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SLP-CISL a congresso. Il segretario Burgalassi: ‘Poste Italiane diventi il motore digitale della modernizzazione del Paese’

In corso a Montesilvano il VII Congresso nazionale della SLP, il potente e rappresentativo sindacato dei postelegrafonici della CISL, che ha raccolto nella cittadina abruzzese un migliaio di delegati provenienti da tutta Italia.

Un appuntamento che va ben al di là della tradizionale liturgia sindacale per almeno due ragioni: il peso del sindacato dei postelegrafonici all’interno dell’azienda e il ruolo di Poste Italiane nell’economia e nella società italiane.

SLP ha un peso aziendale incomparabile rispetto agli altri sindacati tra i lavoratori di Poste Italiane, con oltre il 53% dei dipendenti sindacalizzati, ma quel che più conta, ha da sempre proprie idee sul futuro dell’azienda che vanno ben al di là della semplice difesa dei livelli occupazionali.

Poste Italiane da canto suo rappresenta la più grande azienda italiana, con oltre 140.000 dipendenti, una ramificazione territoriale possente con oltre 14.000 uffici e punti di contatto con il pubblico, un ruolo di servizio incommensurabile con altri servizi (nei circuiti di Poste Italiane transitano ogni giorno oltre 2 miliardi di euro).

Il ruolo di SLP negli ultimi tre anni è stato innegabilmente di frontiera. Un ruolo di frontiera incapsulato nel triennio di gestione Caio, un amministratore delegato che ha marciato per la sua strada incurante delle sollecitazioni del mondo dei dipendenti e che aveva fatto della privatizzazione di Poste Italiane il suo cavallo di battaglia in ossequio ai desiderata del governo.

Una gestione, quella di Caio, che il sindacato non ha mancato di censurare per innumerevoli ragioni:

a) per la caparbietà del top management di voler privatizzare con modalità dannose per il ruolo dell’azienda, senza alcun confronto interno;

b) per la mancanza di un piano industriale adeguato allo sviluppo dell’azienda e in sintonia con il Paese, piuttosto che con i conti dello Stato;

c) per l’inasprimento delle relazioni industriali (Caio ha rifiutato ogni contatto costruttivo con il sindacato, in linea con quanto accadeva peraltro tra il governo Renzi e le grandi centrali sindacali).

Ora Caio è andato e nelle ultime settimane della sua gestione si è anche incrinato il fronte governativo favorevole alla privatizzazione maggioritaria della proprietà di Poste Italiane, con il ministro Padoan da un lato e il sottosegretario Giacomelli dall’altro. Del resto come si fa a privatizzare un pezzo significativo di azienda, con la motivazione di far cassa, quando la capacità di resa della stessa azienda è tale da ripagare in soli pochi anni gli importi previsti dalla ulteriore privatizzazione? Un non-sense contabile che sarebbe rifiutato ragionevolmente da qualsiasi “buon padre di famiglia”.

Ma vediamo cosa sta emergendo da questo VII Congresso di SLP di Montesilvano.

Innanzitutto l’analisi dello stato attuale. La relazione del segretario generale uscente Luca Burgalassi è stata molto politica, con un’analisi approfondita sul clima interno al governo e sulle relazioni tra partiti, ma innanzitutto sulle condizioni ambientali che hanno portato al cul-de-sac in cui si trova attualmente Poste Italiane: una privatizzazione sospesa, l’esigenza di modernizzare l’azienda, la natura dei cambiamenti in atto.

Punto di partenza anche scontato, la consapevolezza dell’entrata in crisi dell’intero settore della corrispondenza.

Si scrive di meno?

No, ma si scrive di meno per lettera; si usano mail, WhatsApp e post sui social per inviare le “cartoline”. Discorso a parte per i pacchi, dove le Poste hanno rinunciato all’esercizio di un dominio naturale sul settore. E poi la corrispondenza a giorni alterni, la marginalizzazione dei postini (un esercito vigoroso, che conosce a menadito il territorio e che potrebbe essere usato in molti modi), infine un clima di irrespirabile pressione sui lavoratori spinti a soffiare su prodotti di terze parti piuttosto che sui prodotti tradizionali del risparmio postale: una circostanza devastante che potrebbe portare alla graduale desertificazione del flusso finanziario verso Cassa Depositi e Prestiti ovvero a favore del portafoglio pubblico italiano che finanzia lo sviluppo del sistema-Paese. Pensare che tale impoverimento può esser determinato solo dalla volontà di far arricchire gestori del risparmio gestito venduto attraverso gli sportelli di Poste Italiane fa accapponare francamente la pelle.

