Lo stop

Smartphone in classe, ok della Francia alla legge che lo vieta fino a 15 anni. E in Italia?

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Via libera del Parlamento francese alla legge, promessa dal presidente Macron in campagna elettorale. Il divieto, applicato agli studenti fino ai 15 anni, riguarderà tutti i dispositivi connessi alla rete (smartphone, tablet e smartwatch). Consentito l’uso pedagogico, ma su deroga delle scuole. In Italia qual è la posizione del Miur?

Da settembre gli studenti in Francia fino a 15 anni non potranno più utilizzare in classe lo smartphone, né qualsiasi altro dispositivo connesso al web. Il divieto entra in vigore a livello nazionale in virtù della legge approvata, in via definitiva, dal Parlamento francese. L’uso di smartphone, tablet e smartwatch sarà consentito solo per usi pedagogici a seconda dei regolamenti interni degli istituti scolastici, che potranno creare una sorta di “deposito” di telefonini all’ingresso della scuola o autorizzare gli allievi a tenerli, spenti, nello zaino. Il governo metterà a punto nelle prossime settimane un vademecum pratico per studenti e professori per spiegare meglio i contenuti della legge. Una legge promessa in campagna elettorale dal presidente Emmanuel Macron e proposta dai deputati del partito LREM (comunemente conosciuto come En Marche! e fondato da Macron).

In Francia divieto per gli studenti fino a 15 anni

La legge approvata dall’Assemblée Nationale impone il divieto di usare in aula dispositivi collegati al web per gli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado, fino ai 15 anni di età. I device possono essere, invece, utilizzati, nelle attività extracurriculari e per gli allievi diversamente abili. Più soft il divieto per le scuole superiori che saranno lasciate libere di applicare un divieto parziale o totale all’uso della tecnologia connessa in rete. Il Codice dell’istruzione vietava già per legge, dal 2010, l’uso di telefoni cellulari “durante ogni attività di insegnamento e nei luoghi previsti dal regolamento interno”. Infatti circa la metà delle scuole transalpine aveva già inserito nel regolamento interno il divieto di smartphone in classe, eccezione fatta che per il cortile durante la ricreazione, ma secondo il ministro dell’Istruzione Jean-Michel Blanquer “questo divieto mancava di un solco giuridico solido”. Ecco la necessità di una legge nazionale che renderà cogente il regolamento uniformando il divieto in tutte le scuole della Francia.

E in Italia? Qual è la posizione del Miur

La legge, appena approvata in Francia, dovrebbe essere presa in considerazione anche dal ministro italiano dell’Istruzione, Marco Bussetti, dopo che la ministra Valeria Fedeli aveva invece sdoganato fra mille polemiche (prima delle elezioni del 4 marzo) l’utilizzo dei cellulari in classe a scopo didattico, mentre Matteo Salvini aveva messo nel suo programma di governo il divieto.

“La linea in Italia è già ben definita. Esistono i regolamenti d’Istituto che rientrano nell’autonomia didattica, le scuole hanno già posto dei regolamenti interni”, ha detto il ministro Bussetti, il mese scorso. Allo stesso tempo, consapevole dell’importanza e della delicatezza della vicenda, il ministro non ha fretta, come chi l’ha preceduto al Miur, di prendere nuove misure: “Sicuramente quella francese è un’opportunità per riflettere ancora di più sull’uso consapevole dei telefoni in classe, quindi ben venga”. “È importante rendere consapevoli i ragazzi del corretto uso degli smartphone”, ha aggiunto il ministro dell’Istruzione.

Quindi più che imporre smartphone e tablet personali (non messi a disposizione dalla scuola, questo prevedeva il decalogo) “perché la tecnologia è uno strumento che facilita l’apprendimento”, ripeteva l’ex ministra Fedeli, servirebbero ore di:

  • Educazione digitale e non utilizzare i device per l’apprendimento di tutte le materie.
  • Progetti Scuola per la protezione dei dati personali, perché è necessario far comprendere ai millennials che sulla Rete nulla è gratis, il prezzo che si paga è la perdita della privacy.
  • Resta del lavoro da fare anche per sviluppare la connessione in banda larga nelle scuole. La fibra arriva oggi a poco più di un istituto su 10.Il piano nazionale per la scuola digitale ha messo sul piatto 1 miliardo e 200mila euro, ne sono stati spesi la metà.

 

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