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Scontro in AgCom. Incomprensioni personali? No, al centro i dossier più rilevanti, a partire da TIM

Ho appreso con stupore le dichiarazioni rilasciate dal Presidente di Agcom Giacomo Lasorella in una intervista rilasciata recentemente ad uno dei maggiori quotidiani nazionali, quando, commentando l’approvazione non all’unanimità delle delibere su Dazn, ha definito “preziosi spunti di riflessione” quelli offerti da chi non le ha votate (solo la sottoscritta) e ha parlato di un vero e proprio “metodo” inaugurato con il caso Dazn. ​

Ritengo doveroso precisare, che dinanzi ai dossier più rilevanti e delicati, come Dazn, il regolamento sull’equo compenso, la tutela del pluralismo informativo, il coinvestimento di Tim, fino al cosiddetto provvedimento “salva Mediaset” – solo per citarne alcuni – i molti rilievi e le altrettante proposte che ho sempre condiviso sugli aspetti a mio parere più problematici sono stati quasi sempre ignorati, talvolta considerati neppure meritevoli di discussione. Vi sono state persino iniziative approvate e nei fatti lasciate cadere, come l’indagine sulle piattaforme online.

Il “metodo” con cui a detta del Presidente Agcom celebra il 25esimo anniversario, lungi dall’essere virtuosa dialettica che punta alla sintesi o perlomeno all’ascolto di posizioni diverse, consiste nella repressione delle voci dissenzienti e persino nel tentativo di inibirne la pubblica manifestazione.

È paradigmatico l’ultimo episodio, che riguarda il comunicato del 1° giugno con cui prendevo le distanze dalle indiscrezioni giunte ai quotidiani in merito al coinvestimento di Tim. Anziché preoccuparsi di smentirle, dapprima il Presidente tramite la stampa e poi l’intero Consiglio in riunione, hanno ammonito me al rispetto delle regole del Codice etico di Agcom, richiedendo al contempo un parere al Comitato etico, organo interno all’Autorità.

Nel momento in cui il Consiglio Agcom richiede un parere al Comitato etico per poi eventualmente procedere ad accertare, valutare, persino sanzionare questa mia condotta – prospettando un richiamo o una “censura”, per usare le parole del Presidente – esso appare trovarsi in una situazione di conflitto di interesse. Il mio comunicato costituiva infatti ennesima espressione del perdurante contrasto di opinioni che sul coinvestimento di Tim ha visto da sempre me e la maggioranza del Consiglio su fronti opposti. Nella fattispecie, il comunicato riguardava la richiesta di Tim di variare i prezzi del progetto di coinvestimento, inoltrata ad Agcom proprio il giorno dopo che l’Autorità, a fronte di ben due anni di lavoro, lo aveva ormai approvato e trasmesso per le valutazioni finali alla Commissione europea, unica a potersi esprimere in questa fase. Una richiesta inammissibile, dunque. Un po’ come se qualcuno volesse cambiare il contenuto di un pacco già spedito e arrivato a destinazione, e per poter valutare la richiesta del mittente l’Ufficio postale dovesse chiederne la restituzione.

E tuttavia insistenti fughe di notizie, talvolta pubblicate dalla stampa a pochi minuti dalla conclusione della riunione di Consiglio, davano per certo non solo che Agcom avrebbe ritenuto ammissibile la richiesta di Tim, ma anche la possibilità di un’interruzione del corso del procedimento a Bruxelles.

Queste indiscrezioni ponevano una urgente questione di tutela della riservatezza dei dossier e generavano allarme sul mercato, tuttavia il Consiglio non interveniva per smentirle.
Ho quindi ritenuto necessario, anche a fronte dell’inerzia dei colleghi, manifestare pubblicamente la mia posizione dissenziente, prendendo parola per frenare la deriva delle indiscrezioni ed osservare come in questa fase del procedimento non fosse possibile cambiare le carte in tavola.

Paradossalmente, a fronte del fiume di indiscrezioni giunte alla stampa, che avrebbero necessitato adeguata indagine interna volta a verificarne le dinamiche, l’ipotesi di violazione della riservatezza è stata invece formulata nei miei confronti.
Anche io mi sono tuttavia rimessa con fiducia al Comitato etico, i cui componenti sono nominati su proposta del Presidente di Agcom, presentando una lunga e dettagliata memoria. Dal momento che il Presidente, nella propria richiesta di parere al Comitato, aveva descritto i fatti in modo erroneo, ho spiegato le reali circostanze in cui era maturato il mio comunicato stampa e la sua finalità di tutela dell’azione amministrativa. Ho evidenziato anche la strumentalità del coinvolgimento del Comitato stesso, piegato a mezzo per censurare le posizioni contrarie alla maggioranza del Consiglio, che peraltro utilizza spesso due pesi e due misure, non di rado a mio detrimento, e ignora le preoccupazioni da me espresse per l’emorragia di indiscrezioni su questo e altri dossier, anche ricorrendo a toni denigratori e virulenti non sempre documentati dai verbali fonografici. Quest’ultima circostanza mi ha costretto a chiedere di differire l’approvazione di un verbale e di accedere alla registrazione della riunione e infine, dinanzi al diniego della Segretaria Generale, a ricorrere al tribunale amministrativo per ripristinare il mio diritto e al contempo un essenziale presidio di trasparenza per l’Autorità tutta.

Nessuno degli elementi da me forniti è stato considerato dal Comitato etico.

Anzi, nel proprio parere – reso però non all’unanimità – il Comitato aderisce alla erronea descrizione del contenuto del mio comunicato fornita dal Presidente; riporta una ricostruzione dei fatti travisata, che altera i presupposti stessi della mia scelta di prendere parola; parla di “giudizi” laddove io mi limito a fotografare uno stato di cose, e colloca temporalmente il mio comunicato stampa a “procedimento aperto”, con conseguente accertamento della violazione di riservatezza. Al contrario, è proprio la riservatezza che il mio intervento puntava a tutelare, ricordando come ci trovassimo in una fase in cui è esclusa la possibilità di richieste, modifiche e relative istruttorie di Agcom, che – per tornare alla metafora – non può certo farsi rispedire il pacco da Bruxelles per consentire al mittente di variarne il contenuto.

L’aspetto ancor più preoccupante è però un altro.

Secondo l’interpretazione restrittiva del Codice etico proposta dal Comitato, l’espressione delle opinioni diverse dalla maggioranza sarebbe consentita solo a fronte di comunicati ufficiali dell’Autorità. Se, forte di tale parere, il Consiglio dovesse emettere un richiamo nei miei confronti, davvero finirebbe per censurare l’unica voce contraria alla gestione del progetto di coinvestimento di Tim e produrrebbe  un chilling effect: un effetto inibitore di ogni esercizio futuro della libertà di manifestazione dell’opinione dissenziente o critica, con evidente incidenza sulla indipendenza e autonomia di ciascun componente di Agcom,  e con una paradossale violazione dello stesso Codice etico, che “l’espressione della diversa opinione da parte dei Componenti” in realtà legittima.

La tutela di questo fondamentale principio dovrebbe stare a cuore non solo al Comitato etico ma anche, e soprattutto, al Consiglio di un’Autorità che proprio a garantire il pluralismo è preposta per mission istituzionale. Giova ricordare che il confronto delle idee quale presidio democratico deve essere sempre preservato, a maggior ragione quando riguarda temi di interesse generale.

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