Incentivare le imprese ad investire in manifattura digitale e ad aumentare il livello di innovazione tecnologica degli impianti, è quanto previsto dal Ministero dello Sviluppo economico con l’allargamento degli incentivi previsti dallo strumento agevolativo denominato ‘Nuova Sabatini’ (istituito dal decreto legge del “Fare”, o art. 2 decreto-legge n. 69/2013).
Dal prossimo 1° marzo 2017, si legge nel sito web del Ministero, “le imprese che investiranno in tecnologie digitali e in sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti potranno presentare domanda di agevolazione per usufruire del contributo maggiorato, calcolato su un tasso di interesse annuo del 3,575%”.
Le aziende che vorranno candidarsi dovranno farlo esclusivamente utilizzando il nuovo modulo di domanda (‘Release 4.0’) disponibile sul sito internet del dicastero. Pena l’esclusione.
All’interno del nuovo modulo, inoltre, le imprese dovranno indicare la ripartizione tra investimenti cosiddetti ordinari e investimenti in tecnologie digitali, in sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti. I beni materiali e immateriali rientranti tra gli investimenti ‘4.0’ sono individuati negli allegati 6/A e 6/B alla circolare. Con riferimento alla stessa domanda, infine, gli investimenti dichiarati ‘4.0’, se non rientranti negli elenchi di cui agli allegati 6/A e 6/B, non sono ammessi alle agevolazioni e non possono essere ammessi come investimenti ordinari.
Le istruzioni per le imprese, gli schemi di domanda e di dichiarazione da trasmettere per poter beneficiare delle agevolazioni, che lo ricordiamo sono finalizzate principalmente ad incrementare l’innovazione e l’efficienza del sistema imprenditoriale, anche tramite l’innovazione di processo e di prodotto, sono consultabili sulle apposite pagine web istituite dal Mise.
Nelle settimane scorse è stata rilanciata sul Corriere della Sera una ricerca Randstad Workmonitor, in cui emergeva un dato molto interessante e allo stesso tempo di forte impatto negativo sulla realtà imprenditoriale nazionale: due terzi dei lavoratori italiani non hanno competenze digitali adeguate, ma sanno bene che tali skills sono fondamentali per sviluppare una strategia aziendale vincente.
Un dato che pesa, anche sulle scelte del Governo e sulle politiche di sostegno alla trasformazione digitale del tessuto produttivo ed economico. Le imprese italiane sembrano infatti non ancora pronte alla sfida del digitale sui mercati internazionali e il fatto che il 67% dei lavoratori italiani chiede di potersi formare e accrescere le proprie competenze digitali aggrava ulteriormente il panorama nazionale, che evidentemente non ha una strategia precisa sulla digital economy.