Dare vita al mercato unico digitale o Digital single market, significa “garantire ai cittadini dell’Unione europea, in particolare ai giovani, le conoscenze e le competenze per proteggersi online da ogni tipo di attacco informatico. È una nostra responsabilità far diventare i cittadini europei degli utenti responsabili nell’utilizzo delle tecnologie emergenti”.
Così Marija Gabriel, Commissario europeo per l’economia e la società digitali, ha presentato lo European Cybersecurity Month 2019.
La cybersecurity deve diventare una buona abitudine quotidiana, come lavarsi le mani. Una routine individuale e famigliare, che passa per la metafora dell’igiene personale, utile a mantenere elevato il livello di protezione informatica dei nostri dati e dei nostri device (dal computer al tablet, dallo smartphone alle tecnologie indossabili, fino alla smart tv o i sistemi smart home).
Sempre in occasione del mese della cyber sicurezza in Europa, Roberto Viola, Direttore Generale DG Connect della Commissione europea, ha affermato: “La cultura della sicurezza informatica deve far parte della vita quotidiana delle nostre famiglie e delle nostre aziende. La sicurezza informatica è una responsabilità condivisa!”.
Una cultura che deve ancora affermarsi, però, che deve diffondersi e penetrare nella società contemporanea, troppo pigra, superficiale e a tratti ingenua difronte al pericolo della criminalità informatica e digitale.
Director-General of Communications Networks, Content and Technology @ViolaRoberto takes the floor for more insights on developing an ecosystem for a thriving cyber industry #EUCyber #EU2019FI pic.twitter.com/h7CFtbDuPh
— EU Institute for Security Studies (@EU_ISS) November 8, 2019
“L’Europa sta ballando sul Titanic della cybersecurity?”, si domandava provocatoriamente Viola in un suo intervento di qualche giorno ad un evento dell’Institute for Security Studies dell’Unione europea.
Parlando di tecnologie emergenti e future, il direttore della DG Connect ha dichiarato: “Quantum, post quantum, 6G: dobbiamo proteggere le nuove tecnologie per proteggere i nostri valori. Siamo riusciti con supercomputer, ora dobbiamo riuscire nel cyber”.
La cybersecurity quindi come fattore e valore fondamentale su cui costruire il mercato unico, ma anche la società stessa in cui viviamo. Le soluzioni tecnologiche non mancano.
Il mercato è già pronto alla sfida della sicurezza informatica e della guerra ai cyber criminali. Entro il 2024, il settore cybersecurity potrebbe arrivare a valere a livello globale oltre 267 miliardi di dollari, secondo stime Reportlinker.
La tecnologia machine learning offre grandi vantaggi nel rilevamento delle minacce informatiche e il suo utilizzo nella cybersecurity sta migliorando la protezione di molte delle tecnologie emergenti più utilizzate, come l’Internet of Things, la robotica, l’intelligenza artificiale e il cloud.
Secondo una recente indagine pubblicata da Data connectors, a livello mondiale, il 43% delle organizzazioni è caduto preda di attacchi informatici di qualche tipo, soprattutto violazione/sottrazione di dati sensibili. I temibili ransomware quadruplicheranno i loro attacchi entro il 2022, prendendo di mira soprattutto il settore sanitario e ospedaliero.
Entro il 2030 il 50% delle smart city mondiali dovrà munirsi di piattaforme cybersecurity per proteggere le proprie infrastrutture strategiche, hanno evidenziato i ricercatori, ma anche i servizi e le tecnologie alla base dell’elevato livello di connettività sul territorio.
Il numero complessivo di attacchi DDoS, nel terzo trimestre del 2019, è aumentato del 30% rispetto a quanto registrato nel periodo immediatamente precedente e del 32% rispetto al terzo trimestre del 2018, soprattutto a causa di un picco di attività malevole registrato a inizio autunno. Il 53% degli attacchi DDoS dell’intero trimestre sembra essersi concentrato nel mese di settembre, secondo dati Kaspersky.
A proposito di tecnologie emergenti di ampissima diffusione, nei primi sei mesi dell’anno, sempre la rete Kaspersky ha rilevato 105 milioni di attacchi su dispositivi Internet of Things (IoT) provenienti da 276.000 indirizzi IP unici.
Questo dato è sette volte più grande rispetto a quella registrato nello stesso periodo del 2018: nei primi sei mesi dello scorso anno, infatti, sono stati rilevati 12 milioni di attacchi provenienti da 69.000 indirizzi IP. I cybercriminali, sfruttando la leva della scarsa sicurezza informatica che spesso caratterizza il mondo dell’internet delle cose, cercano di creare e far fruttare economicamente botnet composte da dispositivi IoT.