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Situazione politica francese e ingovernabilità. Verso dove, cosa e con chi tra bi-populismi ed estremismi?

Frammenti di storia recente e i rischi emergenti?

I francesi dopo aver rifiutato di dare fiducia al RN di Le Pen e Bardella affidano la soluzione del Governo al Fronte Repubblicano Nazionale dopo la “pausa” olimpica e ora domandano un Governo che per Macron non è facile costruire per la conflittualità dell’eterogeneo gruppo republicain anti-destre unito solo dalla prospettiva europeista ed (in parte) ecologista.

Dal 1981 si riparte con il programma comune della sinistra con il pensionamento a 60 anni, tasse sui grandi patrimoni e varie nazionalizzazioni. Ma Mitterrand fu costretto a virare verso un programma di austerità. Nel 1997 si provò con la settimana corta di 35 ore  ma che portò allo stallo economico per 20 anni con perdita di competitività e potere d’acquisto della moneta.

L’Italia del post-Covid di Meloni fa una scelta economicamente “conservativa” dovendo fare i conti con un debito “monstre” dichiarando il proprio filo-europeismo e la fedeltà alla Nato compreso l’asse di alleanza con gli USA di Biden ma senza parlare troppo di una insensata Italexit, anche perché l’esempio inglese della Brexit a 8 anni dall’uscita tragica dall’unione vede un Regno Unito in grave ritardo con un – 5% di attività industriale e 11% in meno di investimenti che con una sostituzione di lavoro extra europeo con quello europeo ha visto una caduta considerevole della produttività e della competitività.  Anche a destra in Francia chi parla di Frexit è sostanzialmente cauto seppure alcune stime parlerebbero di risparmi di 15 miliardi ma senza sapere con quale tasso di crescita e di aumento o caduta della produttività.

Va detto che da 7 anni i francesi crescono e hanno migliorato il loro benessere medio anche se rimangono problemi comuni a tanti altri paesi europei in media: immigrazione illegale, sanità in ritardo, scuola  con scarsità di insegnanti e trasporti inefficienti o gender gap. Tutti problemi sui quali la Francia ha recuperato terreno rispetto alla media europea e in linea con l’evoluzione tedesca, mentre noi siamo in grave ritardo. Tra le leve  principali abbiamo avuto riforme del mercato del lavoro con minor disoccupazione ed energia a basso costo (da nucleare e petrolio del Mare del Nord) che ha attratto multinazionali globali, incentivi fiscali alla produzione, miglioramento dei trasporti e in generale una alta qualità della vita che tutti vorrebbero, magari con meno proteste e un pò più di ordine e sicurezza.

Anche per questo quadro i francesi non hanno votato le destre che avrebbero rappresentato un’alta incertezza o un salto nel buio, ma ora si trovano a dovere fronteggiare una situazione quasi italiana di instabilità e incertezza sul Governo migliore da mettere in campo dovendo trovare un bilanciamento tra il populismo di sinistra di Melenchon e l’anima centrista macroniana,  con un recupero dei socialisti e meno dei liberali oltre che con i verdi.

Quindi la situazione politica francese dal voto al Governo è con Macron alla ricerca di una soluzione oltre l’ingovernabilità che anticipa la situazione del voto tedesco delle regioni dell’est e che probabilmente avremo l’anno prossimo con il nuovo Bundestag: ma con quali soluzioni?

Vediamo il quadro esistente che è piuttosto complesso dopo le recenti elezioni legislative. L’Assemblea Nazionale è divisa in tre blocchi principali: il Nuovo Fronte Popolare, l’alleanza di sinistra guidata da Jean-Luc Mélenchon, che ha ottenuto 182 seggi; il campo presidenziale di Emmanuel Macron, con 168 seggi; e il Rassemblement National di Marine Le Pen, con 143 seggi, quindi saremmo di fronte ad una tripartizione sostanziale.

Una frammentazione tripolare che rende difficile la formazione di una maggioranza stabile tra i primi due alleati potenziali, portando a una situazione di ingovernabilità tanto da aver richiamato anche in Francia ipotesi di “governi tecnici” che sarebbero una novità assoluta. Diverse le soluzioni proposte per superare questo stallo:

Coalizioni e alleanze: Macron potrebbe cercare di formare coalizioni con i Repubblicani o con altre forze politiche più moderate per raggiungere la maggioranza necessaria.

