Venezuela, parte lo sciopero generale; arrestati altri due giudici voluti dal Parlamento
26 lug 11:06 – (Agenzia Nova) – La tempesta prima della tempesta. Da oggi le opposizioni al presidente venezuelano Nicolas Maduro celebrano uno sciopero nazionale di 48 ore, estremo tentativo di fermare il nuovo processo costituente promosso dal governo come risposta alla crisi politica che da mesi strozza il paese. Ma le possibilita’ che domenica il capo di Stato rinunci all’apertura dei seggi, come chiede un ampio schieramento di nazioni in America e non, sono sempre piu’ flebili. E ad aumentare l’intensita’ del confronto arriva la notizia che la polizia segreta venezuelana ha arrestato altri due dei 33 giuristi che il Parlamento, espressione delle opposizioni e non riconosciuto dal governo, aveva nominato come magistrati del Tribunale supremo di giustizia (Tsj). Uno era stato arrestato sabato e gli altri, riferiscono i media locali, hanno scelto la clandestinita’. La crisi dunque precipita e neanche l’ennesimo tentativo di mediazione operato dall’ex presidente spagnolo Jose’ Luis Rodriguez Zapatero, da lunedi’ a Caracas, sembra poter strappare risultati. “Il tempo sta finendo”, ammette al quotidiano spagnolo “El Pais” una fonte vicina ai negoziati: Maduro non rinuncia alle elezioni che i suoi oppositori, anche interni, ritengono viziate nella forma e inutili nella sostanza. Le opposizioni non intendono ritirarsi dalla piazza denunciando l’imminente soppressione di fatto del Parlamento, organo le cui funzioni verranno assorbite in via straordinaria dall’Assemblea costituente. E gli Stati Uniti sembrano pronti a mettere in pratica la minaccia di sanzioni economiche avanzata nei giorni scorsi. Tutti guardano alla mega commessa di petrolio che gli Usa acquistano ogni anno al paese caraibico e che per Caracas rappresenta poco piu’ di un terzo delle entrate del settore. Senza questa vendita le entrate per le casse gia’ sofferenti del Venezuela si ridurrebbero di 11,7 miliardi di dollari, segnala “El Pais” citando le stime di esperti della materia. E difficilmente, proseguono, il greggio potra’ trovare altri compratori, visto l’ambiente di sfiducia che uno stop di Washington e’ capace di imporre ai mercati. Parte della tensione che soffre il paese e’ scaricata sulla frontiera con la Colombia, come scrive il quotidiano “El Tiempo”. Le autorita’ colombiane segnalano “con una certa sorpresa” che tra domenica e lunedi’ circa 53 mila persone hanno superato i tre principali punti di passaggio tra le nazioni, un valore che rialza la media di 25mila passaggi quotidiani registrata negli ultimi tempi. Numeri che sarebbero secondo altre agenzie ancora piu’ grandi e che comunque tutti attribuiscono all’intensificarsi della crisi interna in Venezuela e alla ricerca di cibo e risorse che gli abitanti del paese vicino conducono in vista delle dure giornate in avvicinamento. Di altra natura, ma comunque seguita dai media, l’abbandono del paese da parte di Lilian Tintori, combattiva moglie del principale oppositore al governo di Caracas, Leopoldo Lopez, attualmente agli arresti domiciliari. La donna – che per chiedere la liberazione del marito ha girato nei mesi alcune delle principali capitali del pianeta – e’ stata fotografata in uscita dal paese assieme ai figli. Senza pero’ rilasciare commenti sui social da lei tanto frequentati. Una circostanza questa che allerta i media.
