Fino ad oggi abbiamo concepito l’automazione industriale come un luogo in cui uomini e robot hanno lavorato fianco a fianco. Tra fumo, scintille, braccia meccaniche e operai indaffarati, quello che l’ultimo Novecento e i primi anni Duemila ci hanno offerto come massima innovazione produttiva sarà presto un ricordo.
I robot odierni sono molto più sofisticati ed efficienti del passato, grazie all’intelligenza artificiale, alla realtà aumentata, al cloud e all’internet of things (IoT), possono compiere un gran numero di operazioni in contemporanea e in maniera rapida. In un mondo di oggetti interconnessi e in grado di operare in maniera autonoma e automatica, il ruolo dell’uomo cambia: non dobbiamo più lavorare financo a fianco alle macchine, ma posizionarci diversamente all’interno della fabbrica.
Gli uomini e i robot collaboreranno per nuove operazioni e obiettivi più grandi, in un mercato globalizzato che nel frattempo si fa paradossalmente più piccolo, più innovativo e più competitivo. Secondo Loup Ventures, questo tipo di automazione industriale o industria 4.0 rappresenterà il 34% del settore manifatturiero a livello mondiale.
I robot industriali rappresentano oggi il 3% di tutta l’automazione disponibile e saranno usati soprattutto per costruire altri robot. Un mercato che alla fine del 2017 raggiungerà i 14 miliardi di dollari (+13% sul 2016).
A giugno 2017, sono stati venduti il 20% in più di robot industriali e nel 2025 si attende un mercato che complessivamente varrà quasi 34 miliardi di dollari.
L’Italia in questo panorama si posiziona molto bene. La tecnologia e l’esperienza accumulati nei decenni passati, secondo il nuovo Rapporto “I.T.A.L.I.A. 2017 – Geografie del nuovo made in Italy”, realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e dalla Fondazione Edison, ci consentono di essere il sesto produttore al mondo di robot industriali dietro a Cina, Corea del Nord, Giappone, USA e Germania.
Negli ultimi anni, seguendo i dati del documento presentato venerdì a Treia (Macerata), in occasione del XV Seminario estivo di Symbola, l’aumento medio delle vendite di robot è stato del 16% annuo e il numero di installazioni non era mai aumentato così tanto nel passato, raggiungendo nel 2015 il più alto valore assoluto di vendita in un anno da sempre (254.000 unità).
Se l’industria 4.0, o smart manufacturing, potrebbe secondo molti esperti contribuire al prodotto interno globale con una cifra che oscilla tra i 10 e i 15 mila miliardi di dollari nei prossimi venti anni, secondo dati General Electric, e al Pil europeo con qualcosa come 2.200 miliardi da qui al 2030, in Italia il mercato nazionale ha già raggiunto il valore di 1,2 miliardi di euro, quasi il 10% del totale degli investimenti complessivi dell’industria nel 2015.
A trainare la smart manufacturing made in Italy sono soprattutto le grandi aziende di macchinari e l’automotive, mentre sono arrivate a oltre 600 le applicazioni censite in Italia, pari ad una crescita del 30% in un anno, soprattutto per le tecnologie di Industrial IoT e Industrial Analytics.
Lo studio inoltre evidenzia anche il contributo rilevante della digitalizzazione, vista come volano strategico per l’upgrading competitivo delle imprese, con il 17% delle imprese digitalizzate italiane vende nei mercati esteri contro il 2% delle imprese non digitalizzate.
Divari che si riscontrano anche in termini di performance economiche: un aumento del fatturato (2015/14) riguarda il 23% delle imprese digitalizzate contro il ridotto 8% delle altre imprese.
Digitalizzazione significa anche innovazione: infatti il 37% delle imprese digitalizzate ha innovato (nel periodo 2013-15) contro il 12% delle altre. Inoltre, le imprese digitalizzate mostrano anche una maggiore propensione ad effettuare investimenti, sempre nel periodo 2013-15 (36% contro 14%).
Altro dato particolarmente interessante, infine, è quello della robotica generale, mercato che oggi vale 27 miliardi di dollari e che nel 2020 arriverà a 150 miliardi. Nel segmento “robotica umanoide” (gli androidi per intenderci), il nostro Paese si posiziona come all’avanguardia: nei prossimi mesi del 2017 partiranno nuovi progetti selezionati dalla Commissione europea per i finanziamenti Horizon 2020. Di questi ben 5 saranno sviluppati da enti di ricerca italiani.
Come Andy, il robot sviluppato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), per imparare a lavorare fianco a fianco con glie esseri umani in ambienti lavorativi e domestici, o ancora CyberLeg, l’esoscheletro sviluppato dai ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa per far tornare a camminare le persone che hanno perso l’uso delle gambe. Sempre a guida italiana è Dream4Car, il sistema di intelligenza artificiale sviluppato dall’Università di Trento e pensato in particolare per la guida delle macchine autonome.
Ci sono anche Refills, un robot magazziniere capace di gestire gli ordini e aiutare i commessi dei negozi, sviluppato sotto il coordinamento del Consorzio di Ricerca per l’Energia e l’Automazione e le Tecnologie per l’Automatismo (Create); e il sistema MoveCare dell’Università di Milano pensato per assistere le persone anziane direttamente nella loro casa e monitorarne i principali indicatori di salute.