Esecutivo tecnico: Un’altra opzione potrebbe essere la formazione di un governo tecnico, composto da esperti indipendenti, per gestire le questioni più urgenti e garantire la stabilità del paese.

Alleanze tematiche: Formare alleanze ad hoc su singoli temi, come già fatto in passato, potrebbe essere una soluzione momentanea con convergenza su leggi specifiche senza una coalizione stabile ma mobile e a rischio “incidente” di percorso vista la fluidità emergente sia dell’elettorato che dei parlamentari.

La situazione  dunque  – come rilevato da molta stampa francese – rimane altamente fluida e  mobile e i negoziati tra le varie forze politiche saranno cruciali per determinare il futuro del governo francese e la sua durata oltre che gli impatti sugli equilibri europei.

Le grandi sfide che attendono la politica francese

Quali sono le principali sfide per il governo francese e che potrebbero offrire un quadro di soluzioni possibili?

Il governo francese deve affrontare diverse sfide significative in questo momento e tra le principali:
Economia e inflazione: in Francia, come molti altri paesi, registra una inflazione ancora alta  e una crescita economica  che rimane lenta. Il governo deve trovare modi per stimolare l’economia e controllare l’inflazione senza aumentare troppo il debito pubblico, che come in Italia rimane un vincolo forte.
Riforma delle pensioni: La riforma del sistema pensionistico è una questione controversa. Il governo ha proposto di aumentare l’età pensionabile, ma questa misura ha incontrato una forte opposizione da parte dei sindacati e della popolazione.

Crisi energetica: La dipendenza energetica dalla Russia e la transizione verso fonti di energia rinnovabile sono temi cruciali. Il governo deve garantire la sicurezza energetica del paese mentre promuove l’uso di energie pulite nonostante il forte impegno nucleare.

Immigrazione e integrazione: La gestione dei flussi migratori e l’integrazione degli immigrati sono sfide importanti. Il governo deve bilanciare la sicurezza nazionale con i diritti umani e l’integrazione sociale che è un tema altamente sensibile e faglia storica tra destra e sinistra visti anche i trascorsi coloniali mai sopiti.

Cambiamento climatico: ambiziosi gli obiettivi climatici da raggiungere, ma che richiedono politiche efficaci e investimenti significativi in infrastrutture verdi e tecnologie sostenibili e che dividono la società francese peri costi da sostenere.

Tensioni sociali e rapporti con i sindacati: Le disuguaglianze sociali e le tensioni tra diverse comunità possono portare a proteste e disordini. Il governo deve lavorare per ridurre le disuguaglianze e promuovere la coesione sociale lavorando soprattutto sulle banlieu parigine  e dei grandi sistemi urbani da nord a sud visto un passato coloniale che ha fortemente indebolito la posizione francese in tutta l’Africa subsahariana e non solo.

Quali i grandi problemi francesi in grado di definire una coalizione sostenibile e credibile per i prossimi anni anche verso l’Europa?

Sfide complesse che richiedono soluzioni complesse e un approccio equilibrato ma che dividono il Fronte Repubblicano che si è formato in funzione  anti-destra e che deve tenere conto anche della scadenza del mandato presidenziale delineando le priorità e sulle quali costruire la coalizione più capace di reggere nel medio termine la protesta antisistema e antidemocratica della destra e poi di sostenere una scelta condivisa del nuovo Presidente. Questa l’equazione da comporre e difficilissimo l’equilibrio da trovare tra estremismo populista, centristi e verdi, considerando che un fallimento di questa esplorazione significherebbe consegnare la Francia alle destre xenofobe di Marine Le Pen e probabilmente consegnarle anche la Presidenza della Repubblica.

L’altra grande questione che può spostare gli equilibri riguarda l’atteggiamento verso l’Europa e che a breve deve consentire di indicare i commissari francesi che comporranno la Maggioranza Ursula 2. E’ infatti noto che l’impatto sull’Europa dell’instabilità francese che si somma a quella tedesca e italiana (con un Governo Meloni che “ondeggia” pericolosamente) può fare pendere le soluzioni più  a destra che al centro o più a sinistra con i popolari a fare da bilanciamento (per il momento) sostenuti dal centro-sinistra.

Tra le maggiori ripercussioni sull’Europa potremmo avere le seguenti.

