Dopo gli infruttuosi tentativi della presidenza italiana della Ue, terminata a dicembre, anche la presidenza lettone – subentrata a gennaio – prende in mano il ‘dossier roaming’.
Oggi, il taglio del roaming è al centro delle discussioni degli esperti tlc del Consiglio Ue, chiamati a valutare le proposte di compromesso della presidenza lettone in vista della prossima riunione dei ministri europei del settore, in calendario a marzo.
La presidenza lettone tenterà la mediazione tra le posizioni – fin qui apparentemente inconciliabili – degli Stati del Nord europa e quelli del Sud, mettendo sul tavolo due possibili opzioni: la prima prevede l’implementazione del principio del ‘roam-like-home’ (parla come a casa) – che tuttavia potrebbe slittare al 2018 e non alla fine del 2015 come vorrebbe invece il Parlamento europeo – ma consentirebbe agli operatori di applicare dei sovrapprezzi per coprire solo i ‘costi inevitabili’ dove le tariffe all’ingrosso dei paesi ospitanti fossero troppo alte. Questo in seguito ad un’analisi della Commissione sui prezzi all’ingrosso.
La seconda opzione fisserebbe un massimale pari ai tetti stabiliti dalla Commissione per i prezzi all’ingrosso, ossia di 0.05 euro al minuto per le chiamate (contro gli attuali 0.19 euro), di 0.05 euro a MB per il traffico dati (contro gli attuali 0.20 euro) e di 0.02 euro per gli sms (contro gli attuali 0.06 euro).
La presidenza lettone sembra orientate verso questa seconda opzione, sottolineando che sarebbe più facile da implementare sia per gli operatori che per i regolatori.
Per evitare abusi come il cosiddetto ‘arbitraggio’ delle carte sim – che consentirebbe ai consumatori di sfruttare le differenze di prezzo tra un paese e l’altro e acquistare, ad esempio, una sim in Lituania, dove i servizi costano molto meno e usarla, poi, nei Paesi Bassi o nel Regno Unito dove i prezzi sono molto più alti – la soluzione potrebbe essere quella di imporre agli operatori di offrire pacchetti che permettano ai clienti di fare chiamate e usare internet allo stesso prezzo che a casa, ma con limiti di tempo e volumi ben precisi che saranno stabiliti dai regolatori.
In una recente analisi, il Berec (l’organismo che riunisce i regolatori tlc nazionali) ha sottolineato come l’attuale impasse sia dovuta alla evidente divergenza tra Stati del Nord e del Sud Europa: in sostanza, dal momento che sono in maggioranza gli abitanti del Nord Europa a muoversi verso gli Stati meridionali, sono gli operatori tlc nordici a dover ‘acquistare’ servizi da quelli del Sud. Per tale motivo, i governi del nord Europa si sono schierati a favore dell’abolizione del roaming, mentre quelli mediterranei propendono per un suo mantenimento.
Il Berec ha in sostanza appoggiato le tesi dei paesi del Sud Europa, sostenendo che l’abolizione del sovrapprezzo che i consumatori pagano per usare il cellulare dall’estero “non è attualmente sostenibile né fattibile in pratica date le significative variazioni in una serie di importanti parametri tra gli stati membri”, tra i quali le tariffe al dettaglio, i costi (sostenuti e praticati) degli operatori e i modelli di consumo.