Operazione 'semplificazione'

#SosTech: gli operatori storici alle prese con il decommissioning

di Andrea Galassi |

Con il termine decommissioning si intende la dismissione delle soluzioni meno recenti. Un tema all’attenzione delle telco in tutto il mondo, soprattutto degli ex monopolisti, chiamati a razionalizzare e semplificare le reti per investire al meglio in reti e servizi innovativi.

Rubrica settimanale #SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe.

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Il tema della dismissione delle tecnologie legacy, cui si affiancano quelli della razionalizzazione e della semplificazione delle reti, è da tempo all’attenzione degli operatori di telecomunicazioni. Da una ricerca condotta nel 2012 da PwC su un panel di 31 operatori TLC a livello mondiale, è emerso che circa l’86% degli stessi ha definito un piano di network decomissioning in ambito di rete fissa e mobile.

Secondo Telecom Italia, l’avvio di un piano concreto di decommissioning è diventato un obbligo per tutti gli ex incumbent. Alla dismissione delle tecnologie legacy è dedicato un approfondimento nel più recente numero del Notiziario Tecnico del gruppo, curato da Giancarlo D’Orazio, ingegnere elettronico responsabile della funzione Network Planning di Technology.

Sono almeno quattro i principali fattori che hanno spinto le Telco, e in particolare le compagnie ex monopoliste, a studiare le migliori soluzioni possibili utili per portare a compimento un piano di decommissioning, sostiene D’Orazio.

Primo fattore: la decrescita dei servizi tradizionali

 

Il volume dei servizi ‘tradizionali’ è ancora elevato, ma ha intrapreso da anni un trend di riduzione che sembra ormai inarrestabile”, scrive l’esperto. Ecco perché il mantenimento in esercizio delle vecchie piattaforme appare sempre meno giustificabile.

Secondo fattore: la spinta degli OTT

 

La pressione dei concorrenti, non solo degli altri gestori TLC, ma anche e soprattutto degli OTT (Over The Top), ha contribuito alla contrazione dei ricavi e ha portato all’introduzione di un’enorme quantità di nuovi servizi, in parte alternativi a quelli tradizionali”, evidenzia D’Orazio. Le Telco sono pertanto obbligate ad ammodernare le loro reti, sia per ridurre in maniera drastica i costi operativi sia per stare al passo coi tempi e rendere più competitiva la loro offerta di servizi.

Terzo fattore: gli investimenti nell’ultrabroadband

 

Il processo di introduzione delle reti ultrabroadband fisse e mobilista spingendo molti degli ex incumbent, e Telecom Italia tra essi, ad investire significativamente proprio nell’ammodernamento nel segmento di rete più costoso, quello dell’accesso”, prosegue l’esperto. Il processo in atto costituisce quindi “una formidabile occasione per avviare l’eliminazione delle vecchie tecnologie che insistono su questa porzione di rete”.

Quarto fattore: l’arrivo delle nuove tecnologie

I paradigmi con cui gli operatori sono stati per generazioni abituati a pianificare, progettare, realizzare e amministrare le reti saranno rivoluzionati, sottolinea D’Orazio. Ne saranno introdotti di nuovi, fra cui il Software-Defined Networking protagonista di un precedente focus di #SosTech.

Il decommissioning e gli strati di rete alti e bassi

 

Trasformare una rete in esercizio è un’attività molto complessa “che può essere in un certo senso paragonata al tentativo di dipanare una matassa ingarbugliata”, perché i vari elementi che la compongono sono interdipendenti, spiega D’Orazio.

Il punto principale consiste nel decidere quale strato di rete aggredire per primo, vale a dire se iniziare il processo di trasformazione dagli strati più alti o da quelli più bassi. I termini “alto” e “basso”, in questo contesto, sono convenzionali e vengono impiegati con riferimento alla distanza logica/fisica dei vari strati di rete dagli utilizzatori finali, chiarisce l’esperto.

La rete di accesso va intesa pertanto come uno strato “basso” di rete, mentre la core network costituisce lo strato più “alto”.

Il decommissioning dall’alto

 

Partire dagli strati più alti presenta il vantaggio di circoscrivere l’azione di trasformazione a un numero di oggetti relativamente contenuto, con conseguente impatto economico e operativo abbastanza limitato”, scrive D’Orazio. C’è anche uno svantaggio, determinato dal fatto che “occorre agire all’ingrosso, ribaltando sulle nuove reti tutti i servizi di rete più vecchi ancora presenti, con tutte le complessità che questo comporta”.

Non sempre le nuove reti sono in grado di ospitare in maniera agevole i vecchi servizi, prosegue l’esperto. “Oltre a ciò, il vantaggio di questo ribaltamento è spesso di breve durata, perché la presenza sulla core network di tali servizi di rete è destinata comunque a ridursi man mano che i clienti si spostano spontaneamente sui nuovi servizi e/o il processo di ammodernamento si trasferisce ai livelli più bassi di rete”, aggiunge D’Orazio.

Il decommissioning dal basso

Partire dai livelli più bassi di rete significa muoversi in direzione opposta: ingenti investimenti, bassa complessità, grande impatto sulle operatività, beneficio indiretto sugli strati di rete più alti. Con l’approccio dal basso, infatti, “i servizi di rete più vecchi tendono ad essere trasformati e trasferiti per emulazione/simulazione sulle nuove piattaforme, contribuendo allo svuotamento delle vecchie sugli strati più alti”, spiega l’esperto.

Se si spostano i servizi di telefonia fissa su soluzioni VoIP – esemplifica D’Orazio – si potrebbero con gradualità eliminare le vecchie centrali telefoniche locali di rete fissa e quindi ridurre l’esigenza dei circuiti di giunzione, con beneficio sugli strati più alti di rete.

Le più recenti valutazioni effettuate hanno mostrato rispetto al passato una netta convenienza economica dell’approccio che parte dal basso rispetto a quello che parte dalla core. Esiste quindi un vero e proprio ordine di priorità nel processo di decommissioning, che stabilisce la successione temporale con cui le attività andrebbero, almeno in teoria, svolte”, evidenzia l’esperto.

Il decommissioning, da solo, non basta

 

Per contenere i costi, semplificare l’impiantistica, ammodernare le infrastrutture e migliorare la Quality of Experience, non è sufficiente eliminare le piattaforme più vecchie. È necessario affiancare al decommissioning un processo di profonda revisione architetturale, sostiene D’Orazio. Un processo che deve essere finalizzato al raggiungimento dei seguenti obiettivi: riduzione dei livelli di rete (delayering); riduzione degli apparati di rete (deboxing); incremento della qualità dei servizi di rete; massima flessibilità nella collocazione delle funzioni di rete più impattanti in termini di qualità; progressivo avvicinamento delle medesime funzioni di rete ai clienti finali.

Per un confronto di tutte le offerte di mercato confezionate dagli operatori per gli utenti finali, si consiglia di fare riferimento al servizio di comparazione curato dagli esperti di SosTariffe.it, comprensivo delle soluzioni per postazione fissa (ADSL, Fibra Ottica e Internet satellitare) e di quelle per la mobilità (3G e 4G LTE).

Fonti e risorse per approfondire

 

Il “come” e il “perché” del Decommissioning

 

Decommissioning: Benchmark Peer Internazionali

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