Il livello di digitalizzazione del settore sanitario in Italia non è ancora sufficiente per garantire una qualità sufficiente in ospedali, strutture di healthcare, comparto farmaceutico, MedTech e Insurance.
E’ quanto emerge da un report ad hoc realizzato da Boston Consulting Group, focalizzato appunto sull’healthcare in Italia, secondo cui al di là dell’emergenza pandemica dalla quale siamo faticosamente usciti, la digitalizzazione del settore sanitario rappresenta l’aspetto più incisivo per rivoluzionare l’intero ecosistema, a partire dalla telemedicina e dall’assistenza da remoto. “I pazienti lo vogliono, il mercato se lo aspetta”, si legge nel report.
In questo contesto, il settore Healthcare in Italia è in ritardo rispetto alla media in termini di digitalizzazione anche se l’ambizione di migliorare c’è ed è forte.
Come uscirne?
Quali contromisure adottare?
Sono due, secondo il report, le principali vie da intraprendere per sviluppare l’ecosistema individuate dal BCG-DAI (Digital Acceleration Index), che ha analizzato 42 soggetti nel periodo giugno-settembre 2021, da un database di 5mila soggetti del settore pubblico e privato dell’healthcare, farmaceutico, medtech, assicurativo e corporate welfare. Un questionario con una novantina di domande, dal quale scaturisce che la leva del digitale nel quadro storico propizio del PNRR. C’è da dire che il punto di partenza è lontano, con la sanità che registra un livello di digitalizzazione più basso rispetto a diversi altri settori fra cui il Consumer, l’Energy, le TelCo, il Finance e la Tecnologia.
Il grande terreno comune, su cui il futuro di HC può da costruire, è l’interesse che tutti hanno per la razionalizzazione del percorso paziente/cliente. Il desiderio è quello di unire le forze per costruire un percorso paziente semplificato, che vada dalla prevenzione alla diagnosi, alla terapia e al successivo monitoraggio/follow-up.
Coloro che spingono per possibili benefici dalla definizione di un nuovo customer journey sono soprattutto le società farmaceutiche, che per la maggior parte non hanno il controllo o contatto diretto con il paziente.
Il percorso della Telemedicina per accorciare (e migliorare) il viaggio del paziente
Aumentare la vicinanza dell’assistenza al paziente finale è l’obiettivo principale che spinge tutti i player verso la collaborazione.
Questo processo avrebbe anche il vantaggio di facilitare il dialogo tra regolatori e imprese. Quando viene richiesto quali sono le aree in cui la collaborazione può avere il maggiore impatto sul miglioramento dell’accesso e dell’efficacia delle cure, vengono citati da circa la metà degli intervistati questi tre problemi: identificazione della malattia (51%), supporto per decisioni terapeutiche (51%) e gestione dei malati cronici (49%).
È in questo contesto, dunque, che si afferma la telemedicina come una direzione di sviluppo che può rispondere a molte di queste esigenze e come una grande opportunità per espandere la base di clienti. Il settore farmaceutico e i fornitori hanno il massimo interesse, considerando la telemedicina come canale aggiuntivo per ottenere un vantaggio competitivo e raggiungere i pazienti.
La telemedicina è vista come utile principalmente per (i) fornire assistenza a distanza per malati cronici (95%), dove maggiore è necessaria la collaborazione tra diversi attori e il l’uso della tecnologia digitale può garantire un migliore accesso alle cure; (ii) migliorare il benessere e la prevenzione (63%); (iii) ridurre la necessità di check-up di persona (43%), risparmiando così tempo e costi sia per il paziente (e possibile caregiver) sia per le strutture. D’altra parte, non è considerato utile per la diagnosi, in quanto non può sostituire completamente un esame faccia a faccia da parte di un medico.
In generale, si riconosce alla Telemedicina un ruolo importante di collaborazione complementare e interdisciplinare ruolo (mai sostitutivo però), fondamentale in un contesto di carenza di personale sanitario, che in L’Italia è sceso di 46.000 unità tra il 2009 e il 2017 (incluso 8.000 medici e 13.000 infermieri) con solo 87 medici di famiglia ogni 100.000 abitanti (la metà dei quali andrà in pensione nei prossimi 10 anni).
In questo contesto, il rafforzamento di servizi di assistenza territoriale, previsti dal PNRR, per garantire in modo omogeneo l’effettiva applicazione dei Livelli essenziali di cura (LEA) in tutto il territorio devono tenere conto dell’integrazione dei servizi digitali, che sono utili sia per il reclutamento che per la gestione dei percorsi dei pazienti (attraverso modelli di stratificazione del rischio, diagnosi precoce, assegnazione dei piani assistenziali) e per l’assistenza domiciliare (visita/monitoraggio a distanza), nonché per il supporto di reti professionali (condivisione dei dati, teleconsulto e coordinamento tra operatori sanitari, ottimizzazione della produttività e riduzione degli spostamenti).
La telemedicina potrebbe anche essere un potente propulsore per i PSP (Programmi di supporto ai pazienti) in quanto sfrutterebbe l’industria farmaceutica.
Collaborazione con i fornitori per garantire una migliore aderenza al trattamento, migliorare la gestione del paziente e ottenere migliori risultati clinici.