Città che crescono, consumano e inquinano
Oggi le città occupano appena il 3% della superficie terrestre, ma incredibilmente sono responsabili di più del 70% delle emissioni mondiali di diossido di carbonio o CO2.
Un dato straordinario in negativo, frutto di una concentrazione umana in aree metropolitane assolutamente fuori misura: oggi vivono in città più di 4,1 miliardi di persone, il 56% del totale dell’umanità secondo dati delle Nazioni Unite.
Le città inoltre, consumano il 78% di tutta l’energia disponibile a livello globale: carbone, petrolio, gas naturale, legna, combustibili nucleari, fonti rinnovabili (sole, vento, idroelettrico, geotermico), legna compresa.
Ecco perché è così importante intervenire nel settore delle costruzioni, perché gran parte del consumo di energia e delle emissioni di gas serra in città avvengono a livello abitativo. La tecnologia può fare molto per ridurre l’impatto ambientale provocato dalle città e negli ultimi anni si è imposto il paradigma delle smart home (come costola del più ampio panorama delle smart cities).
La smart home al centro delle politiche green
Oggi il mercato mondiale delle smart home potrebbe arrivare a valere 84,5 miliardi di dollari entro la fine del 2021, ma secondo un nuovo studio Markets and Markets per il 2026 è stato stimato un valore di mercato delle smart home che sfiorerà i 139 miliardi di dollari.
Il tasso di crescita medio annuo per il periodo preso in considerazione dal Rapporto (Cagr 2021-2026) è atteso attorno al +11% dallo studio.
Efficienza energetica, energia pulita, riduzione di consumi ed emissioni, diversi strumenti tecnologici per la gestione dei sistemi di riscaldamento/raffreddamento, per l’interazione in tempo reale e anche da remoto con qualsiasi altro dispositivo elettronico ed elettrico presente in casa (internet delle cose), sistemi di sicurezza, per l’identificazione e l’accesso, questi sono solo alcuni fattori che caratterizzano una smart home.
Una soluzione utile alla transizione ecologica?
Per decarbonizzare, oggi, non bisogna solo trovare fonti energetiche e vettori energetici a zero emissioni (come le rinnovabili o l’idrogeno verde), ma è altrettanto fondamentale investire, oltre che in modelli culturali orientati al rispetto e alla tutela dell’ambiente, in tecnologie e tecniche per l’efficienza energetica, che sono alla base della riduzione dei consumi da qui al 2050, quando l’Europa si augura di diventare il primo continente carbon neutral.
Quando parliamo di smart home, parliamo inevitabilmente di elettronica. Oggi per realizzare smartphone, tablet, Pc, televisori connessi in rete, altri dispositivi sparsi per casa ma sempre connessi ed interconnessi (a cui aggiungere le auto elettriche, i pannelli fotovoltaici e la stessa fibra ottica), ci riferiamo ad apparecchi e tecnologie che per funzionare hanno bisogno di molte risorse naturali, tra cui le cosiddette “terre rare”.
Secondo stime dell’American Chemical Society, un solo iPhone può arrivare contenere 16 terre rare su 17, ma nel loro insieme non superano l’1% del peso del dispositivo.
Diventa quindi indispensabile il riciclo ed il riutilizzo di questi metalli e minerali così difficili da trovare (scarsità di approvvigionamenti) e così impattanti a livello ambientale, economico e certamente umano, perché per la loro estrazione si sfruttano spesso anche bambini per pochi dollari al giorno, con gravi costi sanitari, ma anche naturali, visto l’elevato livello di inquinamento che si registra attorno ai siti di estrazione.
Il mercato italiano smart home
A livello regionale, in Italia è atteso un volume di ricavi per il settore smart home di circa 845 milioni di dollari entro la fine dell’anno in corso, mentre il valore generale del settore potrebbe raggiungere 1,5 miliardi di dollari entro il 2025.
Per quest’ultima data, si stima che nel nostro Paese almeno 6 milioni di famiglie italiane vivranno in delle smart home.
In Europa, infine, nel 2020, il mercato delle apparecchiature e dei sistemi per la smart home è aumentato del +24%, causa dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia di Covid, per un controvalore di oltre 28 miliardi di euro tra Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Spagna, Paesi Bassi e Belgio.