Ora, via il vecchio top management e appena giunti Presidente e Amministratore Delegato freschi di nomina, Poste Italiane potrebbe avviare un nuovo ciclo, e l’auspicio i SLP-CISL è che ci sia innanzitutto una inversione di tendenza a partire dal ripensamento sulle modalità di privatizzazione (ovvero che si mantenga la maggioranza pubblica dell’azienda) fino alle relazioni industriali, che secondo Luca Burgalassi, sono al minimo storico degli ultimi quindici anni.

Cosa contesta il segretario generale Burgalassi all’azienda?

Di aver “…concentrato energie e risorse nello sviluppo del settore finanziario e assicurativo…”, di aver consentito che i servizi postali “…venissero progressivamente abbandonati a se stessi…”, di aver accentuato negli ultimi anni “…la sofferenza della rete commerciale, sottoposta ad uno ‘stress da prestazione’ per nulla utile a migliorare l’andamento del business. Molti di loro stanno gettando la spugna e questo è un bruttissimo segnale”.

Ma Burgalassi contesta anche al top management degli ultimi anni di aver mancato, al di là di alcune operazioni di facciata, l’appuntamento con l’innovazione. “Poco si è fatto in questi anni sui business ‘innovativi’, salvo l’eccezione della costituzione dell’operatore mobile lanciato sotto la gestione Sarmi. È opportuno inoltre ricordare che, al di là delle enunciazioni di principio, l’Azienda non è riuscita a offrire un contributo significativo all’agenda digitale definita nelle sue linee guida dalla Agenzia nominata dal Governo. Tra l’altro, la grande opportunità legata alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, nella quale Poste può assumere un ruolo centrale, non è stata sino ad ora opportunamente esplorata. Vale la pena ricordare che tutte le tematiche, le enunciazioni di principio e le opportunità legate al ruolo di Poste nel passaggio all’economia digitale sono rimaste largamente inespresse, fatto salvo…ahimè …per qualche area WI-FI nei più importanti uffici postali. Poste, per noi, dovrebbe essere davvero motore di sviluppo inclusivo e strumento di contrasto al cosiddetto digital divide che ancora oggi caratterizza alcune fasce della popolazione italiana”.

E allora cosa fare?

Puntare sulla modernizzazione dell’azienda: “…Poste ha tutto, ma proprio tutto (sistema dei pagamenti, sedi logistiche sotto utilizzate, reti di trasporto, reti immateriali) per essere il top player della logistica in Italia e per essere la porta di accesso a tutti i cittadini verso l’economia e la società digitale…”. Un obiettivo su cui il sindacato SLP-CISL vuole investire la propria capacità creativa, con un contributo costruttivo e con la disponibilità dei lavoratori a rendersi permeabili e flessibili sulle innovazioni che avanzano, impegnandosi per questo a dare luogo a processi profondi di formazione; perché nella società che cambia sotto la guida dell’innovazione, i lavoratori devono essere ben consapevoli di dover raccogliere la sfida della conoscenza e dell’apprendimento continuo.

Un obiettivo alto, su cui il sindacato SLP intende spendere la propria capacità mobilitativa offrendo la disponibilità dei lavoratori di contribuire fattivamente ai successi dell’azienda, purché si punti alla valorizzazione delle risorse e al ruolo sociale ed economico che Poste Italiane deve mantenere nella società italiana.

Obiettivi alti su cui si misureranno le capacità del sindacato e le disponibilità del nuovo management aziendale.

Di sicuro, però, il Paese non può limitarsi ad assistere, perché Poste Italiane può realmente essere il motore della modernizzazione digitale del Paese.

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