La carenza globale di semiconduttori, aggravata dalla pandemia, pesa sull’Europa che deve trovare soluzioni adeguate per non perdere il treno del sovranismo digitale. Ma pesa allo stesso modo anche sugli Usa e sul resto del mondo.
I chip sono una componente fondamentale per quasi tutti i prodotti elettronici. Smartphone, consolle, pc. I chip sono il petrolio dell’era digitale e la loro carenza minaccia di mandare in tilt l’economia mondiale. Nel 2020 la domanda globale ha segnato un sensibile aumento. Ma il mix produttivo è cambiato molto.
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Allarme alla Casa Bianca
La crisi morde e per questo la Casa Bianca ha convocato a palazzo una riunione con i principali produttori per discutere.
Fra le aziende del settore tech convocate ci sono la taiwanese Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), Alphabet (Google), AT&T, Samsung e Intel. Fra le case automobilistiche ci saranno invece GM e Ford. L’incontro è fissato per oggi.
Quando lo scorso anno scoppiò il coronavirus, il mercato fu pesantemente colpito. Il rapido declino della domanda per alcune fasce di chip, ad esempio per il settore automotive, portò ad una rapida discesa della produzione. Alcune fabbriche si fermarono, altre si convertirono per altri prodotti alternativi.
Riparte l’Automotive ma mancano i chip
Oggi, con un quadro della pandemia in miglioramento negli Usa, la domanda di autoveicoli sta tornando a crescere, ma l’industria dei chip per il momento ha reagito con lentezza alla ripresa. Molti impianti si sono riconvertiti alla produzione di pc e dispositivi elettronici, per i quali la domanda è rimasta costante durante la pandemia.
Questi chip sono più nuovi, con margini di profitto superiori, il che significa che l’industria dell’auto rischia di trovarsi relegata nelle retrovie.
A peggiorare il quadro, il processo stesso di ripartenza della produzione che è di per sé lento. Ci vogliono a volte fino a 26 settimane per riprendere la produzione a pieno regime su ampia scala.
Stabilimenti chiusi
Ma questo ritardo nella ripresa dell’industria automobilistica americana sta creando diversi problemi negli Usa. Un primo summit emergenziale era stato organizzato dalla casa Bianca a febbraio, ma da allora la crisi è peggiorata, tanto che General Motors e Ford hanno detto la scorsa settimana che alcuni impianti produttivi domestici sarebbero temporaneamente chiusi per la carenza di chip.
Pressing per fondi pubblici negli Usa
Alcune componenti dell’industria manifatturiera e della stessa amministrazione Biden sono in pressing sul Congresso per fornire 50 miliardi di dollari di fondi freschi per la ripresa dell’industria americana dei semiconduttori. Un intervento che tuttavia, visti i tempi lunghi di ripresa del settore, non avrebbero comunque un effetto in tempi brevi sulla carenza di componenti.
Anche le aziende stanno cercando di reagire. Ad esempio, TSMC ha messo sul piatto un investimento di 100 miliardi di dollari nei prossimi tre anni per migliorare la produzione di chip, e sta realizzando in nuovo impianto in Arizona. Ma non è chiaro quanto tempo ci vorrà prima che la produzione riprenda in modo da soddisfare la domanda.
Il quadro americano risente anche di una dimensione geopolitica che vede gli Usa in una posizione di relativa dipendenza da produttori esteri di chip. Intel ha annunciato investimenti per 20 miliardi a partire dal 2024 per costruire due nuove fabbriche. Ma il Governo dovrà fare di più per accelerare verso l’indipendenza produttiva.