Key4biz

Slitta “di qualche giorno” l’elezione dei 4 membri del Cda Rai che era calendarizzata per domani mercoledì 7 luglio in Parlamento?

I segnali del rischio di slittamento della data per l’elezione dei 4 membri del Consiglio di Amministrazione Rai di nomina parlamentare c’erano stati: intanto, la calendarizzazione era stata decisa dal Presidente della Camera, per domani mercoledì 7 luglio 2021, ma non s’era avuta conferma da parte della Presidente del Senato, ed in effetti nessuna traccia nel calendario di Palazzo Madama, fino alla conferenza dei capigruppo prevista per giustappunto martedì 6 luglio alle ore 16.30… E poi c’era chi aveva interpretato la risposta dell’Amministratore Delegato ad una domanda postagli in occasione della presentazione dei palinsesti Rai, tre settimane fa, non soltanto come un… lapsus: Fabrizio Salini annunciava che verosimilmente la presentazione del “bilancio sociale” 2020 di Viale Mazzini ci sarebbe stata a… settembre, e quindi con l’attuale Cda ancora in sella (vedi “Key4biz” del 22 giugno 2021, “La Rai presenta i palinsesti. Salini in prorogatio fino a settembre?”).

Quel che stupisce (continua a stupire noi… “gonzi”?!) è la totale assenza di prese di posizione dei partiti, rispetto a questo slittamento della data: l’unico che oppone fiera resistenza è l’esponente di Italia Viva il deputato Michele Anzaldi che, però, martellando tutti i giorni contro la Rai attuale, ormai non fa più notizia.

Nella mattinata di oggi, alcuni segnali: il Presidente Roberto Fico conferma l’agenda di Montecitorio per domani, ma alle ore 10:45 Adnkronos batte un flash “Gruppi M5S chiedono rinvio voto su candidati Cda Rai”. Dopo venti minuti, Ansa conferma, citando imprecisate “fonti parlamentari”.

Alle 11:20, l’agenzia diretta da Gianmarco Chiocci precisa: “il Movimento Cinque Stelle, a causa di tensioni interne ai gruppi parlamentari sul candidato del Cda Rai da votare domani nelle Aule di Camera e Senato, ha chiesto il rinvio del voto stesso. A questo punto resta da capire se tale rinvio verrà accolto e in tale caso mettere in conto che il rinnovo del Cda Rai potrebbe slittare a fine luglio, vista anche la calendarizzazione del Ddl Zan la prossima settimana. Ddl che già è al centro di forti tensioni nella maggioranza che sostiene il governo Draghi”. Adnkronos riporta: “al momento i candidati possibili dei pentastellati sono Paolo Favale, Antonio Palma e Luigi Di Majo ‘sfavorito’, raccontano, proprio dal nome così simile a quello del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio”. Secondo l’agenzia, “intanto anche la partita per decidere Presidente e Ad Rai è in pieno svolgimento. Al momento in pista per il ruolo di amministratore delegato ci sarebbero Giorgio Stock, ex presidente di Warner Media; Matteo Maggiore (attualmente Direttore della Comunicazione alla Banca Europea degli Investimenti, già Direttore presso l’Ocse a Parigi e, prima, a Londra come responsabile degli affari europei e internazionali della Bbc) e Paolo Del Brocco, attuale ad di Rai Cinema, gradito in modo piuttosto trasversale ai partiti. Resta certo, ancora, il binomio uomo donna, tale per cui se l’ad è uomo, il presidente, viceversa, è donna. Restando in casa Cinque Stelle, sembra unitaria la propensione per Beatrice Coletti Presidente” (Adnkronos).

E qui ci fermiamo, perché non ci vogliamo impantanare nelle sabbie mobili del toto-nomine

La notizia del giorno è comunque una intervista a piena pagina del (quasi) ex Presidente della Rai, Marcello Foa, firmata da Francesco Bei su “la Repubblica” (e richiamata anche in prima pagina).

Intervista veramente curiosa, quasi imbarazzante, perché Foa sembra quasi un osservatore esterno (un marziano?!), che critica la lentezza con cui Viale Mazzini avrebbe reagito al mutato scenario mediale…

Usigrai: il Presidente Foa è stato per 3 anni… “un passante” in Rai?!

