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Semiconduttori, piccola ripresa nella seconda parte del 2022?

Piccole speranze per quanto riguarda la ripresa del mercato dei semiconduttori.

Per il presidente del gruppo di elettronica Foxconn, Liu Young-way, il settore si sta dirigendo “in una direzione migliore” grazie anche all’allentamento dei blocchi nelle fabbriche in Cina, chiuse per i contagi da Covid-19.

“Siamo abbastanza fiduciosi nella stabilità della nostra rete di approvvigionamento per la seconda metà di quest’anno”, ha detto all’assemblea annuale degli azionisti Liu Young-way. Da un paio di giorni, il governo di Shanghai consente agli operai nelle aree “a basso rischio” di tornare al lavoro in fabbrica.

Foxconn ha ribadito che se le limitazioni in Cina sulla pandemia hanno avuto un impatto sulla produzione globale, anche l’acquisto vero e proprio di tecnologia non è andato a gonfie vele, con i consumatori chiusi in casa.

Foxconn ha avvertito gli azionisti che le entrate per le attività di elettronica, inclusi gli smartphone, potrebbero diminuire nell’attuale trimestre in chiusura a giugno, per via dell’aumento dell’inflazione. Ed è il motivo per cui l’azienda, che è partner anche di Apple per l’assemblaggio degli iPhone, mira a conquistare nuovi mercati, come quello dei semiconduttori e hardware per le automobili. La previsione è di raggiungere il 5% della fetta globale di tale segmento entro la fine del 2025.

Perché la crisi dei semiconduttori? Poche aziende molto grandi

Perché la crisi dei semiconduttori non vuole finire? La causa maggiore è di natura geografica. Tutte le aziende che producono microchip sono straniere. In questa a essere leader è Taiwan , che ha 60% del mercato, seguita con il 19% dalla Sud Corea. Le aziende più importanti, quasi monopoliste, sono Tsmc e Samsung. Aziende che superano anche il colosso americano Intel. Tsmc, in particolare, possiede il 28% della quota di mercato, mentre Samsung si aggira intorno al 10%.

Gli investimenti iniziali per costruire fabbriche di semiconduttori, o meglio di chip che usino i semiconduttori, sono enormi, e questo fa sì che il mercato sia formato da poche aziende molto grandi.

In Europa siamo troppo dipendenti dall’estero

In Europa? Poco e niente. Per questo usando anche i fondi di Next Generation Eu la Ue mira a diminuire la propria dipendenza dall’estero. Che non è solo economica, ma anche politica, con le pressioni americane per bloccare le esportazioni verso la Cina di quei materiali importanti per la produzione di superconduttori. Pressioni che sarà sempre più difficile assecondare, visto che la Cina sta diventando sempre più importante in questo mercato.

Il principale player europeo è STMicroeletronics, un’azienda italo-francese nata nel 1987 e con sede nei Paesi Bassi. Una realtà che nel primo semestre del 2021 ha registrato ricavi netti pari a 6,01 miliardi di dollari con una crescita del 39,1% sull’anno precedente. Ciò nonostante, il colosso italiano è solo undicesimo nella classifica dei principali produttori.

I chip Intel vogliono sbarcare in Europa

Si parla di ben 8 stabilimenti che potrebbero raddoppiare la produzione di semiconduttori in Europa. Si dice dell’entusiasmo a livello politico, un po’ meno a livello industriale.

Per esempio, la tedesca Infineon (ma anche la StMicroelectronics) ha fatto notare ai vertici Ue che impiegare soldi pubblici europei per incentivare la Intel ad aprire fabbriche in Europa per fare concorrenza alle imprese del continente è una contraddizione.

In effetti Intel l’interesse lo ha manifestato, anche attraverso articoli comparti sul Financial Times, ma dalle parole della società l’intenzione è che a pagare l’investimento previsto, pari a 20 miliardi di euro, sia anche la Ue.

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