Sono forte nei video che posto
Ti seguo, mi segui, ti spio, ti controllo, monitoro i tuoi spostamenti, ti gratifico o ti denigro marcando il terreno della tua conquista dell’identità di quella valenza affettiva che prima si ricercava timidamente nell’ingresso nel gruppo, nella compagnia del muretto confinata nel tempo e nello spazio della frequentazione vìs a vìs. Sono forte nei video che posto, blocco i miei genitori perché altrimenti controllano le mie storie: “guarda che caspita abbiamo combinato nelle storie di ieri pomeriggio, ci vediamo in live. Mi sembra di aver fatto una cavolata ma in realtà ho ottenuto tantissime visualizzazioni, Chissà che non diventi un influencer”.
Le relazioni cambiano in una costante ed onnipresente e-life
Il gruppo, la socialità, le relazioni cambiano in una costante ed onnipresente e-life che si è adattata in modo sinergico e naturale alla sospensione del tempo per affrontare la pandemia. Tutto naturale, ci si vede online, è anche più comodo, non mi devo vestire, posso apparire migliore, la vita sembra andare avanti nella consuetudine di scrollare le dita sullo schermo, di inviare audio, di giocare insieme in cuffia dimenticando, forse ancora troppo spesso, che l’uomo è un animale sociale che ha bisogno del gruppo e delle relazioni per andare avanti e soprattutto per strutturare la sua identità in una fase giovanile in cui il contatto, il confronto, il tatto a livello epidermico non può essere sostituito dalle live.
Il “tornare nella vita”
Si è in contatto ma nel tempo si anela il contatto se l’isolamento ha messo in luce fragilità che abbiamo nascosto a noi stessi e agli altri, allora il “tornare nella vita”, al parco, a scuola, può mettere paura e scatenare reazioni impreviste, non controllate e, a volte pericolose, come l’autolesionismo. Mi taglio per non pensare, per dare espressione ad un disagio che non so mettere in parole, o per sentirmi forte perché sopportando il dolore sul corpo posso avere la forza di andare avanti ed affrontare quel fuori che temo anche se non comprendo il perché.
La presenza fisica annienta di colpo l’illusoria protezione dello schermo
Oggi si torna a scuola, quasi per tutti, il gruppo si ricompatta nell’incontro con l’altro in cui il reale, la presenza fisica annienta di colpo l’illusoria protezione dello schermo. Ci sembra tutti di essere più fragili, meno forti, più inermi di fronte alla tenuta di sguardi che in questo anno abbiamo cercato di cogliere o evitare, a seconda dei diversi momenti, con il blocco delle telecamere. Un click e sono oscurato, posso assentarmi, posso escludermi dal confronto ed isolarmi continuando a controllare, ad osservare e a volte a spaventarmi per poi chiudermi ancora di più in me stesso aumentando così sempre di più il muro difensivo verso un fuori che mi mette a disagio e che oggi, dopo tanto tempo, dovrò necessariamente affrontare.
Osservare, prima di interrogare
Ed allora oggi più che mai come adulti responsabili dobbiamo essere attenti, accogliere, osservare, andare oltre la facciata della protezione dello schermo, e cogliere in classe nella rinnovata presenza sguardi chini, titubanze, paure, perplessità, pezzetti identitari variopinti che ogni bambino, ogni ragazzo, ogni giovane mette sul banco al di là delle materie, dei compiti, dei programmi che possono essere per un attimo accantonati per apprendere dall’esperienza e ri-abbracciare un gruppo scuola che necessita di essere accolto, riconosciuto, visto nel frame relazionale in cui non si può chiudere il tasto delle emozioni. Che emozioni vivono oggi i nostri ragazzi? Come hanno reagito di fronte alla DAD? Cosa vogliono comunicarci e come potranno tessere la tela della sospensione del tempo nel loro periodo evolutivo maggiormente trasformativo e pertanto colmo di fragilità? Come possiamo evitare che il disagio si trasformi in abbandono scolastico e della vita in generale?
Oggi allora osserviamo, accogliamo, ricompattiamo un gruppo, ascoltiamo i segnali di disagio e nel caso diamo supporto alle famiglie, perché come ben sappiamo la prevenzione è il miglior modo di prenderci cura dell’altro e del futuro della nostra società. E la scuola altro non è che lo specchio della nostra società e del nostro progresso come essere umani e futuri cittadini del mondo.