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SosTech. Huawei e Xiaomi smuovono le acque di un mercato stagnante

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I numeri più stupefacenti sono quelli di Xiaomi, che in questo primo quarto ha ottenuto una crescita del 124% annuo, grazie a un portfolio di dispositivi del tutto rinnovato e, come sempre, una strategia di prezzo davvero aggressiva,

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Non si cambia più lo smartphone come una volta, soprattutto se è un top di gamma. L’avvento delle offerte per la telefonia mobile con tanto di dispositivo incluso, come quelle che si trovano su comparatori come SosTariffe.it, ha permesso a tutti o quasi di avere a disposizione apparecchi sempre più costosi e ricchi di funzioni pagando rate modeste per due o tre anni, con formule vantaggiose di “upgrade” al modello successivo con la fine del finanziamento.

Eppure capita sempre più spesso che gli abbonati scelgano di tenersi lo smartphone e continuino con tariffe più basse, senza sentire l’esigenza di rinnovare il proprio hardware. Da un lato, questo è dovuto al fatto che la tecnologia dei telefonini sembra avere ormai raggiunto la piena maturità, in attesa del prossimo salto (i modelli pieghevoli? L’augmented reality?) in grado di stimolare un nuovo fenomeno di massa come quando, nel 2007, il primo iPhone prese tutti di sorpresa.

Insomma, avere modalità di accesso più innovative e sicure, come il Face ID di Cupertino, oppure ottiche da fare invidia a una reflex nella fotocamera dello smartphone, sono fattori in grado di spingere a cambiare modello solo una percentuale abbastanza ridotta degli attuali proprietari; più efficaci sembrano quei fenomeni di obsolescenza per cui, tra batterie che durano poche ore e processori non più in grado di sostenere anche solo il sistema operativo, la frustrazione dell’utente arriva a livelli tali da spingere ad acquistare un nuovo cellulare. Ma anche in questo caso i tempi sono sempre più dilatati.

Una produzione sostenuta dalle fasce basse

In una recente sessione di domande e risposte con gli investitori, il CEO di Apple Tim Cook ha chiarito che la Mela – e presumibilmente tutti gli altri attori principali nel mercato della telefonia mobile di ultima generazione – non ritiene per nulla saturo il mercato degli smartphone: anche perché, oltre ai colossi come la Cina, ci sono tutti i Paesi di recente industrializzazione che stanno assistendo per la prima volta a un passaggio massiccio dai vecchi telefonini agli smartphone moderni.

E una conferma che il mercato non sia così stagnante arriva anche dagli ultimi dati di Gartner, che ha mostrato come le vendite globali di telefonini (sia smartphone che “classici”) siano tornate, nel primo quarto del 2018, a vedere il segno più: per l’esattezza, un aumento dell’1,3% rispetto allo stesso periodo del 2017. Se il numero totale di cellulari venduti è stabile (455 milioni di unità), ad avvantaggiarsene sono proprio gli smartphone, venduti per un totale di 384 milioni di esemplari, equivalenti all’84% del totale.

Ma ad aumentare non sono tanto i top di gamma, come l’iPhone X o il Samsung 8, quanto gli entry-level, con un cartellino del prezzo anche inferiore ai 100 euro, e i cosiddetti “low midtier”, i medio-bassi dai 100 ai 150 euro. Lungi dall’essere semplici giocattoli con funzionalità molto limitate rispetto agli smartphone più costosi – la situazione di qualche tempo fa – ora anche questi low-cost sfoggiano performance di tutto rispetto.

I dolori di Apple e Samsung

Ecco perché esistono marche del tutto sconosciute da noi, come Oppo e Vivo, che hanno il 70% delle loro vendite in Cina – spesso proprio con dispositivi non assimilabili a top di gamma – e che sono stati capaci di frenare in maniera significativa l’avanzata dei grandi colossi globali come Apple e Samsung. Xiaomi e Oppo, insieme, sono in grado di superare i 56 milioni di unità vendute al mondo (Apple è ferma a 54 milioni, Samsung, il maggior produttore al mondo, tocca i 78 milioni e mezzo). Soprattutto c’è una quota di altri produttori (esclusi cioè Apple, Samsung, Huawei, Xiaomi e Oppo) che rappresenta il 40,1% del mercato, sempre più frammentato sovente con dispositivi a carattere locale, offerti a condizioni vantaggiose nei paesi che si stanno industrializzando.

In particolare, secondo l’analisi di Gartner, Samsung ha difficoltà con i suoi smartphone di media fascia, visto che le marche cinesi stanno cominciando ad espandersi con successo anche in Europa e in America Latina. Apple è tornata a crescere, dopo i ben noti ritardi e problemi legati all’iPhone X. Secondo uno degli analisti di Gartner, Anshul Gupta, Cupertino ha una diversa sfida davanti a sé: concentrandosi in maniera esclusiva sugli smartphone di fascia alta, deve fare in modo che questi siano sempre innovativi e spingano al loro rimpiazzo senza che ci sia la tentazione di rivolgersi a u altro produttore, magari meno costoso.

Ci sono sicuramente anche riflessioni di questo tipo dietro i rumors, che si rincorrono, di una nuova edizione dell’iPhone SE, a costi più abbordabili rispetto ai 1100 euro dell’iPhone X; ed è sicuramente anche per questo che lo smartphone del decimo anniversario ha rappresentato un tasso di innovazione molto superiore rispetto al solito (non solo il Face ID ma anche un form factor completamente ripensato).

I nuovi pesi massimi: Huawei e Xiaomi

Se si deve parlare dei vincitori, invece, non si può non fare il nome di Huawei e Xiaomi, i produttori cinesi che si stanno avvicinando a grandi passi alla seconda posizione detenuta da Apple nel mercato mondiale dei telefoni cellulari. Una crescita-monstre del 18,3% da parte di Huawei rappresenta una minaccia più che concreta per il dominio dell’iPhone, malgrado anche in questo caso non manchino le sfide e le incognite, in particolare per quanto riguarda le strategie nell’”emerging Asia” e nei Paesi del Pacifico e soprattutto le questioni legate alla presenza nel mercato USA, dove l’iPhone è di casa e Huawei non deve rischiare di essere visto come un brand di “seconda categoria” rispetto ai nomi più familiari. La recente introduzione di P20, P20 Pro e Honor 10 ha comunque fatto capire che il produttore cinese non scherza affatto e che i suoi telefoni top di gamma sono tranquillamente in grado di dire la loro anche rispetto alle marche presenti da anni su questi mercati maturi.

Ma i numeri più stupefacenti sono quelli di Xiaomi, che in questo primo quarto ha ottenuto una crescita che definire impressionante è davvero poco: 124% annuo, grazie a un portfolio di dispositivi del tutto rinnovato e, come sempre, una strategia di prezzo davvero aggressiva, che le ha permesso di diventare la prima scelta per chi vuole uno smartphone di qualità e con funzioni top senza spendere troppo.

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