Clima

Siccità, servono 6 miliardi di euro di investimenti in Italia entro il 2026. In Lombardia mancano 2 miliardi di metri cubi d’acqua

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Mancano pioggia e neve, l’inverno è stato avaro di precipitazioni e ora si guarda con timore alla prossima estate, che potrebbe essere anche più calda delle ultime, con gravi conseguenze sulla disponibilità idrica per l’ambiente, le imprese agricole e diverse industrie. Cosa fare nel breve e lungo periodo. Le prime timide mosse del Governo.

La siccità attanaglia l’Italia, non piove e non nevica

I prossimi due mesi saranno cruciali per evitare il peggio. È questo il giudizio degli scienziati, degli esperti di meteorologia e di climatologia sul lungo periodo siccitoso che abbiamo vissuto fino ad oggi. Il 2022 è stato un anno drammatico per la mancanza di precipitazioni piovose e nevose su tutto il Paese e il 2023 è iniziato anche peggio.

È piovuto mediamente il 40% in meno nell’ultimo anno in Italia e peggio è andata per la neve, perché ne è caduta il 60% in meno sull’Arco alpino, con effetti pesantissimi sulla disponibilità di acqua pubblica, sull’economia dei territori, sul livello delle falde e sul benessere dell’ecosistema tutto.

Secondo i dati forniti dall’Arpa Lombardia, è stato rilevato il 56% in meno di risorse idriche rispetto a quelle mediamente attese in questo periodo negli anni passati, a livello regionale e dell’area di Milano, mentre mancano quasi 2 miliardi di metri cubi d’acqua rispetto alla media del periodo 2006-2020.

Per l’Arpa Piemonte il dato è ancora peggiore, a febbraio 2023 è caduta l’80% di pioggia in meno rispetto alla media regionale per il periodo.

Prossimi due mesi cruciali per uscire dalla siccità

Dovrebbe piovere in maniera costante e moderata per 50 giorni per riuscire a risanare il deficit del Nord Italia, hanno spiegato i ricercatori del Cnr.

Intorno alla questione idrica ruotano molti settori chiave: l’agricoltura, l’ambiente, il turismo, l’industria. “se da qui a 60 giorni non vi dovesse essere un periodo particolarmente piovoso soprattutto a monte, la situazione potrebbe rivelarsi molto grave”, hanno spiegato dall’ODAF (Ordine dei dottori Agronomi e Forestali di Milano), aggiungendo che se la situazione non cambierà “non vi sarà acqua per tutti e la politica è chiamata a fare delle scelte per far fronte alla siccità perdurante”.

Le previsioni meteo al momento non sono favorevoli ad un cambiamento di scenario. I modelli matematici non riescono ad intravedere un rovesciamento del trend siccitoso e l’unica speranza è nel fenomeno stagionale del surriscaldamento della stratosfera, che generalmente è causa di passaggi perturbati nel Mediterraneo centrale. Non resta che sperare in una primavera più piovosa. Sul caldo invece non ci sono dubbi: i prossimi mesi saranno mediamente più caldi del normale di 1-1,5°C su tutto il territorio nazionale. Se non pioverà abbastanza, il caldo unito alla siccità potrebbe farci vivere un’estate di emergenze, tra mancanza di acqua, incendi e ondate di calore straordinarie.

Al settore idrico nazionale servono 1,3 miliardi di euro di investimenti l’anno fino al 2026

Secondo le ultime stime di Utilitalia, “di fronte alle nuove sfide poste dagli effetti dei cambiamenti climatici, per coprire il fabbisogno annuo di investimenti del settore idrico – stimato in circa 6 miliardi di euro – servono risorse aggiuntive per 1,3 miliardi di euro l’anno fino al 2026”.

Attualmente, infatti, le risorse si attestano sui 4,7 miliardi di euro annui – si legge nel commento dell’Associazione – 4 dei quali derivanti dagli investimenti da tariffa e 0,7 dal Pnrr, che ha un orizzonte temporale al 2026: dopo quell’anno, se non venissero nel frattempo incrementati gli investimenti da tariffa o altra fonte, le risorse aggiuntive necessarie passerebbero da 1,3 a 2 miliardi di euro l’anno”.

