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Simplicissimus

Questa copertina di Simplicissimus – del 15 maggio 1932 – commenta in tono satirico la campagna elettorale allora in corso che sarebbe poi culminata a luglio dello stesso anno con il trionfo alle elezioni del Partito Nazista tedesco. Due anni dopo, il suo leader, Adolf Hitler, avrebbe assunto i pieni poteri come dittatore della Germania. Il saluto sopra la caricatura, “Heil Preußen!” – “Heil Prussia”, dove la “ß” corrisponde alla doppia esse tedesca – associa l’austriaco Hitler alla deplorevole storia prussiana caratterizzata dalla feroce dittatura militare.

James Hansen

La vignettistica politica è uno dei campi più faticosi della grafica. Non solo bisogna avere – a seconda dei ritmi di pubblicazione – ‘un’idea al giorno’, ma la vignetta dev’essere simultaneamente coerente con la linea editoriale del giornale, comprensibile per i lettori e, idealmente, divertente. In mezzo a tutte queste restrizioni, lo spazio per l’arte grafica di per sé è poco, il che spesso obbliga il vignettista a limitarsi alla ripetizione di facili stereotipi.

Il genere della ‘rivista satirica’ fu reso popolare nel mondo dalla pubblicazione britannica Punch. Nato a sua volta nel 1841 su ispirazione del quotidiano illustrato parigino Le CharivariPunch regalò tra l’altro alla lingua inglese la parola “cartoon” quando la usò per indicare i suoi disegni satirici. Non fu mai però particolarmente noto per l’impostazione grafica. Sospese la pubblicazione nel 1992, dopo 150 anni.

Così arriviamo al tedesco Simplicissimus. Nacque nel 1895 e sopravvisse in varie versioni fino al 1967. Dovette il suo successo non solo al graffiante umorismo, ma anche alla straordinaria cura artistica delle sue pagine. Si avvalse pure della collaborazione di Marcello Dudovich, l’artista e cartellonista triestino considerato tra gli inventori del manifesto pubblicitario in Italia. 

Il ‘dominus’ della linea artistica della rivista, nonché uno dei suoi fondatori, fu il pittore e illustratore tedesco Thomas Theodor Heine. Con l’avvento del nazismo, nel 1933 l’artista trovò opportuno lasciare la Germania: prima alla volta di Praga, ma poi i nazisti arrivarono anche lì. Nel 1938 si trasferì a Oslo fino a che, nel 1942, con l’invasione tedesca in Norvegia, fu costretto a spostarsi ancora, a Stoccolma, dove morì nel 1948. In mezzo a tante peripezie, pubblicò anche un romanzo autobiografico dal titolo: “Ich warte auf Wunder”, cioè, ‘Attendo sempre miracoli’…

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