Smart working nella PA, bozza linee guida
Qualche giorno fa, in occasione dell’avvio del green pass obbligatorio per accedere ai luoghi di lavoro, il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, era tornato sulla questione dello smart working nelle amministrazioni pubbliche.
Brunetta aveva dichiarato già una settimana fa che nella Pubblica Amministrazione (PA) si sarebbe passati da una modalità “emergenziale” a una nuova “normalità” per la regolazione del lavoro da remoto, di cui però non erano state spiegate né disposizioni, né piani di attuazione.
In linea generale, possiamo dire che il ministro non è mai stato favorevole allo smart working dei dipendenti pubblici, una volta passata l’emergenza sanitaria li avrebbe voluti “tutti” di nuovo in ufficio, almeno all’85%.
L’Adnkronos ha oggi pubblicato i punti salienti della bozza delle linee guida sullo smart working nella PA, che sarà “su base volontaria“.
In esse si delinea “la modalità di svolgimento della prestazione lavorativa cosiddetta agile avendo riguardo al diritto alla disconnessione, al diritto alla formazione specifica, al diritto alla protezione dei dati personali, al regime dei permessi e delle assenze ed alla compatibilità con ogni altro istituto del rapporto di lavoro e previsione contrattuale”.
Il diritto alla disconnessione indica una fascia di inoperabilità, in cui “il lavoratore non può erogare alcuna prestazione lavorativa” e che è individuata in 11 ore di riposo consecutive.
Il ministro Brunetta incontra i sindacati
Questo lo schema di linee guida in materia di lavoro agile nella PA presentato da Brunetta ai sindacati in videoconferenza oggi alle 12:00. Una volta approvate saranno integrate nel nuovo contratto degli statali.
Di fatto, ha detto Brunetta: “Linee guida su smart working anticiperanno i contratti“.
“Abbiamo regolato lo smart working – ha detto il ministro, a margine dell’incontro con i sindacati – che sarà totalmente implementabile dal 31 gennaio“, secondo quanto riportato dal quotidiano Il Giorno.
“Pensiamo sia utile per le 32mila amministrazioni italiane poter contare su linee guida sullo smart working che anticipino ciò che sarà previsto nei contratti. Linee guida su cui chiediamo le vostre osservazioni e che poi invieremo alla Conferenza Unificata“, ha precisato il ministro.
“Da fine gennaio avremo strutturato, normato, contrattualizzato e organizzato fuori dall’emergenza il lavoro agile, che dovrà rientrare a pieno titolo in uno dei modi di organizzazione del lavoro nella pubblica amministrazione“, ha detto Brunetta.
I sindacati, si legge su La Repubblica, hanno comunque avanzato delle critiche, sia sul piano della dotazione tecnologica, “impossibile utilizzare solo le linee internet della PA”, sia sullo schema in generale, “disposizioni troppo dettagliate, la regolamentazione va lasciata alla contrattazione collettiva“.
Alternanza casa – lavoro
Al centro della trattativa ci sono alcuni punti chiave, che la bozza comunque contiene e che dovranno delineare le modalità di svolgimento del lavoro agile, come il già citato diritto alla disconnessione, la necessità per il lavoratore di acquisire nuove competenze, la privacy e le nuove modalità di richiesta di permessi e per le assenze.
Soprattutto, non si potrà lavorare solo da casa, 5 giorni su 5, ma bisognerà garantire l’alternanza casa-lavoro, con “un’adeguata rotazione del personale autorizzato alla prestazione di lavoro agile, assicurando comunque la prevalenza per ciascun lavoratore del lavoro in presenza“.
Ogni amministrazione “potrà fare tutto il lavoro agile che vuole“, ha precisato Brunetta, “basta che i servizi siano efficienti e ci sia la soddisfazione dei cittadini“.
La dotazione tecnologica
Poi c’è il capitolo della dotazione tecnologica. Nel documento visionato dall’Agenzia stampa è esplicitato che “per accedere alle applicazioni del proprio ente può essere utilizzata esclusivamente la connessione Internet fornita dal datore di lavoro”.
In nessun caso il lavoratore potrà utilizzare un’utenza domestica per svolgere le ordinarie attività di servizio, mentre se è in possesso di uno smartphone fornito dall’amministrazione “sarà possibile inoltrare le chiamate dall’interno telefonico del proprio ufficio sul cellulare di lavoro”.
Inoltre, l’amministrazione dovrà favorire e assicurare “la raggiungibilità” delle proprie applicazioni da remoto.
Dovranno essere previsti anche “sistemi gestionali e sistema di protocollo raggiungibili da remoto” per il trattamento dei documenti e le istanze.
“Se le applicazioni dell’ente sono raggiungibili da remoto, ovvero sono in cloud, il dipendente può accedere tranquillamente da casa ai propri principali strumenti di lavoro”, si legge ancora nella bozza.
Alternativamente, è specificato, “si può ricorrere all’attivazione di una Vpn verso l’ente, oppure ad accessi in desktop remoto ai server”.
VPN sta per Virtual Private Network ed è una rete privata virtuale che garantisce privacy, anonimato e sicurezza.
Smart working anche dall’estero
Stando ad un’anticipazione pubblicata dal quotidiano il Giorno, le prestazioni in smart working potranno essere svolte “anche dall’estero”, a patto che siano garantite le “condizioni minime di tutela della sicurezza del lavoratore nonché la piena operatività della dotazione informatica e la riservatezza dei dati”.
Questo per favorire alcune condizioni particolari riconosciute, come nel caso dei transfrontalieri o di chi accompagna un coniuge all’estero.
L’adesione del lavoratore alla modalità smart working in ogni caso “ha natura consensuale e volontaria ed è consentito a tutti i lavoratori”.
Infine, come ricordato dal Sole 24 Ore, le linee guida in discussione “individuano anche una serie di categorie d’elezione per lo smart working, tra cui le lavoratrici in gravidanza, in maternità o nei tre anni successivi, i lavoratori con famigliari portatori di handicap, i fragili e chi abita in un Comune diverso da quello in cui lavora”.