Sono stati dieci anni intensi. Il 10 luglio 2008 in Italia arrivò la notizia che Apple, con un giorno di anticipo rispetto a quanto annunciato (così da renderlo disponibile fin da subito ai clienti neozelandesi, per questioni di fuso orario), aveva messo online un ambizioso spazio di commercio virtuale denominato App Store. Erano anche i giorni del lancio per l’iPhone 3G, dotato per la prima volta di GPS.
A guardare i dati di allora c’è da sorridere: appena 500 applicazioni, suddivise in 22 di economia, 48 per l’istruzione, e poi finanza (17), giochi (15), salute e benessere (22), previsioni tempo (5), musica (22), intrattenimento (204), mode e tendenze (52), navigazione (11), news (10), fotografia (20), produttività (49), riferimento (39), social network (26), sport (18), viaggi (57), utility (83). Alcuni nomi sono rimasti popolari anche oggi (ad esempio Things, una delle app più diffuse per la gestione delle task), altre hanno nomi che si sono persi negli anni, come Nuance Open Voice Search o il social network Qik.
I due milioni di oggi
Oggi (dati dello scorso maggio) le app disponibili sullo store di Apple sono la bellezza di due milioni, per una spesa totale da parte degli utenti di 130 miliardi di dollari e con quasi 10.000 app che sono riuscite a generare più di un milione di dollari in spese degli utenti. I dati raccolti da App Annie nel suo ultimo report, in occasione dell’anniversario del “negozio di app” dell’iPhone e dell’iPad, oltre a sciorinare i consueti dati da record sulle vendite di Cupertino permettono di fare un autentico viaggio nella memoria, alla scoperta dei programmi più popolari quando ancora nessuno si sognava il riconoscimento facciale, lo zoom ottico e gli schermi ultra-definiti di oggi. La telefonia mobile è cambiata, sono cambiati i costi (su SosTariffe.it sono sempre a disposizione le offerte più convenienti) e il modo con cui utilizziamo i nostri smartphone è molto diverso rispetto al passato: basta scorrere la lista dei titoli più venduti.
All’inizio di tutto, uno stagno di pesci
Nel 2008, ad esempio, Apple annunciava che l’app più venduta nell’App Store era Koi Pond. Koi Pond altro non era (e tuttora è) se non la simulazione di uno stagno giapponese vista dall’alto, con carpe koi che scappavano quando sfioravamo lo schermo o accorrevano quando decidevamo di nutrirle. Grafica che all’epoca era sorprendente (ne venivamo da Snake e poco altro), un’implementazione intelligente dei gesti touch e un’atmosfera vagamente zen: non serviva null’altro, all’epoca, per convincerci ad aprire il metaforico portafogli e investire un euro.
E dietro? Giochi di carte (Texas Hold’em), corse (Moto Chaser, Crash Bandicoot: Nitro Kart 3d, Cro-Mag Rally) e novelty che tradivano uno dei primi motivi per acquistare un iPhone, ovvero farsi belli con gli amici (iBeer e Pocket Guitar). Altre app rappresentavano i primi esordi di una tipologia di applicazioni destinata a un duraturo successo presso l’App Store, il Play Store e in genere tutti i marketplace digitali: la truffa (per capirci, TouchScan sosteneva di “analizzare le onde cerebrali di due persone e metterle a confronto). E poi naturalmente c’era Super Monkey Ball, uno dei giochi più pubblicizzati al momento dell’apertura dell’App Store. Tra le sorprese, il fatto che in molti erano disposti a investire addirittura 16 dollari per l’acquisto di un banale per quanto ben fatto programma di instant messaging multipiattaforma, BeeJive IM. Tra i download gratuiti c’erano già nomi tutt’altro che trascurabili, come Facebook e Google con Google Earth, oltre ad AIM (un vero residuato bellico, nell’epoca di WhatsApp), Shazam e il vincitore, vero apripista del mondo streaming, Pandora Radio.
L’avvento dei social
Era solo un inizio, ma promettente: due anni più tardi, nel 2010, nelle prime posizioni tra le app gratuite c’erano sia Facebook che Twitter, insieme a Skype, per un dominio destinato a rimanere immutato ancora oggi, al più con qualche aggiunta (Instagram e Snapchat, soprattutto). Dal 2010 a oggi, Facebook in particolare è sempre rimasta nella top ten. Ma quello fu soprattutto l’anno di una nuova applicazione con l’icona verde, lanciata nell’agosto del 2009 ma oggetto di un vero e proprio boom grazie anche alla possibilità, implementata nel dicembre successivo, di inviare fotografie: WhatsApp Messenger, ideata da due ex dipendenti di Yahoo!, Brian Acton e Jan Koum, che avevano provato a farsi assumere da Facebook senza successo (nel 2014 Facebook acquistò WhatsApp per 19 miliardi di dollari). All’epoca l’app, che ora è gratuita, aveva un costo di 99 centesimi, ma il successo fu tale che anche con un prezzo tanto irrisorio riuscì a classificarsi all’ottavo posto in quanto a spesa dei consumatori, insieme ad app molto più costose come LogMeIn Ignition, i navigatori TomTom (ormai del tutto superati, insieme a Navigon, dalle funzioni di Google Maps e di Mappe) e Documents To Go.
Dal 2011 a oggi, verso la Cina
Il 2011 fu l’anno di Instagram (subito al quinto posto tra i download totali), mentre il 2012 quello del dating, con gli eccellenti risultati di Badoo e Zoosk e l’esordio di Tinder, Grindr e Lovoo negli anni successivi; già nel 2013, l’App Store era in grado di generare più di 10 miliardi di dollari di spesa dei consumatori. Nel 2015, la Cina superò gli Stati Uniti come maggior mercato mondiale in termini di download su iOS (nel 2016 anche come spesa), e i programmi di streaming sia audio che video (Spotify, Hulu, HBO Now, Pandora Music) nella top ten della spesa dei consumatori mostrarono tutte le potenzialità dell’iPhone (e, di conseguenza, degli altri smartphone) come piattaforma per la trasmissione di contenuti audiovisivi, con buona pace di tutte le preoccupazioni a proposito di uno schermo troppo piccolo.
In questi ultimi anni abbiamo cominciato anche a vedere con una certa familiarità nei posti d’onore delle classifiche di vendita anche nomi che non ci dicono assolutamente nulla, ma che vanno fortissimo in Cina e che solo nel grande stato-continente riescono ad accumulare tanti utenti da sfidare i colossi a livello mondiale: un caso del 2016 è quello di iQIYI, ma già nel 2017 è arrivata la compagnia di QQ, Tencent Video, Taobao, mentre quest’anno Tik Tok, una piattaforma video molto popolare in Cina, ha addirittura conquistato il primo posto come numero di download, mentre in cima alla lista per la spesa degli utenti l’ha spuntata Netflix. E il bello, dicono a Cupertino, deve ancora venire.
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