Come non condividere il commento ironico manifestato dall’Esecutivo del sindacato dei giornalisti Rai?! “L’intervista rilasciata oggi a Repubblica dal Presidente della Rai, Marcello Foa è imbarazzante. Per lui. Sembra che a parlare sia un passante. E invece è un signore che ha avuto la guida del Cda, e la rappresentanza legale, della Rai per 3 anni”.

L’Usigrai propone un elenco di presunte inadempienze: “è evidente che nel bilancio di fine mandato di Foa ci siano gravi omissioni: (1.) nulla dice sul fatto che la sua nomina a Presidente sia avvenuta con una forzatura della legge perché è stato indicato dal Governo; (2.) nulla dice sulla ulteriore forzatura della legge avvenuta in occasione della ratifica della nomina, visto che è stato necessario un secondo voto della Vigilanza; (3.) nulla dice sulla vicenda della mail truffa in cui è ingenuamente inciampato e che ha fatto rischiare alla Rai un grave danno economico; (4.) nulla dice sull’annuncio in pompa magna da parte sua della partecipazione della Rai a un grande progetto Ebu di una piattaforma internazionale dei Servizi Pubblici, progetto rimasto solo uno dei suoi annunci a vuoto; (5.) nulla dice sugli attacchi che ha riservato a giornalisti dell’azienda che amministra, con lezioni degne di un 3 all’esame di giornalismo, e ovviamente continua a tacere sui silenzi che lo hanno colpito quando doveva invece, da amministratore del Servizio Pubblico, difenderne l’autonomia e la libertà…”. L’elenco potrebbe continuare – conclude Usigrai – perché “gli episodi non mancano ma per brevità ci fermiamo, considerando che già solo per uno degli episodi sopra citati la dignità e serietà richieste per l’importanza del ruolo che si ricopre, avrebbero dovuto sollecitare quanto meno un senso d’inadeguatezza”.

Va dato però atto al Presidente Marcello Foa (eletto “in quota” Lega Salvini, si ricordi) di un cenno positivo, nella sua lunga intervista a “la Repubblica”: dichiara di aver apprezzato l’audizione in Parlamento del Direttore Generale dell’European Broadcasting Union (Ebu alias Uer) Noel Curran, tenutasi ormai un mese e mezzo fa, 18 maggio 2021 (ma di cui è stato pubblicato lo stenografico soltanto il 23 giugno).

L’audizione del Dg dell’Ebu Noel Curran il Commissione Vigilanza Rai

Audizione tenutasi nell’economia della “indagine conoscitiva sui modelli di governance e sul ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo, anche con riferimento al quadro europeo e agli scenari del mercato audiovisivo”: apprezzabile iniziativa promossa dal Presidente della Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi Alberto Barachini (Forza Italia), ma sviluppata con deprimente andamento lento. E – ahinoi – nessuna ricaduta mediatica sul dibattito sui futuri possibili della Rai, come se si trattasse di un esercizio intellettuale clandestino, di “quattro amici al bar”…

Purtroppo non sono state messe a disposizione sul sito web della Commissione di Vigilanza le diapositive che Curran ha proposto alla Commissione, né il suo rapporto di ricerca, ma non è la prima volta che si osserva che una parte della documentazione sottoposta ai commissari non viene poi resa di pubblico dominio.

Interessante un passaggio dell’intervento di Curran, rispetto all’entità delle risorse di Viale Mazzini: “se andiamo a vedere (…) i dati pro capite, il quadro si modifica per quanto riguarda la Rai, che, a questo punto, si trova al di sotto della media delle 15 principali emittenti Psm (Public Service Media): la Rai è quarta dal basso, quindi al di sotto della media; la Germania è la prima per i dati pro capite, cui seguono Austria, Regno Unito, Danimarca, Finlandia, eccetera. Con un calcolo pro capite, quindi, la Rai è al di sotto della media dei 15”. In buona sostanza: le risorse complessive della Rai sono poche ed inadeguate rispetto alla sua missione di servizio pubblico. E c’è chi ricorda l’entusiasmo dell’ex Premier Matteo Renzi quando si vantò di aver ridotto da 100 a 90 euro il canone della Rai… Peraltro, di questi 90 euro, soltanto i tre quarti entrano nelle casse di Viale Mazzini: il resto viene “dirottato” impropriamente altrove…

