rallentato lo sviluppo dei nuovi modelli di AI.
Di fatto, i risultati delle principali aziende tecnologiche sono stati deludenti, non riuscendo a soddisfare le elevate aspettative degli investitori. Questa discrepanza tra performance previste e reali ha innescato un’ondata di vendite.
Le azioni di Nvidia sono aumentate del 745% da gennaio 2023, mentre Meta, Amazon e Alphabet (casa madre di Google) hanno registrato incrementi rispettivamente del 305%, 117% e 106%. Risultati straordinari, in gran parte frutto delle grandi attese create attorno all’AI.
AI, bolla o non bolla?
Ora tutti attendono lo scoppio della bolla.
E dopo, che ne sarà dell’AI?
Quando è stata la volta della bolla dot-com a fine anni ’90 del secolo scorso, un periodo in cui i rapidi aumenti dei prezzi delle azioni basate su Internet hanno portato a valutazioni gonfiate in tutto il settore tecnologico, scoppiata nel marzo del 2000, l’indice S&P 500 è crollato del 49%.
Internet non è morta e, anzi, è cresciuta esattamente come tutti si aspettavano, abilitando le tecnologie che oggi usiamo quotidianamente e creando il fenomeno Big Tech.
Gartner ha stimato nel 2023 che l’intelligenza artificiale generativa si stava avvicinando al picco delle aspettative gonfiate e potrebbe raggiungere una fase più stabile entro due o cinque anni. Tutto lascia pensare che anche l’AI potrebbe seguire una traiettoria simile a quanto accaduto 25 anni fa.