Equilibri politici: La crisi politica francese potrebbe influenzare gli equilibri all’interno dell’Unione Europea dato che la Francia è uno dei paesi chiave dell’UE e qualsiasi instabilità potrebbe rallentare i processi decisionali a livello europeo, rafforzando o indebolendo la Commissione lungo l’Asse storico franco-tedesco che le elezioni tedesche hanno indebolito.

Economia: L’incertezza politica può avere effetti negativi sull’economia francese, che a sua volta potrebbe influenzare l’economia europea essendo la Francia una delle principali economie dell’UE e qualsiasi rallentamento potrebbe avere ripercussioni a catena lungo tutte le filiere strategiche, dal commercio alla difesa fino alla finanza e ai destini della manifattura.

Politiche europee: E’ del tutto evidente – come rilevato da molteplici analisti di geopolitica – che un governo instabile a Parigi potrebbe avere difficoltà a partecipare attivamente alle politiche comuni dell’UE, come quelle relative alla difesa, all’immigrazione e alla politica estera o a quelle commerciali (vedi dazi sulla Cina) o di indirizzo tecnologico come per l’AI. Questo potrebbe portare a una mancanza o addirittura alla rottura della coesione intra-europea e a gravi difficoltà nel raggiungere accordi su questioni strategiche cruciali per il futuro dell’Europa oltre che della Francia.

Relazioni internazionali: è noto il peso della Francia nelle relazioni internazionali dell’UE. Un periodo di instabilità potrebbe indebolire la posizione dell’Europa su scala globale, specialmente in un momento in cui sono necessarie risposte coordinate a sfide come la guerra in Ucraina e le tensioni con altre potenze globali  e alle soluzioni per il conflitto medio-orientale, piuttosto che alle politiche dei dazi sui prodotti cinesi.

Dunque il quadro è particolarmente complesso e intrecciato con gli esiti emergenti sia delle prossime elezioni regionali tedesche del Brandeburgo e dintorni (e non meno con quelle regionali italiane dei prossimi mesi) e poi l’anno prossimo con il rinnovo del Bundestag che potrebbe vedere prevalere forze di estrema destra antieuropeiste e anti-sistema e dovendo confidare in una sostanziale tenuta della CDU e dei popolari che se non avvenisse porrebbe in una situazione di forte squilibrio gli assetti decisionali europei che già potrebbero essere scossi con effetti imprevedibili nel caso di una vincita di Trump contro Harris in USA. Mentre una vittoria di quest’ultima potrebbe aiutare il rinnovamento europeo necessario sia dal punto di vista della difesa autonoma e sia da un punto di vista commerciale.

Situazione resa ancora più critica per gli attacchi sia alla democrazia e sia all’esistenza stessa dell’Unione che rappresenterebbe una minaccia seria per l’umanità intera che dobbiamo provare a contrastare con forza viste le forze antieuropeiste guidate da Putin (oltre che da pezzi dell’esercito trumpista guidati da Elon Musk) e che hanno avuto influenza non banale anche nelle elezioni regionali tedesche attraverso la mobilitazione comunicativa dei social con fake news e distorsioni sistematiche dei messaggi elettorali in chiave antisistema, antidemocratica e antimodernista.

Le politiche europee per ripartire nella ricostruzione di una democrazia attiva e partecipata e flessibili politiche fiscali

È chiaro allora che si richiede urgentemente alla nuova commissione europea di invertire la rotta di fronte a tali minacce all’Occidente e alla sua constituency con quella repentina caduta della sua fiducia storica e relativo declino della democrazia europea con una forte sterzata perché quella pace e benessere prodotto in 70 anni non basta più e va urgentemente rinnovato con un Nuovo Patto Sociale connettendo  il New Green Deal con un New Industrial Deal e un New Social Deal lungo le linee tracciate dal Rapporto Draghi sulla Competitività per la Commissione.

In particolare, con una maggiore integrazione del mercato unico europeo per liberare le sue enormi potenzialità di concorrenza verso Cina e USA oltre all’India e in generale dei Brics (nei quali ha chiesto di entrare anche la Turchia), per recuperare efficienza, dinamismo, capacità innovativa ed equità e dunque credibilità in particolare nei campi della finanza, dell’energia, delle TLC e della difesa, allineando / omogeneizzando peraltro quanto avviene nella fiscalità, nei diritti commerciali e avviando una robusta sburocratizzazione che unisca i troppo frammentati 27 staterelli dell’Unione con un 28esimo come nel Rapporto Letta sul Mercato Unico presentato alla Commissione nelle settimane scorse.