Le proposte per azioni immediate

Le azioni suggerite sono le seguenti:

  • nell’immediato, si dovrebbe favorire il riuso efficiente delle acque reflue depurate, una soluzione che dovrebbe diventare strutturale, laddove economicamente sostenibile anche a fronte di un’analisi costi-benefici rispetto ad altre soluzioni praticabili nel contesto di riferimento: si tratta di un potenziale enorme che in Italia viene sfruttato solo per il 4% a fronte di una potenzialità del 23%;
  • contrastare il cuneo salino: uno degli effetti più gravi della siccità è infatti la progressiva salinizzazione della falda e delle acque di transizione, che rende le acque emunte inutilizzabili a fini potabili e agricoli. In quest’ottica, sarà necessario sostenere i livelli idrici necessari al contrasto del cuneo salino anche praticando l’aumento dei volumi di falda;
  • concentrarsi sull’opportunità di diversificare la strategia di approvvigionamento.

La strada della dissalazione è praticabile, ma non facile: “in Italia le acque marine o salmastre rappresentano solo lo 0,1% delle fonti di approvvigionamento idrico (pari a 11,1 milioni di metri cubi) contro il 3% della Grecia e il 7% della Spagna. Si chiede di modificare o abrogare l’art.12 della legge 60/2022 (Salvamare) che aumenta i tempi e la complessità degli iter autorizzativi per gli impianti di dissalazione”.

Cosa fare nel lungo periodo?

Sul medio periodo, invece, si suggerisce di rafforzare il ruolo di pianificazione e governance dei distretti idrografici: “il ruolo dei sette distretti idrografici è fondamentale nella governance interregionale della risorsa idrica, soprattutto nella gestione delle fasi particolarmente siccitose. Si dovrà puntare inoltre a semplificare la realizzazione degli investimenti – si legge nel commento di Utilitalia – dal momento che in Italia le procedure autorizzative occupano quasi il 54% del tempo necessario per la realizzazione di un’opera infrastrutturale”.

Nel lungo periodo bisognerebbe infine puntare a promuovere l’uso efficiente dell’acqua: “efficientare ed ottimizzare l’utilizzo della risorsa da parte dei settori idroesigenti è la prima forma di tutela della risorsa idrica da perseguire”.

Diverse anche qui le misure proposte:

  • accelerare nella riduzione delle perdite nel sistema idropotabile;
  • introdurre meccanismi di incentivazione economica al risparmio, quali “certificati blu” in analogia ai “certificati bianchi” nell’energia elettrica;
  • istituire la Giornata nazionale del risparmio Idrico e dell’uso razionale dell’acqua, affiancandola alla Giornata mondiale dell’acqua (22 marzo);
  • realizzare opere infrastrutturali strategiche, perché la realizzazione di invasi e l’interconnessione delle reti idriche garantirà una pluralità di fonti per prevenire le emergenze future;
  • promuovere una pianificazione integrata per la realizzazione delle opere infrastrutturali necessarie a partire dal Piano Nazionale per gli investimenti del settore idrico;
  • realizzare grandi invasi ad uso plurimo, invasi di piccole e medie dimensioni ad uso irriguo e interconnessioni delle reti.

Il Governo muove i primi timidi passi

Non resta che attendere le prossime mosse del Governo. Al momento c’è stato un tavolo a Palazzo Chigi sulla crisi idrica, presieduto dal Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Tra le misure definite:

  • una Cabina di regia tra tutti i ministeri interessati per definire un piano idrico straordinario nazionale d’intesa con le Regioni e gli Enti territoriali per individuare le priorità di intervento e la loro adeguata programmazione, anche utilizzando nuove tecnologie;
  • un prossimo provvedimento normativo urgente che contenga le necessarie semplificazioni e deroghe e accelerando i lavori essenziali per fronteggiare la siccità;
  • nominare un Commissario straordinario.

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