La necessità di tutelare la crescita dei giovani di fronte ai nuovi strumenti tecnologici e ai contenuti mediatici, è sempre stata sostenuta a parole dai legislatori, dalle organizzazioni mediatiche e dai cittadini, molto meno perseguita e applicata da chi ne aveva la responsabilità.
Su questo tema così delicato si sono confrontati i differenti punti di vista degli studiosi e degli operatori, oltre agli interessi economici di chi fa comunicazione.
L’Unione Europea indica tre principali motivazioni alla diffusione e all’incremento dell’educazione ai media negli stati membri, come è stato ribadito in una delle ultime conferenze ufficiali comunitarie sul tema:
- L’educazione ai media è un elemento basilare e non eludibile delle democrazie che vogliano restare in salute.
- L’educazione ai media è la risposta necessaria per fare fronte ad un panorama mediatico in continua mutazione e progressivamente sempre più complesso.
- L’educazione ai media può essere un elemento chiave nel contrasto alla radicalizzazione politica, nella diffusione del rispetto reciproco come valore e per l’affermazione dei diritti fondamentali.
In Italia ad oggi poco si è fatto in questa direzione: esiste un Codice di Autoregolamentazione Internet e Minori di cui pochissimi conoscono l’esistenza e che non è purtroppo dotato di un sito internet.
Un passo in direzione di una corretta educazione all’uso dei media è stato fatto dalla Carta per i Diritti in Internet redatta e promossa dalla Camera dei Deputati attraverso una Commissione dedicata, della quale ho fatto parte.
Nella stesura si è potuto dar spazio al concetto dell’Educazione alla Rete con indicazioni precise sull’importanza, il ruolo e le condizioni che a questa formazione devono essere garantiti. Di seguito è riportato il testo integrale dell’articolo 3 della Carta dei Diritti in Internet
Art. 3.
(Diritto alla conoscenza e all’educazione in Rete).
- Le istituzioni pubbliche assicurano la creazione, l’uso e la diffusione della conoscenza in Rete intesa come bene accessibile e fruibile da parte di ogni soggetto.
- Debbono essere presi in considerazione i diritti derivanti dal riconoscimento degli interessi morali e materiali legati alla produzione di conoscenze.
- Ogni persona ha diritto ad essere posta in condizione di acquisire e di aggiornare le capacità necessarie ad utilizzare Internet in modo consapevole per l’esercizio dei propri diritti e delle proprie libertà fondamentali.
- Le Istituzioni pubbliche promuovono, in particolare attraverso il sistema dell’istruzione e della formazione, l’educazione all’uso consapevole di Internet e intervengono per rimuovere ogni forma di ritardo culturale che precluda o limiti l’utilizzo di Internet da parte delle persone.
- L’uso consapevole di Internet è fondamentale garanzia per lo sviluppo di uguali possibilità di crescita individuale e collettiva, il riequilibrio democratico delle differenze di potere sulla Rete tra attori economici, Istituzioni e cittadini, la prevenzione delle discriminazioni e dei comportamenti a rischio e di quelli lesivi delle libertà altrui.
È però evidente che questi ottimi presupposti e raccomandazioni devono essere sviluppati da un supporto legislativo, da adeguati finanziamenti pubblici e dal costante sostegno istituzionale, per non rimanere parole inascoltate ed inutili.
Smartphone in classe, il documento del Miur è monco
In Italia è obiettivamente difficile recepire pienamente tutte queste indicazioni a fronte di una grande arretratezza nella diffusione e nel sostegno pubblico all’alfabetizzazione ai media.
Ho dunque inizialmente accolto con favore il decalogo redatto da una Commissione nominata dal MIUR “Dieci Punti per l’uso dei dispositivi mobili a scuola” in particolare il decimo punto:
“Educare alla cittadinanza digitale è un dovere per la scuola.
Formare i futuri cittadini della società della conoscenza significa educare alla partecipazione responsabile, all’uso critico delle tecnologie, alla consapevolezza e alla costruzione delle proprie competenze in un mondo sempre più connesso”.
Ma dove sono all’interno del documento le indicazioni di come verranno applicate le raccomandazioni, di chi se ne farà carico, con quali risorse finanziarie e con quali tempi?
I millennials non hanno bisogno di adulti che spieghino loro come usare lo smartphone: ogni ragazzino/a conosce meglio di qualsiasi adulto come “smanettare”. Il tema da affrontare è l’uso consapevole, cioè come il Pc o lo smartphone possano divenire strumenti utili e di crescita nelle mani degli adolescenti.
Dopo anni trascorsi nelle aule delle scuole medie superiori con il nostro progetto “Nuovi Occhi per i Media” ho constatato come la maggior parte di ragazzi e ragazze utilizzi lo smartphone in modo passivo, scaricando video, connettendosi con gli amici. Pochi sono quelli che conoscono le mille possibilità offerte dalla tecnologia con la quale si confrontano giornalmente.
La lettura critica delle immagini, le tecniche di cittadinanza digitale, il riconoscimento delle fake news e il contrasto del cyberbullismo, oltre che un’ulteriore serie di attività didattiche studiate per rendere gli studenti cittadini e cittadine autonomi nel giudizio e responsabili nelle azioni, sono azioni indispensabili da non più procrastinare.
L’elemento vincente di questo approccio è puntare sulla formazione dei formatori, preparando le e gli insegnanti, gli educatori professionisti ed anche i genitori, a trattare dei temi più importanti inerenti l’educazione ai media.
Significa unire la preparazione, l’esperienza e la confidenza che queste figure già posseggono a tecniche innovative di analisi, condivisione e proposizione dei messaggi mediatici.
Occorre dunque un concreto Piano Operativo per diffondere l’Educazione ai Media in tempi brevi tenendo presente che il 90% dei giovani utilizza lo smartphone regolarmente e il 20% di questi non lo spegne nemmeno durante la notte.
Per approfondire lo stesso argomento:
- Smartphone in classe? La privacy degli studenti italiani nelle mani delle lobby digitali
- ‘Smartphone in classe? Chi l’ha deciso non conosce le ricerche sugli effetti collaterali’. Intervista a Alberto Contri (Iulm)
- Smartphone a scuola e studenti più distratti, negli USA crescono i casi di suicidi e cyberbullismo
- ‘Smartphone in classe? Un danno. Miur sponsor delle lobby digitali’. Intervista a Daniele Novara (pedagogista)