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Smart city e clima, 102 città firmano a New York il patto zero emissioni entro il 2050

Entro una decina di anni il 60% della popolazione mondiale abiterà in grandi ed estese aree urbane. Saranno più di 40 le megalopoli globali con più di 12 milioni di cittadini, già nel 2025. A partire dal 2030, ogni settimana più di 1,5 milioni di persone si trasferirà a vivere in città. Le conseguenze dirette di tutto questo processo di migrazione urbana immenso, mai visto sulla faccia della Terra, sono: aumento dell’inquinamento, aumento dei rifiuti, aumento dei consumi energetici ed idrici, diseguaglianze sociali ed economiche crescenti, esclusione ed emarginazione di un numero crescente di persone.

Solo in termini di rifiuti, l’immondizia prodotta in città crescerà del 70% entro il 2025, secondo stime della Banca mondiale. Entro il 2050, il 70% della popolazione umana avrà scelto le città come posto dove vivere, crescere, studiare e lavorare. Un livello così alto di inurbati non può che determinare un’impennata dei consumi energetici, che potrebbero raggiungere l’80% del totale planetario, con un equivalente volume di emissioni di gas serra (diossido di carbonio, protossido di azoto, metano, esafluoruro di zolfo, vapore acqueo, clorofluorocarburi e altro alocarburi molto nocivi).

Ieri si è aperto a New York il Climate Action Summit, l’incontro di capi di Stato e di Governo, che di fatto ha aperto la 74° Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per fare il punto sullo stato dei cambiamenti climatici e sulle azioni da mettere in campo al più presto. Il summit è stato voluto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, con l’obiettivo di rafforzare la volontà comune di ridurre le emissioni del 45% entro il 2030, di non costruire nuove centrali a carbone e di chiudere i rubinetti finanziari all’industria dei combustibili fossili (petrolio, gas, metano, carbone).

Solo il global warming (il surriscaldamento globale) costa a Governi e cittadini la bellezza di 12 miliardi di dollari l’anno. Poi ci sono i danni economici (e sociali) legati ai cambiamenti climatici, tra cui fenomeni atmosferici particolarmente violenti, siccità prolungate, innalzamento del livello di mari e oceani (un miliardo di persone abita lungo le coste dei continenti), perdita di biodiversità, carestie, malattie e molto altro ancora.

Al momento, se non ci atterremo ai suggerimenti della comunità scientifica, cioè rimanere sotto i 2°C di aumento della temperatura media del pianeta, la traiettoria che stiamo percorrendo purtroppo è quella che ci porterà addirittura sopra i 3°C di aumento entro la fine del secolo, con disastrose conseguenze per noi tutti e gli ecosistemi.

Al momento, sotto l’ombrello delle Nazioni Unite, 66 Paesi, 102 città e 93 imprese (tra cui Nestlé, Nokia e L’Oréal) si sono impegnati a raggiungere zero emissioni entro il 2050.
Proprio le città, con i progetti smart city in corso e nel cassetto, possono fare la differenza.

La strada è quella della carbon neutrality entro il 2050 e, secondo nuove ricerche internazionali, gli investimenti in misure di decarbonizzazione urbana potrebbero restituire alla comunità risorse pari a 24 mila miliardi di dollari entro la metà di questo secolo.

In tal modo, si legge nello studio della Coalition for Urban Transitions, si potrà tagliare il 90% delle emissioni inquinanti urbane e creare in tutto il mondo 87 milioni di nuovi posti di lavoro.

Per raggiungere questi risultati, però, c’è bisogno di un energico programma di investimenti dei Governi nazionali e delle amministrazioni cittadine, pari a 1.800 miliardi di dollari l’anno da qui al 2050, che potrebbero generare un ritorno calcolato in più di 1.800 miliardi di dollari annui.

I piani più ambiziosi sono emersi proprio in questi giorni a New York dalla cooperazione fra pubblico e privato, si legge sull’Avvenire, come le grandi imprese del settore delle assicurazioni, che, in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo e i Governi di Germania e Regno Unito, hanno offerto 5 miliardi di dollari entro il 2025 per assistere 20 Paesi vulnerabili alle catastrofi climatiche. Ma non basta.
Le organizzazioni non governative hanno sottolineato, invece, ritardi evidenti, come quello dell’Unione europea, nel rendere più rapida e decisiva la riduzione dei gas serra dal 40 al 65% entro il 2030.

Cifre impressionanti, che dovranno essere trovate per far fronte ai nuovi standard di sostenibilità ambientale delle smart cities mondiali.
Un recente studio pubblicato da Market Insights Reports, si stima che il mercato mondiale delle smart cities varrà quasi 1.500 miliardi di dollari entro il 2024, mentre la spesa in infrastrutture, tecnologie e servizi si aggirerà attorno ai 34 miliardi di dollari a partire dal prossimo anno (dati Consumer Technology Association).

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