L’intervista del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo al Corriere della Sera, non a caso proprio nel giorno dell’apertura a Roma della Cybertech Europa, la conferenza continentale sulla sicurezza digitale, ratifica come proprio le modalità di questa nuova esigenza – la sicurezza nello scambio di contenuti – stia cambiando pelle.
Guerra ibrida
Il magistrato fa intendere come da tempo la criminalità organizzata, che, ci spiega, sta reclutando più informatici di killer, sia ormai pienamente immersa nel mondo digitale da cui estrae risorse e contenuti per tenere sotto pressione e ricatto il mondo delle istituzioni e delle piccole e medie imprese.
Non solo si manomettono i data base per mettere le mani su documenti riservati o su chiavi di funzionamento dei sistemi, ma si alterano contenuti, e promuovono comunicazioni e informazioni che inquinano l’infosfera del sistema economico, costringendo le vittime a doversi destreggiare in gorghi di falsificazioni difficilmente districabili.
In sostanza siamo alla versione civile di quella guerra ibrida che si sta combattendo sanguinosamente sia in Ucraina che in Medio Oriente.
La connettività come logistica militare
La terribile esibizione di competenze e saperi messa in mostra dai servizi segreti israeliani con la spettacolare operazione dei cercapersone degli Hezbollah fatti esplodere contemporaneamente, ci dice quanto la connettività stia diventando logistica militare.
In questo scenario l’intero sistema della rete diventa oggi un campo di battaglia, dove si combatte, come spiegava appunto qualche anno fa il comandante delle forze russe generale Gerasimov “interferendo nel senso comune del Paese avversario”.
Il flusso di notizie diventa un’arma
A questo punto l’intero armamentario organizzativo e professionale del giornalismo diventa un arsenale di combattimento, in cui il flusso delle notizie è una vera e propria arma.
Una mediamorfosi che costringe un Paese quale l’Italia a dotarsi di strumenti adeguati per contrastare efficacemente queste forme di aggressione. È forse venuto il momento di chiedersi se possiamo ancora lasciare separate strutture e intelligenze quali quelle dell’Agenzia Nazionale per la Cybersecurity, protagonista alla conferenza di Roma, dall’Agcom, che tutela il sistema dell’informazione, al Garante della Privacy, che invece controlla i diritti individuali nella difesa delle nostre personali informazioni.
Proprio nel corso della Conferenza Europea abbiamo posto al prefetto Bruno Frattasi, direttore generale della (Agenzia Nazionale della Cybersecurity) questo quesito: “Non pensa che nei prossimi mesi la sua Agenzia debba dotarsi di competenze e mandati per districare questi gorghi di manomissione di contenuti e infrastrutture che si stanno combinando sempre più? Un tema caldo e delicato proprio per una divisione di competenze e soprattutto per la sovranità che su questa materia esercitano i servizi di sicurezza tradizionali”.
Frattasi (ACN): ‘Baricentro della difesa si sposta su gestione automatismi’
“Ma ormai”, conveniva il prefetto Frattasi, “il baricentro della difesa dalle incursioni esterne si sta spostando sempre più sulla gestione degli automatismi, in particolare dell’intelligenza artificiale. Non a caso – ha precisato Frattasi – stiamo allestendo a Napoli, con il CNR e l’Università Federico II un centro di competenza che lavorerà proprio sulle caratteristiche e gli sviluppi delle tecnologie generative sul fronte della sicurezza digitale”.
Ma in realtà il tema ci spingerebbe ancora oltre. Infatti ci sembra strana l’assenza alla conferenza europea sulla Cybersecurity delle componenti professionali: giornalisti, medici, giuristi, pubblica amministrazione.
Toccherà proprio a loro, ai dirigenti ed al personale tecnico doversi confrontare sia con i fornitori, che tendono ad avocare a sé i capitolati applicativi delle proprie macchine, e sia con i malintenzionati che punteranno ad alterare linguaggi e contenuti di queste professioni.
L’evoluzione dei dispositivi di intelligenza artificiale già nei prossimi mesi renderà indispensabile la convergenza di competenze e saperi, superando anche quelle resistenze corporative o di suscettibilità di vecchie competenze che ancora tendono a dividere quanto la realtà del mondo ha già fuso insieme.