Smartphone in classe Sì o No oppure insegnare ad usarlo in modo responsabile solo durante le ore dedicate all’educazione digitale. Sono queste le tre posizioni oggi sul banco dopo la proposta di legge di Maria Stella Gelmini (Fi), che prevede “il divieto di utilizzo dei telefoni mobili e degli altri dispositivi di comunicazione elettronica da parte degli alunni all’interno delle scuole primarie, delle scuole secondarie di primo e di secondo grado e negli altri luoghi in cui si svolge l’attività didattica”. Ma non è un divieto totale, infatti l’iniziativa legislativa dell’ex ministro dell’Istruzione, inserita nel Disegno di legge per l’introduzione dell’educazione civica a scuola in discussione nella Commissione Cultura della Camera, delega ai singoli istituti di fissare “condizioni, casi e luoghi in cui l’uso dei telefoni mobili e degli altri device è consentito per finalità didattiche o per esigenze indifferibili degli alunni”. In sostanza per Gelmini e quindi Forza Italia gli smartphone vanno vietati, giustamente, in classe quando non sono necessari per l’apprendimento: solo così si può iniziare a fermare il cyberbullismo a scuola. In Italia il divieto è stato imposto negli istituti scolastici dalla circolare del 2007, dell’allora ministro Giuseppe Fioroni, entrata in vigore sull’onda dei primi casi di cyberbullismo. Ma evidentemente il provvedimento non viene affatto rispettato e necessita di integrazioni legislative, perché con l’avvento dei social l’aula è diventata il set di scene raccapriccianti, subito postate online.
Ecco alcuni degli ultimi episodi accaduti.
In un istituto alberghiero di Milano due studenti sono stati sospesi per aver girato un video denigratorio verso un compagno e per averlo poi postato su una pagina Instagram creata per diffonderlo.
In un’altra scuola un ragazzo è stato spinto sotto al banco e il video è stato pubblicato sui social con il titolo: “Luca (nome di fantasia) bullizzato”.
E ancora: mentre il professore spiega Storia, uno studente si prepara uno spinello, si filma con il cellulare e posta tutto su Instagram. Per non parlare delle ragazze che anche in classe non perdono l’occasione di fare dirette “hot” su Facebook (Guarda il video: “Sei bellissima in questa chat. Mi lasci il tuo numero?”)
Abbiamo citato questi pochi casi per ricordare a chi è favorevole ad un uso incondizionato dei cellulari in classe quali sono i rischi.
Per evitare l’anarchia in classe dei video sui social pure la Lega ha scritto una proposta di legge, che vieta l’uso degli smartphone “anche per gli insegnanti”, si legge nel progetto, non ancora depositato, di Giorgia Latini (Lega). Inoltre secondo Latini “andrebbero introdotte delle sanzioni, dal sequestro temporaneo del telefono a percorsi rieducativi, come la pulizia delle aule”.
E in questo dibattito qual è la posizione del ministro dell’Istruzione? Per capirla bene riscriviamo tutte le parole dette sul tema da Marco Bussetti e riportate integralmente dal Messaggero, perché su altri giornali se ne legge solo una parte: “Penso che i telefonini non debbano esserci a scuola, ma se venissero utilizzati in una didattica innovativa, ben venga. Devono essere regolamentati anche con l’autonomia delle singole scuole e poi ho fiducia nei nostri studenti: di fronte a una proposta di questo tipo, sapranno accettarla”.
Quindi il ministro è favorevole al divieto, sottolinea subito che a decidere nel merito dovranno essere le scuole, nel pieno rispetto delle autonomie scolastiche, e ha anche aggiunto che i device in classe possono essere utilizzati in una didattica innovativa.
Questa manca nella maggioranza degli istituti scolastici in Italia.
Mancano le ore di educazione digitale e mancano professori digitali. Per questo ben vengano lezioni di digital education tenute da esperti del settore, da ambassador e personaggi pubblici sull’uso responsabile degli smartphone, da associazioni privacy e antibullismo per far comprendere agli studenti sia il valore dei dati personali sia i rischi connessi a Internet.
La proposta di Maria Stella Gelmini è completa anche sotto questo punto di vista, perché promuovere anche “l’attività di sensibilizzazione degli alunni su diritti e doveri connessi all’uso di Internet e degli altri strumenti digitali, nonché progetti per prevenire e contrastare il bullismo informatico”.
Smartphone in classe, ok della Francia alla legge che lo vieta fino a 15 anni
E all’estero come viene regolato il fenomeno degli smartphone in classe? Da settembre scorso gli studenti in Francia fino a 15 anni non possono più utilizzare in classe lo smartphone, né qualsiasi altro dispositivo connesso al web. Il divieto è entrato in vigore a livello nazionale in virtù della legge approvata, in via definitiva, dal Parlamento francese. L’uso di smartphone, tablet e smartwatch è consentito solo per usi pedagogici a seconda dei regolamenti interni degli istituti scolastici, che potranno creare una sorta di “deposito” di telefonini all’ingresso della scuola o autorizzare gli allievi a tenerli, spenti, nello zaino.
Perché non replicare una legge simile anche in Italia?
Il caso della scuola nella Silicon Valley ‘Smartphone vietati in classe’. La corsa a iscrivere i figli
La scuola a Waldorf Peninsula, sulle colline di Los Altos, in California, è frequentata dai figli e nipoti dei dirigenti delle aziende hi-tech della Silicon Valley, che pagano fino a 33mila dollari per iscrivere i loro eredi in classi che hanno messo al bando computer, tablet e cellulari.
Chi progetta i device tecnologici non li vuole tra le mani dei figli anche in classe…
La campagna di Key4biz #NoSmartphoneAscuola
Key4biz promuove da tempo una campagna contro l’uso indiscriminato dello smartphone in classe #NosmartphoneAscuola, che resta di stringente attualità.
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