Pubblicato il ventunesimo Rapporto di Legambiente “Ecosistema urbano”, realizzato assieme a Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore. Durante la presentazione della nuova edizione dello studio a Torino sono state evidenziate alcune vulnerabilità delle città italiane, sempre più inquinate, congestionate dal traffico privato e avvelenate da una gestione dei rifiuti assolutamente inefficiente e non all’altezza dei progetti smart city sin qui annunciati.
Quest’anno, sono 18 gli indicatori selezionati per confrontare tra loro i 104 capoluoghi di provincia italiani. Tre indici sulla qualità dell’aria (concentrazioni di polveri sottili, biossido di azoto e ozono), tre sulla gestione delle acque (consumi, dispersione della rete e depurazione), due sui rifiuti (produzione e raccolta differenziata), due sul trasporto pubblico (il primo sull’offerta, il secondo sull’uso che ne fa la popolazione), cinque sulla mobilità (tasso di motorizzazione auto e moto, modale share, indice di ciclabilità e isole pedonali), uno sull’incidentalità stradale, due sull’energia (consumi e diffusione rinnovabili). Quattro indicatori su diciotto selezionati per la classifica finale (tasso di motorizzazione auto, tasso di motorizzazione moto, incidenti stradali e consumi energetici domestici) utilizzano dati pubblicati da Istat.
Il confronto con i nostri vicini europei è fondamentale per leggere correttamente le classifiche di Ecosistema Urbano e il risultato rimane drammaticamente negativo, perché le principali città europee di grandi e medie dimensioni stanno dimostrando una maggiore capacità di rigenerazione e innovazione su standard smart city molto elevati.
“Non mancano i segnali di cambiamento: il successo della raccolta differenziata a Milano e Andria, il car-sharing a Roma e Milano, le pedonalizzazioni a Bologna, la mobilità a Bolzano – ha dichiarato in una nota il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza – pochi segnali positivi in una situazione bloccata”. “Quello che davvero manca è la capacità di immaginare il traguardo, il punto d’arrivo verso cui tendere, sia nel breve che nel lungo o lunghissimo periodo. In assenza di obiettivi chiari e ambiziosi – ha spiegato Cogliati Dezza – le nostre città non andranno da nessuna parte, schiacciate come sono da logiche parziali e settoriali, a compartimenti stagni”.
Anche prendendo la testa della classifica, con le prime cinque città, Verbania, Belluno, Bolzano, Trento e Pordenone, si nota subito che i livelli di CO2 e inquinamento atmosferico dovuto a biossido di azoto sono troppo elevati, che lo spreco di risorse idriche è inaccettabile e che gli scarichi fognari depurati, ad esempio, sono una percentuale purtroppo ancora troppo bassa.
È facile immaginare quindi cosa si troverà nel resto della classifica e soprattutto nelle zone più basse, che vedono le città del Sud Italia in una situazione gravissima in termini di sostenibilità ambientale, vivibilità, soluzioni clean tech adottate e di politiche ambientali attivate.
Le cinque peggiori realtà urbane del Paese, secondo lo studio di Legambiente, dalla posizione 99 alla 104, sono Reggio Calabria, Catanzaro, Messina, Crotone, Isernia e Agrigento. Città che collezionano una lunga serie di insuccessi e assenze negli indici più significativi della ricerca, con performance molto poco brillanti.
A mancare, secondo Legambiente, è un piano nazionale che assegni alle città un posto di primo piano nell’agenda politica e che superi la frammentazione dei singoli provvedimenti, mostrando una capacità politica di pensare un modo nuovo di usare e vivere le città. “Purtroppo, il decreto SbloccaItalia rappresenta solo l’ennesima occasione persa. E le città pagheranno anche questo”, ha commentato amaramente Dezza.
Nel complesso, l’inquinamento atmosferico resta ancora a livelli di emergenza, la diffusione sistematica della mobilità muova (piedi e bici integrati con trasporto pubblico efficiente)è una realtà ancora lontana, mentre per quanto riguarda la raccolta differenziata ancora un terzo dei comuni che non raggiunge nemmeno l’obiettivo del 35% previsto per il 2006 (fortunatamente cresce il numero di quelli che superano il 50%).