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Smartphone e obsolescenza, un anno di vita in più eviterebbe 4 milioni di tonnellate di CO2

Sappiamo bene che i nostri device elettronici durano troppo poco. Smartphone, frigoriferi, smart tv, aspirapolveri, lavatrici, pc, hanno una vita piuttosto breve. Se solo allungassimo di un anno il loro impiego potremmo evitare l’emissione di 4 milioni di tonnellate di CO2 l’anno in Europa, fino al 2030.

Sempre nello stesso periodo di tempo, se riuscissimo ad estendere la durata della vita dell’UE di questi prodotti di altri cinque anni risparmieremmo quasi 10 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 all’anno.

Un dato straordinario, che equivale a togliere 5 milioni di auto dalle strade per un anno, all’incirca il numero di auto immatricolate in Belgio.

È quanto emerge dallo studio commissionato dall’European Environmental Bureau (Eeb, ong e rete di 143 organizzazioni di cittadini ambientalisti con sede in oltre 30 Paesi) per la campagna “Coolproducts and Right to Repair”, dal titolo “Coolproducts don’t cost the Earth”, dedicato alla lotta contro l’obsolescenza programmata, alla progettazione sostenibile, all’economia circolare e al diritto alla riparazione.

Obiettivo del documento è attirare l’attenzione del lettore e dei decisori pubblici sul forte impatto ambientale che hanno le cosiddette “fasi di non utilizzo” o “non-use phases”. Fino ad ora i regolatori e il legislatore si sono concentrati o sulla riduzione di energia nella fase produttiva o nel contenimento di quella consumata nella fase di utilizzo degli stessi.

Questo studio è un’ulteriore prova che l’Europa non può affrontare i propri obblighi climatici senza cambiare i propri modelli di produzione industriale e di consumo”, ha affermato Jean-Pierre Schweitzer, Policy Officer for the Circular Economy all’Eeb.
Il nostro modello culturale ‘usa e getta’, in cui rientrano totalmente gli smartphone, ha un peso ambientale troppo elevato. Abbiamo bisogno di prodotti che durino di più nel tempo e che possano anche essere riparati in caso di rottura delle sue parti”.
Grazie all’aumentare del sostegno pubblico alla produzione, a prodotti più longevi e duraturi, e grazie ad un’azione per li clima via via più decisa, abbiamo l’opportunità di ripensare radicalmente come immaginiamo tali prodotti, come li produciamo, come li usiamo, dal loro designa al loro riuso, riciclo e quindi smaltimento finale”, ha spiegato Schweitzer.

I computer portatili hanno una vita media di 6 anni, le lavatrici più 11 anni, un aspirapolveri circa 7 anni, gli smartphone appena 3 anni. Partendo da questi dati, si comprende bene quanto elevato sia l’impatto di questi dispositivi elettronici ed elettrici sull’ambiente.

Gli smartphone sono i prodotti che maturano un peso ambientale più grande (le lavatrici anche, ma in termini di consumi energetici e idrici).
L’intero ciclo di vita degli smartphone europei è causa delle emissioni di 14 milioni di tonnellate di CO2 l’anno.
Ogni anno in Europa si vendono 211 milioni di telefonini.

Sebbene sia difficile valutare se e quanto le aziende stiano accorciando intenzionalmente la durata della vita dei prodotti elettrici ed elettronici messi sul mercato (la famigerata “obsolescenza programmata”), la percentuale di dispositivi difettosi sostituiti dai consumatori è passata dal 3,5% nel 2004 all’8,3% nel 2012

A partire dal 2021, se tutto va bene, l’Unione europea dovrebbe veder partire le nuove norme per il trattamento ecosostenibile di questi dispositivi, “si attende solo l’adozione formale da parte della Commissione europea”, forse entro ottobre 2019 sostengono dall’Eeb.
Le nuove regole dovrebbero favorire l’economia circolare e obbligare le imprese e l’industria a realizzare prodotti facilmente smontabili, recuperabili e riutilizzabili, rendendo più facile il lavoro dei riparatori professionisti.

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