Il moltiplicarsi dei dispositivi elettronici connessi in rete che possono essere utilizzati anche in casa, magari integrati ai tradizionali elettrodomestici (frigorifero, lavastoviglie, forno, televisione, ma anche impianto elettrico, idrico, di sorveglianza e di riscaldamento), sta cominciando ad attirare l’interesse e la curiosità di aziende e persone.
L’internet delle cose e le piattaforme machine-to-machine (M2M) hanno spinto Samsung all’acquisto di SmartThings e Google della startup Nido, con Apple che ha annunciato un nuovo homekit per l’automazione della casa durante il recente Worldwide Developers Conference (WWDC).
In Gran Bretagna si parla molto di smart home (l’applicazione domestica dell’internet delle cose), anche a livello di consumatori. Le aspettative sono elevate, riporta uno studio di eMarketer, e alla fine di quest’anno saranno l’11% del totale le abitazioni del Regno Unito (nel 2013 il dato era all’8%) che potranno essere considerate ‘smart’.
Un trend positivo che, secondo Strategy Analytics, porterà il mercato smart home a raddoppiare già nel 2017 (+22%), per poi affermarsi con più forza nel 2018 (+24%) e nel 2019 (+27%).
A giugno di quest’anno, secondo un sondaggio Gekko, il 68% degli internauti britannici ha sottolineato l’importanza del costo di tali soluzioni tecnologiche per la casa automatizzata. Il 45% di loro, infatti, ha dichiarato di non potersela proprio permettere una smart home, il 44% considera tale tecnologia assolutamente non indispensabile, il 23% non in grado di usarla e quindi di viversi, il 21% preoccupato per la privacy e l’utilizzo dei dati personali da parte delle aziende fornitrici di tecnologia e servizi.
Nel 2019, però, in base allo studio di Strategy Analytics, oltre un quarto degli inglesi vivrà in una casa automatizzata e connessa in rete, primo vero passo per lo sviluppo di smart city di ultima generazione in tutto il Paese.