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Usa, Trump attacca ancora il procuratore generale Sessions, non chiarisce se intenda licenziarlo
26 lug 11:06 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha rivolto anche ieri pesanti critiche al procuratore generale Jeff Sessions, ex senatore repubblicano che pure e’ stato uno dei suoi sostenitori della prima ora ed uno dei piu’ convinti promotori della sua agenda populista. Trump non ha digerito la decisione di Sessions di ricusarsi dalle indagini sulla presunta intromissione della Russia nella campagna elettorale dello scorso anno, e sulla fantomatica “collusione” tra la campagna di Trump e il Cremlino. Sessions aveva deciso di ricusarsi all’inizio dell’anno, subito dopo la conferma della sua nomina, proprio alla luce dell’appoggio pubblico che aveva garantito alla campagna elettorale del presidente. Quest’ultimo, pero’, ritiene Sessions responsabile dell’assedio scontato dalla Casa bianca, che oltre alle accuse dei Democratici e all’alleanza ostile tra lo “stato profondo” e i media, deve anche fare i conti con la “spada di Damocle” della commissione investigativa speciale affidata all’ex direttore dell’Fbi Robert Mueller. Quest’ultimo ha ricevuto proprio dal dipartimento di Giustizia un mandato investigativo pressoche’ illimitato, che ha sfruttato per estendere le indagini ad ampio raggio a tutte le attivita’ finanziarie di Trump e dei suoi collaboratori che abbiano anche vagamente a che fare con la Russia, anche se vecchie di decenni. Ieri (martedi’) Trump ha fatto ricorso a Twitter, come al suo solito, per accusare Sessions di non aver perseguito con decisione le irregolarita’ della precedente amministrazione presidenziale, e di Hillary Clinton in particolare; secondo Trump, Sessions e’ anche rimasto immobile di fronte all’incessante diffusione di informazioni e notizie riservate da parte dei funzionari governativi ostili al presidente, che hanno minato l’attivita’ della nuova amministrazione sin dal suo insediamento. Sempre ieri, intervistato dal “Wall Street Journal”, il presidente ha riservato al procuratore generale un giudizio ancor piu’ inequivocabile: “Sono molto deluso di Jeff Sessions”, ha dichiarato, senza chiarire se intenda o meno licenziarlo. Nel corso dell’intervista, Trump ha chiarito che non sta soppesando alcuna altra modifica rilevante alla sua squadra di governo; il presidente si e’ detto “molto soddisfatto” della nomina a direttore delle comunicazioni di Anthony Scaramucci, che proprio ieri, a meno di una settimana dalla sua nomina, ha licenziato uno dei funzionari addetti alle comunicazioni, nell’ambito di un’offensiva contro le fughe di informazioni alla stampa.
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Usa, il Senato approva per un soffio la discussione sul futuro dell’Obamacare ma respinge la proposta di riforma della leadership repubblicana
26 lug 11:06 – (Agenzia Nova) – La maggioranza repubblicana del Senato Usa ha approvato ieri l’inizio della discussione parlamentare sulla sanita’, ma ha bocciato il disegno di legge approntato dalla propria leadership che avrebbe dovuto rimpiazzare l’Affordable Care Act (“Obamacare”), voluto e varato dalla precedente amministrazione presidenziale. Quello voluto dalla leadership repubblicana e dalla Casa bianca, sottolinea la stampa Usa, e’ un azzardo: i legislatori, infatti, hanno intrapreso un dibattito privo di un oggetto preciso, con il vago obiettivo di abrogare il sistema attualmente in vigore, che sta collassando sotto il peso della propria insostenibilita’ finanziaria. Con una maggioranza di appena 52 senatori sui 100 totali, i Repubblicani potevano permettersi appena due defezioni, ed e’ proprio quanto e’ accaduto: determinanti, per sancire l’avvio del dibattito parlamentare, sono stati i voti del vicepresidente Mike Pence e del Senatore John McCain, che si e’ presentato in aula per il voto nonostante gli sia stato diagnosticato da pochi giorni un tumore al cervello. McCain, accolto in aula da un lungo applauso bipartisan, durante il proprio intervento si e’ scagliato contro il suo stesso partito, annunciando che avrebbe votato in favore dell’avvio del dibattito, ma contro la proposta di riforma promossa dal presidente del Senato Usa, Mitch McConnel, e dalla Casa Bianca; una proposta, ha detto McCain, che e’ stata approntata senza un confronto con l’opposizione democratica, che ha opposto la stessa obiezione, pur avendo intrapreso da sei mesi un ostruzionismo parlamentare inflessibile contro l’agenda dell’amministrazione presidenziale in carica. Anche ieri, i Democratici hanno annunciato l’intenzione di “combattere e combattere” qualunque tentativo di superare l’Obamacare, a prescindere dai contenuti. Il presidente Usa, Donald Trump, che ieri ha tenuto un comizio in Ohio, ha elogiato i Repubblicani per aver approvato l’inizio della discussione parlamentare, che l’inquilino della Casa bianca spera possa portare quantomeno all’abrogazione dell’Affordable Care Act. Negli ultimi giorni, Trump aveva messo in guardia i senatori repubblicani, ricordando loro di aver promesso per anni agli elettori l’approvazione di una alternativa al fallimentare sistema vigente, e ventilando gravi conseguenze per le loro personali candidature in occasione delle prossime elezioni di medio termine. I prossimi passi del Senato sul fronte della sanita’ sono incerti: i Repubblicani potrebbero sottoporre al voto del Senato una serie di proposte di riforma alternative all’Obamacare, che quasi certamente verranno tutte bocciate, prima di rassegnarsi a un intervento correttivo dal carattere e dai contenuti piu’ modesti, nella speranza di convincere qualche democratico a un atto di responsabilita’ istituzionale. Se e quando il Senato avra’ trovato i voti per approvare una proposta di riforma, questa dovra’ essere inviata alla Camera che dovra’ discuterla ed approvarla a sua volta.
