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Sardegna e “campo largo” rinforzano il bipolarismo e il “civismo”

GIUSEPPE CONTE, PRESIDENTE DEL MOVIMENTO 5 STELLE, ALESSANDRA TODDE, PRESIDENTE DELLA SARDEGNA, ELLY SCHLEIN SEGRETARIA DEL PD SULLO SFONDO

I sardi votano una donna Presidente per la prima volta dimostrando grande coraggio civile, votano per una candidata preparata e competente con un profilo internazionale (Alessandra Todde già viceministro all’economia del Governo Draghi) e dunque “il sardismo” si dimostra ancora una volta intelligente ed esplorativo e visionario degli equilibri italici provando ad indicare “una via possibile”.

Votano una donna con una visione e che ha messo al primo punto la sanità distrutta e desertificata dalla gestione Solinas che ha peraltro lasciato un buco enorme di oltre 3 miliardi di euro.

Una donna eletta Presidente dunque che segna anche il campo di un necessario “superamento” del gender gap e che vince proprio raccogliendo consenso innanzitutto sulla sua persona rispetto alla coalizione che l’ha sostenuta. Certo Truzzu sindaco di Cagliari ha perso soprattutto per non aver dimostrato capacità gestionali nel governo della città lasciando proprio li migliaia di voti.

Nel complesso Schlein e Conte vincono sperimentando “il campo largo” per la prima volta dopo anni di schermaglie competitive e sconfiggendo anche la lista “centrista” guidata da Soru con il Terzo Polo di Calenda e Renzi sfiorando l’esito opposto per sottrazione di voti al centro sinistra ma non riuscendo ad entrare in consiglio (per la soglia al 10% già di per sé spada elettorale bipolare) perché i sardi votano la ottima candidata unitaria di PD e 5stelle, seppure di misura (+ 0,3%).

Di fatto vince il “bipolarismo”, e  infatti il centro-destra raccoglie moltissimi voti in linea con la tornata precedente, ma non sufficienti per una manciata di consensi nelle città rispetto alle campagne, con un differenziale peraltro atteso, anche per l’inefficacia politico-gestionale-amministrativa di questi ultimi 5 anni.

Insomma una lezione per il centro sinistra che ha saputo convergere su una candidata condivisa, competente e donna allargando lo sguardo ad un perimetro più ampio di un paese e di una regione che vogliono essere più uniti e anche più bipolarizzati per una migliore scelta politica e per una più efficiente selezione delle classi dirigenti e dei candidati/ Governatori.

Segnando dunque una strategia per il futuro a partire dalle prossime elezioni in Abruzzo dove il centrosinistra si presenterà unito anche con i centristi e dunque pure in quel caso si giocherà molto sulle qualità differenziali dei due candidati e che si presume vincerà il più competente, meno ideologizzato , il più “civico” e vicino ai problemi dei territori e “distante” da Roma.

Gravissimo infatti l’errore comunicativo  sardo della Meloni avendo politicizzato il confronto ponendo il proprio viso sui cartelloni sardi “cancellando” Truzzu (candidato proprio da lei imposto) con un messaggio di “rimozione” netta del “suo” candidato che certo non ha attratto voti ma li ha respinti visto l’orgoglioso e fiero “spirito sardista” con la sua specifica insularità. Errore comunicativo che ha sicuramente “respinto” quella manciata di voti (2600 circa) che – alla fine – ha fatto la differenza pesando e consegnando la vittoria al centro sinistra.

Quanto l’esito del voto sardo sia un evento episodico e quanto un fenomeno strutturale di valutazione discendente (o ascendente) del Governo Meloni lo vedremo presto già in Abruzzo e poi in Basilicata e in Europa a giugno. Il centrosinistra dovrà organizzarsi  rinforzando questa “traccia esplorativa sardista” dato che il “campo largo” esiste e non è una categoria dello spirito ma va appoggiato su idee e progetti comuni (salario minimo, sanità da ricostruire, politica industriale, settimana corta,  ruolo dell’UE nel mondo e federalismo).

Mentre il centro destra dovrà fare attenzione alle modalità per definire i candidati locali considerandone le qualità allontanando l’”ombra romana” (centralista e nazionalista) come segnale di indipendenza e di vicinanza ai territori  visto l’enorme astensionismo elettorale prossimo al 50%, grande minaccia per una democrazia matura alle prove con un caos globale  e di permacrisi che non vedevamo dal 1945.

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