È un’estate diversa dalle altre, progressivamente più calda ma soprattutto più secca. Non piove più da settimane in alcune aree del Paese e dove è piovuto l’acqua è arrivata col contagocce. In gran parte del territorio italiano si è entrati con giugno in una fase ufficialmente siccitosa.
Abbiamo avuto mediamente il 40% di pioggia in meno (ma in alcune zone si parla del 50%), in particolare al Nord Ovest, in molte aree della Val Padana (il livello del fiume Po è sceso di 5,5 metri sotto lo zero idrometrico, peggio della secca d’agosto del 2016), nel Lazio tutto, in Campania, in Sardegna, in Puglia, ma anche in Veneto si registra un 30% in meno di precipitazioni.
Prendendo come esempio Roma, negli ultimi sei mesi sono caduti 120 millimetri di pioggia, meno di un terzo di quella che mediamente cade sulla città.
Secondo calcoli approssimativi, mancano all’appello 20 miliardi di metri cubi d’acqua sull’intero territorio nazionale.
Il meteo
Guardando le carte dell’agenzia federale americana NOAA (l’Amministrazione Nazionale Oceanica ed Atmosferica), il problema coinvolge ormai gran parte d’Europa, in particolare i Paesi mediterranei e quelli nordoccidentali. Per di più, un deciso promontorio di alta pressione africana sta in questi giorni aggravando la situazione, con caldo in aumento e assenza di pioggia pressoché totale (tranne qualche sporadico temporale estivo nelle aree montuose), da Nord a Sud dell’Italia, ma anche in Spagna, Portogallo e Francia orientale (dove si sono raggiunti per più giorni e diffusamente i 37-38 gradi centigradi, in alcuni casi i 41°C).
Le infrastrutture
Oltre ai problemi meteorologici e a quelli ben più gravi dei cambiamenti climatici, alla siccità va aggiunta la piaga delle infrastrutture obsolete. Sul Sole 24 Ore di questa settimana si leggeva che investimenti per la riqualificazione della rete idrica italiana si attestano oggi su un valore medio nazionale di circa 32 euro per abitante l’anno. Siamo in pratica ancora ben lontani dall’obiettivo di 80 euro pro capite fissato dall’Autorità per l’Energia elettrica, il gas e il servizio idrico (Aeegs) per allineare l’Italia ai livelli europei.
Il 60% delle infrastrutture idriche è stato messo in posa oltre 30 anni fa (percentuale che cresce al 70% nei grandi centri urbani) e il 25% di queste supera i 50 anni (il 40% nei grandi centri urbani). Le perdite idriche nella rete si aggirano intorno al 40%, con punte del 51% al Centro Sud, a fronte del 26% rilevato al Nord.
Le tecnologie
Per far fronte alla gravità della situazione, ovviamente, si dovrebbe partire da cospicui piani di investimento in infrastrutture, dall’incremento della depurazione (4 persone su 10 in Italia non sono collegate a un impianto), dal recupero e riuso delle acque reflue e dallo sviluppo della dissalazione, che oggi fornisce soltanto lo 0,1% dell’acqua potabile nel nostro Paese.
Ma c’è ancora qualcosa che si può fare, la più semplice in un momento storico in cui la trasformazione digitale sta prendendo piede con rapidità in ogni settore: l’introduzione più decisa degli smart meter per le risorse idriche.
Un recente studio pubblicato da Fractovia, prendeva in considerazione il mercato mondiale degli smart water meter, con particolare attenzione all’Italia, gli USA, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, la Cina, il Giappone e altri Paesi. L’utilizzo di tale tecnologia è stimato in crescita un po’ ovunque, con ricavi che dai 6 miliardi del 2016 dovrebbero arrivare ai 14 miliardi di dollari del 2024.
Quindi un nuovo panorama di opportunità per le imprese, di nuovi posti di lavoro e di una decisa ottimizzazione delle risorse idriche, riducendo prima di tutto gli sprechi, coinvolgendo l’utente finale (noi) in un percorso virtuoso di crescita e di sviluppo di un modello comportamentale più attento all’ambiente e alla salvaguardia di una risorsa vitale come è l’acqua.
Grazie a questa nuova tecnologia è possibile recuperare tra il 20 ed il 30% delle perdite e abbassare i costi al consumatore fino al 20%. In più, lo smart metering comporta un taglio alle emissioni di CO2 del 20% e un aumento dell’efficienza operativa del 25%.
Si tratta di dati confermati dalle esperienze di diverse utilities in giro per il mondo, illustrate a marzo in un convegno su “Smart metering e acqua” tenutosi a Bologna, tra cui la Anglian Water Services in Gran Bretagna, la Qatar General Electric and Water Corporation nell’omonimo emirato, la COPASA in Brasile, la Guadalquivir Hydrogrpahic Confederation in Spagna e la Sydney Water Corporation in Australia.
In tal senso, un paio di anni fa, l’Aeegs aveva avviato una indagine conoscitiva sull’attività di misura nel servizio idrico integrato per individuare, tra l’altro, livelli minimi di efficienza e qualità del servizio, e l’eventuale presenza di elementi di criticità: “con particolare riferimento agli aspetti che possono incidere sulla determinazione dei consumi degli utenti finali sulla possibilità di un comportamento consapevole dell’utilizzo della risorsa idrica e sulle perdite idriche”.
Nel settore idrico sono presenti in molti casi contatori solo a livello di condominio e non ancora di singolo utente. Il passaggio alla misura individuale permetterebbe numerosi vantaggi anche in termini di migliore controllo delle perdite d’acqua a valle del contatore.
L’esempio dagli Stati Uniti
In California la Eastern Municipal Water District, il gestore locale della rete idrica, ha di recente introdotto una nuova piattaforma tecnologica per la telelettura dei contatori e il monitoraggio in tempo reale dell’intera infrastruttura.
Una rete idrica intelligente per monitorare eventuali consumi anomali, individuare le aree in cui i clienti superavano largamente le previsioni di spesa per l’acqua e rilevare prontamente eventuali perdite all’interno della propria rete.
Attualmente sono 60 mila i contatori smart attivati e quasi 800 mila gli utenti monitorati per la raccolta puntuale dei dati. In tal modo ogni anomalia è registrata, elaborata e comunicata al centro operativo per dare il via agli interventi di ripristino del servizio e di gestione delle perdite.
Prospettive per l’Italia
Come spesso accade, il nostro Paese si trova nel mezzo di spinte innovatrici e resistenze irrisolte. I problemi maggiori, ci fanno sapere da Anie e dallo Smart metering group, sono il mancato ammodernamento della rete idrica, il malfunzionamento dei depuratori, il collettamento (raccolta acque reflue).
La dispersione idrica sul territorio nazionale raggiunge una media di quasi il 38%.
A questo fanno seguito le numerose sanzione dell’Unione europea per mancato adeguamento delle reti e degli impianti fognari e depurativi, che ormai ammontano a circa 500 milioni di euro.
Servono investimenti urgenti quantificati in più di 65 miliardi di euro in 30 anni, con l’aggiunta di un’azione legislativa che favorisca l’aggregamento dei gestori.
A questo si deve integrare un utilizzo più deciso delle nuove tecnologie, come appunto gli smart meter e i sensori dell’Internet delle cose.