Ammettiamolo: anche nell’epoca di MasterChef e dei prestiti per andare al tristellato c’è sempre chi, messo di fronte ai fornelli, combina disastri; e se i risultati sono sconfortanti, non è proprio il massimo arrivare a casa dopo una lunga giornata di lavoro e impiegare un’ora a preparare una cena un po’ triste. O viceversa, si è così gourmet – e si ha la sufficiente disponibilità economica – da voler mangiare fuori tutte le sere, senza però abbandonare il piumone e le tuta, dover interagire con altre persone, morire di freddo nel tragitto casa-auto-ristorante e viceversa.
Comunque sia, che il settore del food delivery in Italia (e in tutto il mondo) stia vivendo un boom che la dice lunga sulla nostra attenzione per il cibo e la nostra pigrizia. Secondo un’analisi di Coldiretti e Censis, l’anno scorso un italiano su tre ha languidamente digitato sullo smartphone o sul tablet le istruzioni necessarie per ordinare di tutto, dalla pizza al chirashi, sulle varie app del settore come Foodora (ora parte di Glovo), Deliveroo, Just Eat, Uber Eats, per un totale di 18,9 milioni: di questi, 3,8 milioni sono clienti abituali.
Le ragioni di un successo
Si tratta di un fenomeno ovviamente più diffuso in quelle città, come Milano, dove di norma non mancano né i servizi né il denaro necessario per usufruirne, ma che sta prendendo piede anche nei piccoli centri. La vista familiare del fattorino teenager che porta le pizze ha lasciato il posto a decine di professionisti – il cui status giuridico, com’è noto, ha sollevato importanti questioni e ispirato decreti legge – che sfrecciano da una parte all’altra delle metropoli, in ottemperanza agli slogan delle diverse società che promettono consegne in pochi minuti.
Nel mondo digitale, basta una connessione ADSL o fibra ottica (su SosTariffe.it si trovano le più convenienti attualmente sul mercato) o semplicemente i gigabyte della propria offerta smartphone per consultare menù sempre più invitanti e inoltre l’ordine direttamente dal divano, non solo per la scarsa voglia di cucinare (per il 57,3%) ma anche per “barare” un po’ quando arrivano amici e parenti a casa e li si vuole stupire (il 34,1%). Di norma i tempi del delivery non superano i sessanta minuti e i pagamenti sono online, ed esistono vari meccanismi di rimborso nel caso in cui qualcosa vada storto con l’ordine. E se si è al lavoro senza potersi nemmeno fermare, nulla di meglio del fattorino che suono all’ufficio con i piatti giù fumanti da gustare per riprendere subito dopo, digestione permettendo.
Dalla pizza al poke
Anche Glovo, uno dei colossi del delivery (non solo food), ha appena pubblicato il suo Delivery Report relativo all’anno appena concluso. Il must modaiolo del 2018 – soprattutto a Milano – è stato il poke, l’insalata hawaiana di pesce crudo (in particolare salmone, ma vanno forte anche il tonno e perfino il pollo), salsa di soia, olio di sesamo, alghe e verdure varie, ma in genere le consegne di cibo a domicilio sono cresciute del +409% rispetto al 2017, anche per il pranzo in ufficio (+395%) e perfino a colazione (+349%). La triade pizza, burger e sushi è saldamente al comando della classifica per quanto riguarda i piatti più richiesti, mentre la cucina messicana attraversa un periodo di appannamento.
Un giro d’affari da 350 miliardi
Altri rapporti, altri dati. Secondo la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, oggi il settore del food delivery online in Italia vale 350 milioni di euro, per un fatturato complessivo che è cresciuto del 69% rispetto all’anno scorso; inutile dire che anche per il 2019 ci si aspetta di far segnare nuovi record. Come ricorda Matteo Sarzana, country manager di Deliveroo Italia, il segreto del successo non sta tanto nell’alternativa al ristorante, ma nella complementarità del food delivery rispetto al mangiare fuori: «la domanda di cibo on line risponde ad esigenze diverse rispetto all’esperienza che il consumatore cerca e trova nei ristoranti: esigenze legate a necessità di chi deve o preferisce restare a casa. In ogni caso, l’elemento che unisce chi va al ristorante o chi preferisce ordinare da casa è la qualità del cibo che resta l’aspetto più importante nelle scelte dei consumatori». L’identikit del maniaco della consegna a casa? Com’è facile aspettarsi, giovane, abituato a interagire costantemente con lo smartphone e gli altri dispositivi mobili, residente soprattutto al Nord, senza significative differenze tra uomini e donne.
Dal canto suo, una delle più importanti banche al mondo, Ubs, ha stilato un resoconto dei 5 nomi più promettenti nell’ambito del food delivery dal punto di vista della crescita, settore che secondo l’istituto di credito svizzero può puntare a un potenziale giro d’affari mondiale di 350 miliardi dollari entro il 2030. In classifica compaiono le russe Mail.ru e Yandex, Just Eat, Delivery Hero e l’olandese TakeAway.
La “sorpresa” per il Super Bowl
Anche App Annie si è interessata al fenomeno degli ordini di cibo online tramite le piattaforme digitali, e in particolar modo gli smartphone. Negli Stati Uniti, naturalmente, i numeri sono ben altri rispetto ai nostri: una consistente parte della quantità di cibo consumata dagli spettatori durante i watch parties per il Super Bowl – qualcosa come un miliardo di ali di pollo, 5000 tonnellate di patatine fritte e 4 milioni di pizze – arriverà proprio dal food delivery. Ma, come rivela il think tank americano, la crescita riguarda anche i mercati emergenti: basti pensare che questo genere di app ha avuto in India un crescita dal punto di vista dei download pari al 900% tra il 2016 e il 2018.
Tutto questo anche perché la scelta di una strategia che passa per il mobile, oltre a diminuire i costi, consente alle aziende di far valere una serie di caratteristiche uniche dell’ecosistema app, come la gamification per fidelizzare i clienti, i buoni sconto digitali, le notifiche, il tutto personalizzato per determinate fasce sociali e regioni. Un esempio su tutti: Burger King, che proprio per il Super Bowl 2019 ha stretto una partnership con la società di delivery DoorDash basata su una “Mystery Box” a sorpresa da ordinare in tempo per la partita. Sperando che, per i tifosi della squadra sconfitta tra Los Angeles Rams e New England Patriots, almeno la cena non risulti indigesta.