Il 26 e 27 maggio va di scena in Giappone il G7. Si tratta dell’incontro dei ministri dell’economia dei 7 Paesi più importanti del mondo. Si tratta di Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Canada. A poche ore dal suo avvio e a pochi giorni dal recente incontro di Parigi in cui ben 175 Paesi si sono impegnati nel prendere misure concrete al fine di ridurre di un grado e mezzo la temperatura dell’ambiente al fine di evitare tragiche conseguenze è stato diffuso un rapporto allarmante. E’ titolato “Swept Under the Rug: How G7 Nations Conceal Public Financing for Coal Around the World” ed è stato redatto da WWF, Oil Change International e dal Natural Resources Defense Council (Nrdc).
Quest’ultimo organismo è stato fondato nel 1970 da un gruppo di studenti attivo sul fronte della protezione dell’ambiente. Il suo ruolo è di garantire i diritti di tutti le persone a vivere in un ambiente sano, caratterizzato da acqua e aria pulite e comunità in salute. Al suo cospetto operano oltre 500 scienziati e ricercatori internazionali.
I peggiori inquinatori ‘da carbone’
Il rapporto accusa gli Stati di tutto il mondo, primo tra tutti proprio il Giappone, di inquinare l’aria incentivando e finanziando la costruzione di centrali per la produzione di energia da carbone fossile. La sua estrazione e il suo sfruttamento sono dannosi per l’ambiente e vanno in senso contrario rispetto alla preservazione dell’ambiente e al rispetto della salute delle persone. Solo il Giappone nel periodo 2007-2015 avrebbe investito oltre 22 miliardi di dollari per lo sviluppo e il sostentamento di impianti a carbone all’estero. Lo stesso Paese sarebbe inoltre intenzionato ad investire ulteriori 10 miliardi di dollari nel futuro con gli stessi fini. A seguire si trovano la Germania con finanziamenti di circa 9 miliardi di dollari, gli Usa che finanziano 5 miliardi di dollari, la Francia 2,5 miliardi di dollari, Regno Unito e Canada con 1 miliardo ciascuno.
Anche l’Italia non è esclusa dalla classifica negativa. Anche il nostro governo infatti ha speso oltre 2 miliardi di dollari per finanziare attività estrattive del carbone perlopiù per rivenderlo all’estero. Si pensi che sono 101 milioni le tonnellate di CO2 all’anno riversate nell’atmosfera provenienti dallo sfruttamento del carbone fossile. In un momento in cui i grandi del mondo dovrebbero unire le forze per migliorare le sorti dell’ambiente a partire dallo sviluppo di nuove politiche energetiche sembra che gli interessi economici siano ancora prevalenti.
Cosa può fare il comune cittadino?
Posto che un’inversione di marcia deve partire necessariamente dai tavoli della politica, anche il comune cittadino può fare qualcosa nel suo piccolo. Il mercato libero dell’energia ad esempio ha visto una moltiplicazione di offerte energia elettrica (per compararle suggeriamo di utilizzare SosTariffe.it) che prevedono l’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili come il sole, il vento e il calore della terra. Quando i gestori non garantiscono che l’energia sia effettivamente prodotta da fonti rinnovabili vengono comunque applicati meccanismi di compensazione.
Questo significa che vengono acquistati dei crediti che compensano l’energia prodotto con metodi tradizionali. Questo meccanismo viene spesso applicato ad esempio anche dalle industrie della carta e del legno. Per ogni albero tagliato ne viene piantato un altro. A vigilare su questo meccanismo e a certificare la produzione di energia da fonti “pulite” vi è il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) in grado di certificare in maniera trasparente l’intero ciclo di produzione. Questo tipo di offerte vengono generalmente dette “green”. La possibilità di agire concretamente verso il miglioramento delle condizioni ambientali e alla loro preservazione passa quindi dal mercato libero. La scelta consapevole del consumatore è inoltre premiata anche da un certo risparmio economico.