Ma quanto sono belli i bambini che apprendono un nuovo concetto o una nuova competenza? Quando sbarrano gli occhi in segno di stupore come se volessero chiederci: ma l’ho fatto io? Ci sono riuscito davvero? Ho creato qualcosa? Vuoi che sia un disegno, una lettera, uno scarabocchio, la mente del piccolo si espande, ci e si illumina nell’osservarsi in azione e nel vedere il frutto del suo movimento, di quel motore interno che ci rende vivi, fieri, orgogliosi e che tutti noi abbiamo scoperto per la prima volta negli anni magici della nostra infanzia. Primo link riflessivo di rimandi tra il fare e il pensare, il pensare e il fare che sotto l’azione del nostro motore di crescita ci sorreggerà e ci guiderà lungo il ciclo di vita dall’infanzia, all’adolescenza, quando finalmente saremo grandi e lavoreremo.
Occhi sbarrati, manine che si appropriano di direzionalità, che si animano e prendono coraggio sul collegamento tra una mente che assorbe e una prova d’azione che nel tempo cementerà il legame su un filo direzionale di sicurezza se c’è un altro, che ci osserva e mostra compiacimento per quel che siamo riusciti a realizzare. Salto avanti, salto indietro, alzo lo sguardo e sorrido se dall’altra parte colgo lo sguardo dell’insegnante che coglie di rimando non tanto la mia impresa, ma il mio essere soddisfatto di quello che ho fatto, di quello che ho prodotto, di quello che la mia mente, unica e creativa, è riuscita a realizzare.
Ed è qui in questo frame d’interazione che si gettano le basi per quel potenziamento mentale, quella ricchezza operativa che fa del nostro fare, vuoi che sia pensiero, vuoi che sia azione, un fare creativo improntato sul riconoscimento di una mente che pensa, si scopre, si riconosce e ci si impegna a fra brillare. La mente si attiva in un gioco di specchi, di rimandi, di connessioni, di rinforzi affettivi che vengono sedimentati nella memoria implicita di ciascuno di noi a partire dalla gravidanza, dai primi momenti di scambio interattivo in cui si apprende la prima forma del linguaggio che è quella non verbale, fatto di contatti, di carezze, di intese di sguardo, di sorrisi, che leggono la mente e riflettono la lettura della mente permettendo al bambino di scoprire i suoi desideri, le sue aspettative, i suoi bisogni, in una costante e continua scoperta del mondo. Si scopre il mondo e si impara piano piano a camminare nel mondo, a partire dall’intimità del nucleo familiare per poi espandersi nel micromondo della scuola, dove il cammino verso la società dei grandi si investe della responsabilità di dare il ritmo giusto che tiene conto del passaggio del tempo e dell’hic et nunc dell’ora dello specifico momento storico che si sta attraversando.
Genitori ed insegnanti, oggi nell’era digitale di fronte alla sfida di crescere le nuove leve del futuro su un terreno sdrucciolevole di cambiamenti repentini, improvvisi, debbono necessariamente assumersi la responsabilità di garantire ai bambini e ai ragazzi un utilizzo consapevole delle nuove tecnologie, senza abdicare responsabilità a destrezze genetiche di net generazioni, presentando il digitale come strumento e non come reset educativo di errori pedagogici non accuratamente valutati. Non si abdica il ruolo delegando allo strumento ma si ristruttura e modernizza un ruolo tenendo conto delle potenzialità di uno strumento capillarmente inserito nelle nostre vite, nelle nostre abitudini, nel nostro modo di conoscere, nel nostro non essere mai soli.
Si fa scuola come si è fatta sempre, nella ricerca di quel riconoscimento mentale di menti che si scoprono, si attivano, creano, lavorano, nel cercare di scoprire e rispettare talenti dandogli un senso direzionale che vuole seguire da sempre il rispetto e la dignità dell’essere umano, che pensa, agisce e segna il suo passo nel mondo.
Scuola digitale che altro non è che fare scuola nell’era digitale in cui molte competenze passano e si strutturano sull’utilizzo corretto della tecnologia e degli strumenti ad essa connessi.
Conoscere per prevenire, il motto di sempre, rivisto oggi in chiave digitale in una conoscenza che passa per la conoscenza dello strumento, delle sue potenzialità, delle sue ricadute sul processo di apprendimento, su un rispolverare assunti cardine delle scienze pedagogiche e psicologiche e modernizzarle alla luce di una tecnologia che può illuminare e non oscurare, solo nel riconoscimento di quell’imprinting mentale dell’uomo che da sempre irradia passioni e fa brillare.
La prima competenza in assoluto è la connessione tra menti che attivano e danno dignità assoluta al valore interno della loro operatività, oggi più che mai quando “con la crescente accelerazione del ritmo del cambiamento, il bisogno di pensiero creativo si farà più evidente” (Resnisk, 2018, p. 144).
Bibliografia
M. Resnick (2018), Come i bambini. Immagina, crea, gioca e condividi. Erickson