Acuta l’osservazione di Curran sulla esigenza di identificare “chi” produce “cosa”: “quanto all’equità nei rapporti tra operatori, all’interno della legge sui servizi digitali non possiamo avere una situazione in cui enormi piattaforme, con tante aziende e organizzazioni al proprio interno, si attribuiscono una preferenza rispetto a sé stesse o alle proprie consociate, utilizzando il loro predominio di mercato per accrescerlo ulteriormente”. Si tratta del processo cosiddetto di “self-referencing”, ovvero alla crescente autoreferenzialità delle piattaforme: “il self-referencing non va bene, mentre l’attribuzione del brand è fondamentale: abbiamo visto nella nostra ricerca che, anche nei casi in cui i nostri palinsesti e i nostri programmi appaiono sulle piattaforme, gli utenti non se ne rendono conto. Le piattaforme, cioè, non riconoscono il brand e la gente pensa che il contenuto sia prodotto dalla piattaforma; vogliamo quindi una vera visibilità”. E conclude: “quanto ai loghi, niente di straordinario: trattandosi di fondi pubblici, il pubblico – quindi la gente – deve sapere chi ha prodotto un contenuto realizzato con un finanziamento pubblico. Nei negoziati con le piattaforme, però, questa cosa – abbastanza scontata di per sé – non lo è e non va avanti”. E, sull’argomento, si potrebbe aggiungere, in Italia, la gran confusione masochista che la stessa Rai provoca, ospitando fiumi di spot pubblicitari di concorrenti come Netflix o Disney+ o Amazon (senza dimenticare Sky Italia): certamente lo spettatore non capisce “chi” produce e “chi” offre “cosa”…

Sintomatica la risposta di Curran, a fronte delle domande sul concetto di “indipendenza” del giornalismo delle emittenti radiotelevisive pubbliche: “ci vogliono strutture editoriali indipendenti, perché, anche se qualcuno della dirigenza dovesse cercare di seguire un orientamento editoriale particolare, non sarà sempre facile e, infatti, per molti dei nostri membri non lo è”. Interessante citazione autobiografica:“sono stato direttore di un’emittente in Irlanda e l’idea di dire a una redazione di parlare in maniera favorevole del Governo avrebbe fatto ridere tutti; anzi, avrebbero fatto proprio il contrario di una mia eventuale imposizione, perché avevamo una cultura giornalistica ed editoriale molto sana. Infatti, se si fossero esercitate pressioni e si fosse tentato di bloccare una decisione, ci sarebbero state conseguenze. Dovevamo seguire delle direttive”. Direttive sane, certamente, ma che sono lontane anni-luce da quel che avviene nelle redazioni dei telegiornali della Rai, commentiamo noi.

Cosa commenta Foa, delle tesi di Curran, in risposta alla domanda di Bei, “ci dica due riforme che andrebbero fatte subito”? “Noel Curran, direttore generale dell’European Broadcasting Union, ha offerto dei suggerimenti in Vigilanza. Ha citato tra i fattori che favoriscono l’indipendenza dei servizi pubblici la nomina dei vertici da parte di un organismo indipendente e il controllo da parte di organi di vigilanza altrettanto indipendenti. E tra i fattori che la indeboliscono, la politicizzazione delle nomine e le porte girevoli. Mi sarei aspettato un dibattito, invece gli sono state fatte solo poche domande”. In effetti, sono intervenuti, in Vigilanza, il 18 maggio, soltanto Federico Fornaro (Leu), Andrea Romano (Pd) e Michele Anzaldi (Iv)…

A proposito di “dibattiti”… non ci sembra però che il Presidente Marcello Foa, nell’arco del suo mandato, abbia promosso pubbliche iniziative di analisi comparativa dei migliori modelli di “governance” dei servizi pubblici mediali, né ci risulta che Rai abbia promosso particolari ricerche in materia (la Direzione Marketing pensa ad altro evidentemente e lo stesso Cda non dispone più degli strumenti cognitivi che aveva a disposizione).

Chissà perché…

Commenta Bei, ma “è la stessa politica che ha nominato lei”, e così si autoassolve il Presidente della Rai: “sì, ma nel mio ruolo ho fatto tutto quello che era possibile fare nei settori che ricadono sotto le deleghe a me affidate: l’audit e le relazioni internazionali. Tuttavia, nel Cda ho spesso ripetuto quello che le sto dicendo. Ma non sono discorsi che piacciono in generale alla politica”.

No comment.

