Due avvenimenti questa settimana su cui riflettere: il primo richiamato da Aldo Grasso sul Corriere della Sera di pochi giorni fa riguarda il restringimento progressivo della platea della televisione generalista sia in termini assoluti che in termini di qualità; meno spettatori e, comunque, sempre più anziani. Dall’altro la presentazione al MAXXI a Roma, da parte del direttore della generale della Rai e del capo della fiction, del nuovo piano editoriale della Rai Fiction per i prossimi anni.
Due eventi importanti che hanno un legame tra di loro, da un lato infatti la consapevolezza che la televisione generalista come noi l’abbiamo conosciuta, quindi una televisione di distribuzione indistinta, sta perdendo progressivamente quote di mercato, forza e ruolo. Dall’altro la consapevolezza da parte della più grande azienda culturale di questo Paese che l’investimento nella fiction deve essere non più solamente indirizzato alla distribuzione sulle reti Rai, ma deve cominciare anche a rapportarsi con il mercato internazionale. E di qui anche la scelta indicata da Campo dall’Orto di investire non più solamente per il mainstream di Rai1 ma per tutta una serie di prodotti differenziati e diversi che possono avere incidentalmente come destinatario le reti Rai, in particolar modo la seconda e la terza rete, ma più in particolar modo il mercato estero.
Il mercato inteso in senso lato, la possibilità cioè di esportare questi prodotti finiti oppure di essere questi prodotti oggetto di co- produzione.
Sembra quasi di avvertire nelle parole di Campo dall’Orto la consapevolezza che la Rai deve sempre più diventare azienda di produzione e meno azienda di distribuzione, o quantomeno che la distribuzione debba limitarsi al cosiddetto “cotto e mangiato” e che per quanto riguarda la produzione di fiction non deve essere solamente distribuito dalle reti, ma anche pensato, prodotto e veicolato per il mercato internazionale.