Ascesa e caduta nel giro di due giorni. Sono ormai pochi quelli che ancora recensiscono a colpi di superlativi entusiastici Vero – il social network un po’ anti-Facebook e un po’ anti-Instagram balzato in cima alle classifiche di download – perché non si sono accorti che sono cominciati i problemi. Naturalmente salutati a colpi di hashtag: #deleteVero.
Insomma: si è scoperto che la compagnia di famiglia del miliardario libanese Ayman Hariri, l’imprenditore dietro a Vero, vanta la bellezza di 31.000 accuse di lavoro non pagato da parte dei suoi operai, più inquietanti resoconti di alloggi-dormitorio senza acqua né elettricità. Tanto basta per sancire l’immediato dietrofront della stampa benevola, a cui non pareva vero di avere un nuovo campione da opporre a Mark Zuckerberg: l’uomo che, con la souplesse dell’olimpionico in mezzo ai dilettanti, secondo molti sta distruggendo i giornali.
La difficile strada dei competitor
Tante speranze e poi niente: era già capitato a Ello, a Path, a Diaspora. Non c’è vita oltre Facebook, a meno di cataclismi; nessun social network riuscirà a raggiungere nell’immediato futuro la sua massa critica. Lo dicono i numeri. 2,13 miliardi di utenti attivi ogni mese (+14% di aumento annuo), quasi un terzo della popolazione mondiale; 1,4 miliardi di utenti attivi ogni giorno, che controllano con regolarità le proprie bacheche, soprattutto utilizzando dispositivi di telefonia mobile da cui arriva, secondo Facebook, l’88% dei guadagni pubblicitari (come sempre, su SosTariffe.it potete trovare le offerte più interessanti del momento per Internet mobile). Ogni secondo spuntano 5 nuovi profili, ma il dato più recente è del 2012 e senza dubbio il numero è aumentato. Ogni giorno vengono caricati 300 milioni di fotografie. Cifre che parlano di un dominio difficilmente contrastabile.
Fatturato su, percezione giù
Eppure, non tutto è rose e fiori a Menlo Park. Nelle ultime settimane è circolata molto la copertina di Wired USA con il volto tumefatto (merito di un eccellente fotoritocco) di Mark Zuckerberg. La lunghissima cover story firmata da Nicholas Thompson e Fred Vogelstein, per quasi settantamila battute, ha un titolo inequivocabile: «Inside the two years that shook Facebook – and the world». “Due anni di inferno”, addirittura, a sintetizzare il tutto. Ovviamente il giudizio non riguarda il portafogli personale di Zuckerberg, più gonfio che mai con un net worth che secondo Forbes è di 73,6 miliardi di dollari. È la percezione il problema: quello che una volta era il simbolo della generazione digitale, con ambiziosi traguardi di democratizzazione della società, ora è considerato nel migliore dei casi un colosso con un rispetto non eccessivo della privacy dei propri utenti, e nel peggiore un soggetto politico in grado di influenzare le elezioni. A prescindere da quanto ci sia di vero in tutto questo.
I guai del 2017
Da quando Facebook ha cominciato a dare spazio alle news, si è rapidamente imposto in questo settore lasciandosi alle spalle sia Google che Twitter. Però è spuntato il problema delle prime fake news e del comitato di redazione (umano) che aggiusta le proposte dell’algoritmo di selezione delle notizie, ancora tutt’altro che perfetto; poi un crescendo continuo, con l’elezione di Donald Trump a presidente USA, il Russiagate, le elaborate strategie delle legioni di troll capaci di sfruttare le caratteristiche dell’algoritmo per veicolare contenuti falsi. Di fatto, Facebook non è diventato un contenitore di notizie: è diventato la notizia.
I giovani abbandonano Facebook?
Non solo: anche se la vicenda di Vero ha dimostrato come la probabilità di un serio competitor di Facebook «at its own game» sia piuttosto ridotta, questo non vuol dire che gli altri social network, nati dopo e con un approccio diverso rispetto a quello della stessa Facebook, non possano rosicchiare importanti quote di mercato. Di solito, vista la posta in gioco e le riserve di Menlo Park, se un’idea è davvero buona (e pericolosa) c’è l’acquisizione, così com’è accaduto con Instagram; ma a volte questo non basta, come dimostrano i 3 miliardi di dollari rifiutati nel 2013 da Evan Spiegel, il fondatore di Snapchat.
Una mossa che sembra azzeccata, almeno secondo la recente ricerca del Pew Research Center: tra i giovani USA, infatti, Snapchat sta per diventare l’applicazione preferita. Il bacino d’utenza (cruciale) tra i 18 e i 24 anni mostra una distanza ravvicinata tra i due social, con il 78% di utenti di Snapchat e l’80% di Facebook. Non basta: un’altra ricerca di eMarketer ha mostrato che probabilmente due milioni di utenti sotto i 25 anni abbandoneranno nel 2018 il social network di Zuckerberg. E anche per quanto riguarda l’engagement, sulla lunga distanza sembra essere Google a rappresentare la soluzione migliore per il marketing.
I buoni propositi di Mark
Sheryl Sandberg, la potentissima COO di Facebook, non ha nascosto che gli ultimi tempi non sono stati facili. «Dire che il 2017 è stato un anno impegnativo è un po’ un eufemismo», ha dichiarato durante un convegno di investitori presso la Morgan Stanley a San Francisco. E lo stesso gran capo, nella sua tradizionale dichiarazione d’intenti di inizio anno, era stato molto chiaro: «Il mondo sembra diviso e in preda all’ansia, e Facebook ha molto lavoro da fare – che sia per proteggere la nostra comunità dall’odio e dagli abusi, difenderla dalle interferenze di stati sovrani, o far sì che il tempo trascorso su Facebook sia tempo ben speso. La mia sfida personale per il 2018 è risolvere questi problemi. Non riusciremo a prevenire tutti gli errori o gli abusi, ma al momento stiamo facendo troppi sbagli nel far rispettare le nostre policies e nel prevenire l’uso errato dei nostri strumenti. Se avremo successo, finiremo il 2018 su una traiettoria decisamente migliore».
Niente soldi per i troll
Anche Sheryl Sandberg ha parlato del problema fake news, rilevando però come la motivazione che sta dietro sia economica, più che politica: con titoli-bomba si possono fare soldi grazie alla pubblicità, «per cui la cosa più importante che possiamo fare è regolare l’incentivo economico, assicurandoci che chi diffonde notizie fasulle non possa lucrarci. La gente vuole notizie vere su Facebook, e noi vogliamo che abbiano notizie vere su Facebook». Intanto, un enorme cambiamento c’è già stato. L’algoritmo delle notizie è stato modificato per proporre agli utenti non più in massima parte eventi pubblici, ma soprattutto contenuti di familiari e amici. Un ritorno alle origini, insomma: e chissà se sarà l’unico.
Fonti: https://zephoria.com/top-15-valuable-facebook-statistics/
https://www.wired.com/story/inside-facebook-mark-zuckerberg-2-years-of-hell/
http://fortune.com/2018/02/28/sheryl-sandberg-facebook-false-news-me-too/
https://www.emarketer.com/content/facebook-losing-younger-users-at-even-faster-pace
https://www.forbes.com/sites/peggyannesalz/2018/02/28/is-facebooks-loss-in-user-engagement-a-massive-gain-for-google/#47a1428313db