Il processo di urbanizzazione è iniziato molto tempo fa e arriverà a maturazione più o meno nel 2050. Non è stato un percorso univoco ed omogeneo, alcune aree del pianeta hanno già raggiunto il livello di maturazione (come Europa e Stati Uniti), altre lo raggiungeranno nei prossimi anni (Asia, Africa centrale e Sud America).
Le Nazioni Unite hanno stimato che, entro il 2050, il 70% circa della popolazione mondiale vivrà in centri urbani. L’Asia guiderà questa migrazione decennale.
Secondo le proiezioni del Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali delle Nazioni Unite, entro il 2050 circa 2.5 miliardi di persone in più abiteranno in città. Entro il 2030, nel mondo esisteranno 43 megalopoli con popolazione oltre i 10 milioni di abitanti, contro le 33 attuali (erano solo 10 nel 1990).
In questo scenario estremamente dinamico si inserisce il paradigma smart city. Per affrontare il nuovo processo di urbanizzazione globale servono soluzioni tecnologiche, tecniche ed organizzative (politiche, amministrative, regolatorie, normative, culturali, sociali) del tutto inedite.
È probabile che la crescita più rapida delle città avverrà in Asia, soprattutto Cina e India.
L’ultimo aggiornamento della “IDC Worldwide Semiannual Smart Cities Spending Guide” per l’area Asia-Pacifico (non includente il Giappone), relativa a oltre 100 città, stima la spesa in progetti ed iniziative smart city in 35,4 miliardi di dollari per il 2019, in aumento del 17% sull’anno passato.
Le sole città di Pechino, Shanghai, Singapore e Seoul potrebbero arrivare ad investire in progetti smart city più di 4 miliardi di dollari entro la fine dell’anno in corso.
Gran parte delle iniziative, hanno spiegato i ricercatori IDC, è integrata a più vasti progetti di digital transformation nazionali, con particolare attenzione da parte delle amministrazioni pubbliche e delle imprese alle tecnologie cloud, edge e IoT (Internet of things).
Il segmento hardware riceverà almeno il 40% degli investimenti, seguito da quello dei servizi (atteso sul podio entro il 2022), delle tecnologie software e della connettività.
I progetti smart city presentati in Asia generalmente sono rivolti alle infrastrutture critiche nel loro complesso, soprattutto energia, tlc, risorse idriche e trasporti, ma anche alla sicurezza pubblica (fisica e virtuale, dalla video sorveglianza alla cybersecurity), ai big data, alla gestione intelligente del traffico, alla mobilità clean & smart, all’ambiente e alla resilienza, al 5G ovviamente.
Proprio il Giappone, che è stato escluso dallo studio IDC, ha annunciato la scorsa settimana la volontà di portare il 5G in tutte le prefetture e le città del Paese entro massimo due anni.
Tutti i principali operatori di rete del Paese asiatico, secondo quanto riportato da asia.nikkei.com, hanno assicurato il lancio delle prime reti commerciali 5G entro il 2020, per piano quinquennale che costerà complessivamente circa 15 miliardi di dollari (1.600 miliardi di yen).
Il Ministero delle comunicazioni giapponese ha suddiviso l’isola in 4.500 blocchi che richiedono la realizzazione delle infrastrutture necessarie per accogliere la rete 5G, tra cui le nuove base station.
Le più recenti stime elaborate da IHS Markit, l’apporto del 5G al PIL del Giappone è calcolato in circa 500 miliardi di dollari entro il 2035.