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È un anno che sentiamo parlare di sanità e tecnologie, ma in Italia ci sono 18 mila dispositivi diagnostici obsoleti

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L’emergenza legata al Coronavirus che ha colpito l’Italia e tutta l’Europa intera ha posto in primo piano il problema della sanità e della sua capacità di risposta, dell’adeguamento tecnologico e del livello di innovazione delle strutture ospedaliere e sanitarie sul territorio regionale.

Sanità e Pnrr

Per questo a gennaio il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha annunciato che al settore sanitario andranno l’8,8% delle risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza o Pnrr, per circa 19,7 miliardi di euro.

In origine erano anche meno, poi sono stati aggiunti 4,7 miliardi all’ultimo momento.

Si dovrebbe partire da qui per immaginare la nuova sanità nazionale, più diffusa, più efficiente, di qualità e soprattutto tecnologica.

Nell’ultimo anno si è sentito spesso parlare del binomio tecnologia-sanità per migliorare la qualità del rapporto paziente-medico, per migliorare il livello di diagnosi, cura e terapia, per rendere più efficienti le stesse strutture medico-ospedaliere.

Certo, le risorse erano fin dall’inizio della pandemia poche e (come al solito) mal distribuite, ma dopo un anno di Covid-19 e di emergenza vedere la sanità nazionale alle prese sempre con i soliti problemi cronici (mancanza di posti letto, mancanza di strutture tecnologiche adeguate, mancanza di personale e soprattutto di quello specializzato) lascia un poco imbarazzati e disorientati.

Apparecchiature obsolete

Situazione che peggiora se si da un’occhiata al Report pubblicato dall’Osservatorio parco installato (Opi) di Confindustria dispositivi medici, secondo cui sono oltre 18mila le apparecchiature di diagnostica per immagini obsolete, come risonanze magnetiche, Pet, Tac, angiografi e mammografi.

Tecnologia obsoleta, con apparecchiature che hanno in media più di 10 anni. in Francia, Svezia e Danimarca, invece, più del 60% dei sistemi tecnologici impiegati nel settore sanitaria ha meno di 5 anni.

Siamo ancora lontani da un reale processo di ammodernamento del parco installato nelle strutture italiane”, ha commentato Aniello Aliberti, Presidente di Elettromedicali e Servizi integrati.

Tecnologie all’avanguardia consentirebbero non solo una migliore capacità diagnostica, ma anche una maggiore velocità di refertazione – ha affermato Aliberti – che potrebbe rivelarsi fondamentale una volta che i cittadini saranno meno impauriti e riprenderanno a fare prevenzione e a curarsi senza timore di contagiarsi. Il servizio sanitario deve farsi trovare pronto anche alla forte richiesta che ci sarà nel post Covid”.

Innovazione nella sanità di primaria importanza

Il 71% dei mammografi convenzionali ha superato i 10 anni di età, si legge nel documento, mentre il 69% delle Pet ha più di 5 anni e il 54% delle risonanze magnetiche chiuse 1,0 T hanno ancora oltre 10 anni.

Un segnale positivo si intravede tra gli ecografi portatili che nell’82% dei casi sono stati acquistati meno di 5 anni fa, così come il 78% dei sistemi digitali per la chirurgia ad arco e l’81% dei radiografi mobili digitali.

E questo in un momento in cui “per l’84% della popolazione italiana rinnovare i macchinari e le tecnologie degli ospedali è di primaria importanza”, è spiegato dall’Osservatorio.

Accrescerne l’attendibilità e la sicurezza è particolarmente necessario – è precisato nel documento – in un periodo in cui il 37% degli italiani ha rinviato del tutto o in parte esami, visite e cure mediche per la paura del contagio o per il sovraffollamento delle strutture impegnate nella lotta al Coronavirus“.

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