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Libia, Macron patrocina un accordo senza garanzie di risultati concreti
26 lug 11:06 – (Agenzia Nova) – Il presidente francese Emmanuel Macron ieri martedi’ 25 luglio e’ riuscito a mettere insieme i due principali esponenti delle fazioni in lotta per il potere in Libia, ma dopo le immagini tv e le belle parole la sfida ora sara’ di mettere in pratica l’accordo patrocinato dalla Francia: cosi’ il quotidiano “Le Monde” sintetizza in sostanza l’esito dell’incontro avvenuto alle porte di Parigi tra Fayez al Sarraj, il capo del governo libico di “unita’ nazionale” basato a Tripoli e l’uomo forte della Cirenaica, il maresciallo Khalifa Haftar, alla presenza appunto di Macron e del nuovo emissario delle Nazioni Unite per la Libia, il libanese Ghassam Salame’. I due grandi rivali che si disputano il controllo del paese nordafricano si sono trovati d’accordo su una dichiarazione in dieci punti che in particolare impegna i contendenti a non utilizzare la forza militare l’un contro l’altro e ad organizzare in Libia elezioni parlamentari e presidenziali nella primavera del 2018. Tuttavia, nota il “Monde”, la “dichiarazione comune” non e’ stata controfirmata da Sarraj e da Haftar: e’ dunque piuttosto, come l’ha definita il presidente francese, “una guida sulla strada verso la riconciliazione nazionale libica”. Per Macron, che negli ultimi tempi ha moltiplicato il suo attivismo diplomatico a livello internazionale, si tratta di un innegabile successo, quantomeno d’immagine; ma il difficile viene ora: tanto per cominciare, scrive il “Monde”, Sarraj non ha alcun mandato da parte dei suoi alleati di Tripoli e di Misurata; quanto al campo di Haftar, e’ assai diviso sulla strategia da seguire. Tutti poi sono scettici sulla tenuta di nuove elezioni in tempi cosi’ ravvicinati; ed infine nei prossimi mesi bisognera’ comporre un puzzle diplomatico internazionale composto da diversi e contrastanti attori. Soprattutto, l’incontro organizzato a Parigi ha suscitato irritazione a Roma: l’Italia non ha affatto apprezzato di essere stata messa davanti al fatto compiuto nella sua ex colonia dove e’ molto attiva in campo politico, economico ed umanitario. Il ministro degli Esteri italiano Angelino Alfano ha criticato quella che ha bollato come “una moltiplicazione dei mediatori e delle iniziative” ed ha fatto appello ad “unificare gli sforzi” attorno all’azione dell’emissario dell’Onu. Da parte sua Macron ha pubblicamente negato che sulla Libia ci sia alcun problema con l’Italia; ciononostante, conclude il “Monde”, il malumore italiano e’ molto reale.
