Rubrica settimanale #SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe.
Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.
I benefici economici dello spectrum sharing in Banda C potrebbero essere rilevanti, stando allo studio “Use of C-Band (3400/3600-4200 MHz) for mobile broadband in Hungary, Italy, Sweden and the UK” condotto da Plum per conto di Ericsson, Huawei e Qualcomm.
Con l’espressione spectrum sharing si intende l’accesso condiviso allo spettro radio, vale a dire lo sfruttamento, da parte di due o più operatori, della medesima banda di frequenza, e dunque la coesistenza in quest’ultima di diversi sistemi o applicazioni.
Una possibilità – quella dello spectrum sharing – che sembra configurarsi sempre più come una necessità, in virtù della crescita imponente del traffico dati su reti cellulari e su reti Wi-Fi.
Prima di indicare le principali evidenze dello studio firmato Plum, si ricorda che è possibile affidarsi al servizio di comparazione delle offerte di Internet Mobile curato dagli esperti di SosTariffe.it per confrontare tutte le soluzioni di mercato per il traffico dati su reti cellulari.
Lo studio – sostiene Plum – fornisce una valutazione indipendente dei benefici economici che deriverebbero dall’impiego della Banda C per i servizi a banda larga mobile in Ungheria, Italia, Svezia e Regno Unito.
Le frequenze della Banda C, se rese disponibili, consentirebbero maggiori capacità di rete e superiori velocità di connessione in download e assumerebbero inoltre un ruolo chiave in ottica LTE (Long Term Evolution) e 5G, prosegue la società di ricerca e analisi.
Nei Paesi presi in esame – Ungheria, Italia, Svezia e Regno Unito – i benefici derivanti dall’impiego della Banda C in ambienti outdoor potrebbero raggiungere i 2,7 miliardi di euro entro il 2028, stando alle previsioni formulate da Plum. E l’utilizzo di tecniche di accesso condiviso allo spettro radio più avanzate consentirebbe di aumentare i benefici in oggetto.
Nello studio si suggeriscono la creazione di quadri regolatori nazionali che permettano lo spectrum sharing tra operatori di telefonia mobile e altri soggetti già presenti sul mercato e/o nel pubblico, e il ricorso allo scenario LSA (Licensed Shared Access).
Lo scorso luglio, in Italia, il Ministero dello Sviluppo Economico ha avviato un progetto pilota proprio per la sperimentazione dell’uso condiviso dello spettro radio basato su LSA, “un approccio regolamentare sviluppato per rendere possibile l’impiego condiviso, flessibile e dinamico dello spettro e migliorarne l’efficienza d’uso”.
La sperimentazione – ha spiegato il MISE – “avrà luogo in uno scenario prevalentemente indoor e prevede il dispiegamento di un sistema radio basato su tecnologia LTE nelle frequenze della banda 2.3-2.4 GHz”. Non in Banda C, dunque, alla cui frequenze guarda in ogni caso il nuovo PNRF (Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze) approvato lo scorso maggio.
Il nuovo PNRF, infatti, recepisce la decisione della Commissione europea 2014/276/UE che stabilisce i requisiti tecnici per l’utilizzazione di parte della Banda C (3400-3800 MHz) per collegamenti di backhauling e per femtocelle nelle zone ad alta densità di traffico.
La Banda C, oltre che protagonista dello studio di Plum, figura tra i temi caldi dell’agenda della WRC-15 (World Radiocommunication Conference 2015, 2-27 novembre, Ginevra, Svizzera), la prossima Conferenza Mondiale delle Radiocomunicazioni.
Fonti e risorse:
Use of C-Band (3400/3600-4200 MHz) for mobile broadband in Hungary, Italy, Sweden and the UK – Plum
Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze – Ministero dello Sviluppo Economico
Decisione di esecuzione della Commissione europea 2014/276/UE