Traiettoria utile a valorizzare un eco-sistema industriale continentale composto da oltre il 95% di PMI che domandano maggiore flessibilità, adattabilità e velocità per cogliere le opportunità di digitalizzazione e sostenibilità necessarie ad accelerare l’integrazione avanzata del Mercato Unico e i suoi potenziali rinnovando il modello sociale europeo anche con campioni continentali in vari settori (dal biotech, all’agroindustria, al farmaceutico, alla componentistica auto, alle terre rare, all’AI, fino ai social), ma interconnettendo grandi, medi e piccoli investendo su territori integrati e coesi.

Visto che solo il 17% di queste PMI usa il Mercato Unico sottovalutando i potenziali della crescita reticolare che si impongono per agire nei mercati globali e non usufruendo di quei campioni nazionali che invece sono in dotazione ai concorrenti extra-europei. Infatti è da circa 25 anni che il PIL pro-capite UE è stato inferiore del 30% a quello USA spiegato al 70% da scarsa produttività dovuta a deboli investimenti tecnologici, privati e pubblici oltre che di reti infrastrutturali in R&D a livello UE.

Per rinforzare con il recupero di innovazione e produttività quel sostanziale “sovranismo europeo federativo” finora mancato e frenato da 27 sovranismi inefficienti e stentorei e che sono tentati di legare le proprie debolezze individuali alle nuove oligarchie anti-occidentali e che vanno invece spezzate con politiche industriali ed economiche credibili, sostenibili e condivise con flessibilità fiscale.

Di fatto reinventando quell’Occidente Transatlantico per ricostruire quelle forze popolari, liberali e socialdemocratiche capaci di ridisegnare il Modello Sociale Europeo acconcio ad un mondo multilaterale e multicentrico quale barriera democratica alle forze illiberali e distruttive che avanzano nei diversi continenti e strisciano nei gangli delle stesse forze liberali spesso con mezzi illeciti e illegali travestite da “fascinazioni” anti e post-coloniali ma con un Putin  – per esempio – che da revisionista radicale vuole ripristinare con la forza bruta delle armi  territori e aree di influenza  dell’URSS dissolta nel 1991 cancellando la storia degli ultimi 30 anni.

Riesplorando illusoriamente quello spazio inesistente tra un non-Occidente e un non-Oriente dove collocare la Russia post imperiale entro una faglia immobile tra un’alba non conclusa e un tramonto mai sorto di un Oriente non finito e  un Occidente  non cominciato. Una “pura illusione”  – direbbe Franco Cassano -, perché l’Ovest come fucina della libertà e dei diritti (individuali e collettivi) è li a scandire il tempo e lo spazio di un individuo che esplora nell’esperienza la costruzione del Mondo Nuovo e della post-modernità e l’Oriente scandisce invece la costruzione dei contesti e della coesione necessaria a muovere le greggi oltre i confini dell’Io singolo immerso nel Tutto e del quale quell’Io ha bisogno per crescere nel guardare l’orizzonte e l’infinito dove da solo non può sopravvivere. Contesti d’Oriente che necessitano tuttavia di costituzioni e diritti, di libertà di uomini e donne.

E’ nell’incontro tra questi due estremi che cerchiamo da secoli pace e innovazione nella libertà, come unione tra un Individuo Libero e il Tutto, tra il Sé e l’Altro senza assimilazione ma in un dialogo  e conflitto continui. Dunque Putin cerca uno “spazio vuoto” che non c’è e che serve solo a se stesso e alla sua oligarchia (di un centinaio di soggetti che controllano il 98% dell’economia russa) e per questo va combattuto contribuendo alla difesa dell’Ucraina con i mezzi leciti disponibili, costruendo l’autonomia energetica e l’indipendenza della difesa e commerciale (re-internalizzando filiere delocalizzate nell’automotive e nel biotech  come nel digitale e AI), quali leve di un industrial new deal europeista da accoppiare al green new deal di contrasto a tutti i nazionalismi economici e sociali emergenti o solo possibili.

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