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Germania-Turchia, Erdogan rivolge accuse di spionaggio contro Berlino
26 lug 11:06 – (Agenzia Nova) – Commentando l’arresto dell’attivista per i diritti umani tedesco Peter Steudtner da parte delle autorita’ di Ankara, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha rivolto accuse di spionaggio all’indirizzo di Berlino. “Non permettete al presidente e ai ministri turchi di parlare nel vostro paese”, ha detto Erdogan martedi’ di fronte ai parlamentari del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp), riferendosi ai divieti opposti ai comizi di esponenti del governo turco in Germania. “Eppure i vostri agenti soggiornano tranquillamente nei nostri alberghi e condividono la mia terra”. Il presidente turco ha accusato la magistratura tedesca di permettere a “terroristi” del partito curdo dei lavoratori Pkk e agli agenti coinvolti nel fallito golpe militare di circolare liberamente in Germania. Steudtner e altri otto attivisti turchi per i diritti umani sono stati arrestati lo scorso 5 luglio. Il quotidiano filogovernativo “Aksam” li ha accusati di essere delle spie. “Risponderemo a qualsiasi ostentata mancanza di rispetto”, ha detto il presidente turco, criticando i paesi occidentali responsabili, a suo parere, di voler imporre alla Turchia la loro volonta’. Erdogan ha poi ribadito che le autorita’ turche non stanno indagando alcuna azienda tedesca, ma la tensione tra i due paesi non accenna a placarsi. Il giornale islamista turco “Yeni Akit” ha titolato “Peggio di Hitler” su un’immagine del cancelliere tedesco Angela Merkel con sovrimpressa un svastica; il quotidiano ha accusato la Germania di maltrattare i lavoratori e i cittadini turchi presenti nel paese europeo. Il portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin, cosi’ ha scritto in un articolo per il giornale filogovernativo “Daily Sabah”: “Una relazione tra la Turchia e l’Europa sulla base della fiducia, interessi comuni, uguaglianza e rispetto e’ possibile e necessaria. I turchi, i tedeschi e gli europei devono lavorare sodo per evitare atteggiamenti irrazionali e una politica irresponsabile, che alla fine fara’ male a tutti. Per i cittadini tedeschi non vi e’ alcun pericolo mentre visitano la Turchia”. Il portavoce presidenziale ha anche criticato “l’ossessione dei media tedeschi nei confronti di Erdogan”.
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Spagna, pieno di giornalisti per la testimonianza di Rajoy al processo sulla corruzione del Pp
26 lug 11:06 – (Agenzia Nova) – La giornata politica spagnola ha un appuntamento e un protagonista indiscussi: il presidente del governo Mariano Rajoy e’ infatti atteso dai giudici della Audiencia Nacional per rendere la sua testimonianza relativa al caso “Gurtel”, complicata trama di corruzione che ha attraversato il Partido popular (Pp). “Non ho mai saputo niente di finanziamenti illegali”, ha detto Rajoy nel corso dell’udienza cui e’ stato chiamato per chiarire alcuni aspetti della situazione di un partito di cui e’ stato vicesegretario generale e responsabile degli affari del elettorali partito, quindi presidente. “La mia responsablita’ era politica e non contabile”, ha spiegato il capo dell’esecutivo, che in aula ripete la sua totale estraneita’ a quella che secondo alcun e’ la piu’ grande trama di corruzione della democrazia. I riflettori sono accesissimi: 83 mezzi di comunicazione accreditati, di cui 22 stranieri, per un totale di 312 persone tra giornalisti, operatori e fotografi. “Mariano Rajoy non compare come presidente del governo, ma come un cittadino spagnolo in qualita’ di testimone per fatti che si stanno giudicando in questo tribunale in ragione degli incarichi che aveva nel Pp”, e la “collaborazione con la giustizia” e’ un “atto che si inquadra nella normalita’ democratica dello Stato di diritto”, aveva detto il giudice dell’Audiencia citando il testimone illustre. Di fatto pero’, il passaggio di Rajoy non promette cambi sostanziali nel processo in corso: in aula ci sara’ il nuovo procuratore nazionale anticorruzione, Alejandro Luzon, ma sara’ solo una “cortesia istituzionale” e di fatto la procura non ha mai ritenuto utile la testimonianza di Rajoy, chiamato in aula su richiesta della Asociacion de abogados democratas de Europa.
