La Gran Bretagna deve fare i conti non solo con gli effetti della Brexit, l’uscita del Paese dall’Unione europea, ma anche con l’incapacità o le difficoltà delle amministrazioni cittadine di portare avanti progetti smart city, molti dei quali concordati proprio con il Governo.
Secondo un nuovo studio Lucy Zodion condotto da DJS Research, la carenza di risorse finanziarie, la mancanza di adeguate competenze del personale amministrativo e l’assenza di figure manageriali in grado di apportare esperienza e capacità di risolvere problemi, sono le principali barriere che si frappongono alla promozione/realizzazone di progetti di città intelligente sul territorio.
Su 187 amministrazioni pubbliche di varia grandezza, tra Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord, coinvolte nella ricerca, l’80% ha dichiarato di essere poco o per niente coinvolto nello sviluppo di iniziative smart city.
Un duro colpo all’immagine di una Gran Bretagna che investe sull’innovazione tecnologica per il rilancio dell’economia nazionale e la conquista di nuovi mercati internazionali (soprattutto in chiave smart mobility e Internet of Things).
Il rischio più grande, secondo i ricercatori, è l’avvio di un processo di diffusione diseguale di soluzioni smart city su tre livelli: amministrazioni che hanno soldi e risorse culturali e manageriali, altre che hanno poco di entrambi gli aspetti e altre ancora, infine, che resteranno completamente fuori dal processo di trasformazione e rigenerazione urbana.
Mancano inoltre, in molti casi, una roadmap chiara e condivisa, una migliore redistribuzione delle risorse finanziarie, una reale capacità di comprendere i linguaggi dell’innovazione tecnologica, canali di comunicazione privilegiati tra Governo centrale e amministrazioni locali, piattaforme collaborative per condividere esperienze e soluzioni, una visione generale dei reali benefici apportati all’economia locale e alla qualità della vita dei cittadini dalla realizzazione di questi progetti.