Il “senso di inadeguatezza”. Bordo (Pd): “siamo disponibili a far slittare l’elezione di qualche giorno”

Il “senso di inadeguatezza” lamentato da Usigrai rispetto a Foa potrebbe in verità essere esteso ai segretari di partito, nessuno dei quali ha assunto una posizione sulla scandalosa procedura di elezione dei 4 componenti del Consiglio di Amministrazione Rai di competenza parlamentare.

Tuona il deputato di Iv Michele Anzaldi (ma era prevedibile): “la richiesta (di slittamento) dei gruppi 5 Stelle rappresenterebbe un grave precedente: una parte politica chiede il blocco di una procedura avviata dai presidenti di Senato e Camera, per motivi politici”.

A fronte della istanza del Movimento 5 Stelle, blanda posizione di reazione del Partito Democratico: alle 13:33, AskaNews segnala la posizione del “democrat” Michele Bordo (membro della Commissione di Vigilanza sulla Rai): “non si può continuare a rinviare sine die il rinnovo del Cda. Prendiamo atto che alcuni gruppi non sono pronti e siamo disponibili a far slittare il voto di qualche giorno, ma non si può attendere ancora a lungo. L’elezione va fatta a breve, perché non ci possiamo permettere una Rai senza Cda e senza guida in un momento come questo”.

Seguendo “in diretta” la fonte primaria (potere delle agenzie di stampa…), verso le 14:30 si apprende che, come alla Camera, anche in Senato il Movimento 5 Stelle ha richiesto uno slittamento del voto dell’Aula della Camera per eleggere 2 membri del Cda Rai, previsto per domani.

Sul tema” – scrive l’Ansa, citando “fonti parlamentari di maggioranza” – “deciderà la conferenza dei capigruppo, appena convocata a Palazzo Madama per dopo la votazione sul calendario d’Aula”. Convocazione che era stata fissata per le 16:30 di oggi, come avevamo segnalato anche sul nostro intervento di venerdì scorso (vedi “Key4biz” del 2 luglio 2021, “Rai, nuovo Cda imminente ma nel silenzio e nessuna trasparenza”).

Va osservato che – a parte le sortite di Michele Anzaldi (Iv) e di Michele Bordo (Pd) – a distanza di ore dalle prime notizie della richiesta del Movimento 5 Stelle (il “flash” di Adnkronos risale alle 10:46 di questa mattina) di rimandare l’elezione prevista per domani… silenzio stampa da parte di tutti i partiti.

Silenzio totale – almeno ufficialmente – da tutti i gruppi parlamentari e dalle segreterie di partito.

A Roma, si direbbe: “nun me ne pò fregà de meno”.

Per nobilitare il tono, citiamo una gran bella canzone del 2017 (ed un videoclip) di Levante (nome d’arte di Claudia Lagona): “Non me ne frega niente”, che ci sembra discretamente in tema: (…) “Combatto con lo scudo dello schermo / Le armi da tastiera / Il giorno sto in trincea, lancio opinioni fino a sera / Non me ne frega niente, se mentre / Rimango indifferente il mondo crolla e non mi prende / Non me ne frega niente, se mentre / La gente grida aiuto io / Prego non capiti a me / Non me ne frega niente di niente (…)”.

In chiusura di queste noterelle, non si ha notizia certa (alle ore 16) dello “slittamento” dell’elezione, ovvero della riconferma – da parte del Senato – della convocazione per domani.

Eventuale slittamento di “qualche giorno” o di “qualche settimana”?!

Il fantasma di una delle tante “prorogationes” tipiche dell’Italia mediterranea e “latina” aleggia nelle stanze di Montecitorio e Palazzo Madama.

Tanto, sicuramente, verranno definite “altre priorità” nel calendario dei lavori parlamentari (per ora, impazza la proposta Zan)…

E la deriva Rai continua…

La “telenovela”, anzi la farsa, dell’elezione del Cda di Viale Mazzini rinnova il suo assetto genetico: “trasparenza zero”. La regia resta occulta.

Clicca qui per il testo dell’audizione di Noel Curran, Direttore Generale dell’European Broadcasting Union (Ebu/Uer), Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi, Roma, Palazzo San Macuto, 18 maggio 2021, nell’economia della “indagine conoscitiva sui modelli di governance e sul ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo, anche con riferimento al quadro europeo e agli scenari del mercato audiovisivo”.

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