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Regno Unito, divieto di vendita di nuove auto a benzina e diesel entro il 2040
26 lug 11:06 – (Agenzia Nova) – Il segretario all’Ambiente del Regno Unito, Michael Gove, riferisce il “Financial Times”, annuncera’ oggi la fine del motore a combustione interna entro una generazione: annuncera’, infatti, che entro il 2040 sara’ vietata la vendita di auto a benzina, diesel e ibride di nuova costruzione. L’obiettivo, a due settimane da un’analoga iniziativa francese, fa parte dell’atteso “piano per la qualita’ dell’aria” e va al di la’ della precedente indicazione del governo sull’azzeramento entro quell’anno delle emissioni di anidride carbonica delle nuove vetture. La mossa di Gove e’ considerata una svolta per i veicoli elettrici, che attualmente sono meno dell’uno per cento di quelli venduti in Gran Bretagna. Il divieto rientra in un piu’ ampio pacchetto di misure volte ad abbassare i livelli dell’inquinamento, che in diverse citta’, come Londra e Glasgow, superano i limiti di legge: ad esempio aggiornamenti tecnologici per i vecchi autobus, modifiche alle planimetrie stradali, pedaggi o blocchi della circolazione in certi orari per i mezzi piu’ inquinanti. Il costo complessivo dovrebbe aggirarsi intorno ai tre miliardi di sterline, ma il 90 per cento della spesa e’ gia’ stata annunciata. “La modesta qualita’ dell’aria e’ il piu’ grande rischio ambientale per la salute pubblica nel Regno Unito e questo governo e’ determinato a intraprendere un’azione forte nel piu’ breve tempo possibile”, recita un comunicato del dipartimento per l’Ambiente. L’esecutivo, tuttavia, ha rimandato piu’ volte la presentazione del piano, recentemente sollecitata dall’Alta Corte su istanza di ClientEarth, studio legale specializzato nel diritto ambientale, che ha espresso perplessita’ sulla risposta del governo. Insoddisfatta l’organizzazione non governativa Greenpeace, per la quale “il 2040 e’ troppo tardi”. L’annuncio del governo cade in concomitanza con quello, molto importante per l’industria britannica, di Bmw: il gruppo automobilistico tedesco ha reso noto che la Mini elettrica sara’ assemblata a Cowley, vicino Oxford, a partire dal 2019, una manifestazione di fiducia nella Gran Bretagna nonostante la Brexit.
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Regno Unito, i sindacati esortano il Labour a lottare per restare nel mercato unico
26 lug 11:06 – (Agenzia Nova) – I sindacati premono sul Labour, principale partito di opposizione del Regno Unito, affinche’ retroceda dall’impegno a uscire dal mercato unico europeo. Il leader, Jeremy Corbyn, ha escluso la permanenza perche’ “dipendente dall’appartenenza all’Unione Europea”, andando al di la’ del programma elettorale, nel quale non era ancora stata presa una posizione al riguardo. La Transport Salaried Staffs’ Association (Tssa), una delle organizzazioni sindacali piu’ vicine alla leadership laborista, per voce del segretario generale, Manuel Cortes, ha esortato il partito a non escludere alcuna opzione, compresa quella di restare nell’Ue, sulla quale i cittadini dovrebbero potersi esprimere dopo i negoziati. Il Trade Union Congress (Tuc), confederazione che rappresenta una cinquantina di sigle, ha dichiarato che rimanere nel mercato europeo e’ “il modo migliore per proteggere i posti di lavoro e i diritti dei lavoratori” e che dovrebbero essere valutate tutte le possibilita’. Il suo responsabile delle relazioni europee e internazionali, Owen Tudor, ha riconosciuto che molti elettori hanno votato “Leave” perche’ volevano un maggior controllo sull’immigrazione, ma ha aggiunto che quell’obiettivo puo’ essere raggiunto anche senza uscire dal mercato unico, con politiche interne che ammorbidiscano l’impatto della pressione migratoria. Nel dibattito e’ entrato anche Carwin Jones, primo ministro del Galles e leader del Labour gallese, anche lui contrario all’uscita dal mercato unico, per la quella si e’ espresso, invece, il segretario ombra al Commercio, Barry Gardiner.
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Migrazioni, la Ue proroga la missione navale Sophia
26 lug 11:06 – (Agenzia Nova) – La missione navale europea Sophia al largo della Libia continuera’ fino alla fine del 2018. Lo hanno riferito al “Der Spiegel” fonti diplomatiche, secondo cui l’Italia ha rinunciato ad opporre il proprio veto, con cui pareva volesse sollecitare i partner europei a sostenerla nella gestione dei flussi migratori dal Nordafrica. Dei circa 110 mila migranti giunti in Europa dall’inizio dell’anno, secondo i calcoli dell’Onu e dell’Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr), circa 93 mila sono approdate nei porti italiani. Il Paese quindi chiede maggiore solidarieta’ ai partner europei. La Germania paghera’ altri tre milioni di euro quest’anno nel “fondo fiduciario di emergenza per l’Africa”, e altri 12 sono previsti per il prossimo anno. Il mandato della missione Sophia, pero’, non consente alle unita’ navali europee di combattere efficacemente il traffico di esseri umani. Il ministro degli Esteri belga, Didier Reynders, ha chiesto che le navi europee possano operare anche nelle acque territoriali del paese nordafricano. Il capo della politica estera della Ue, Federica Mogherini, ha pero’ gia’ replicato che tale espansione del mandato non rientra negli obiettivi dell’Ue. Il ministro degli Esteri austriaco, Sebastian Kurz, ha chiesto che le navi della missione non portino piu’ i migranti nei porti italiani, mentre quello lussemburghese, Jean Asselborn, ha messo in guardia sul fatto che i migranti non potranno tornare in Libia fino a quando le condizioni dei campi ivi presenti non miglioreranno. In Germania, la situazione dei rifugiati e’ stata nuovamente posta al centro del dibattito politico-elettorale dal leader socialdemocratico Martin Schulz. Il candidato cancelliere del Partito socialdemocratico (Spd) ha definito la situazione in Italia “altamente esplosiva”, e ha messo in guardia circa una ripetizione della crisi dei rifugiati dell’estate del 2015. I Cristiano-democratici (Cdu) e la sua consorella bavarese, l’Unione cristiano-sociale in Baviera (Csu) lo hanno accusato di voler sfruttare la questione per recuperare lo svantaggio del suo partito in termini di consensi elettorali. I due partiti sottolineano inoltre che la cifra di circa 90 mila profughi arrivati dall’inizio dell’anno in Italia sia la stessa giunta in Germania nel 2015 in una sola settimana. Giovedi’ il candidato dell’Spd si rechera’ a Roma per incontrare il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni, per poi recarsi in Sicilia, a Catania, a visitare un centro per richiedenti asilo.
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Cantieri Stx, la Francia propone un nuovo accordo ma l’Italia rifiuta
26 lug 11:06 – (Agenzia Nova) – Il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, ieri martedi’ 25 luglio ha annunciato di aver proposto all’Italia una divisione paritaria (50-50) nel capitale dei cantieri navali Stx France di Saint Nazaire: lo scrive il quotidiano economico “Les Echos” riferendo il contenuto dell’audizione del ministro davanti alla commissione Affari economici del Senato francese. Si tratterebbe di una modifica sostanziale dell’accordo concluso dal precedente governo di Parigi, secondo cui il gruppo italiano Fincantieri avrebbe assunto la maggioranza di Stx France spalleggiato dagli alleati della Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste: per indorare la pillola, il governo francese ha offerto all’Italia una cooperazione allargata nel settore delle costruzioni navali militari. “Adesso stiamo aspettando una risposta da parte del governo italiano e speriamo che sia positiva”, ha aggiunto Le Maire: “In caso contrario”, ha minacciato, “dovremo trarne tutte le conseguenze entro la fine della settimana”. Il governo francese potrebbe infatti decidere di nazionalizzare i cantieri di Sain Nazaire utilizzando il diritto di prelazione sul capitale della societa’ cantieristica messa in liquidazione dal tribunale di Seul che sta curando il fallimento della casa madre sud-coreana Stx Shipbuilding; ma tale diritto scadra’ lunedi’ prossimo 31 luglio. La risposta dell’Italia pero’ e’ gia’ arrivata e per ora e’ un rifiuto netto: nello stesso pomeriggio di ieri l’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe De Bono, ha diffuso un comunicato in cui puntualizza che “condizione essenziale” per l’ingresso della societa’ italiana nei cantieri Stx France di Sain Nazaire e’ che “la combinazione delle due aziende possa creare un valore aggiunto. I negoziati con lo Stato francese per definire una struttura di governance soddisfacente continuano”, recita il comunicato di Fincantieri. In serata poi e’ arrivata la messa a punto da parte del governo italiano, anch’essa negativa: una fonte del ministero del Tesoro ha detto all’agenzia di stampa “Reuters” che la proposta francese “non e’ accettabile”. “La linea rossa e’ quantomeno una leggera maggioranza italiana nel capitale, con relativo controllo del consiglio di amministrazione” dei cantieri di Sain Nazaire, ha detto la fonte. Per raggiungere un accordo, conclude “Les Echos”, restano ora solo due giorni di tempo.
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