Open Fiber continua a mostrarsi disponibile per “un’aggregazione o collaborazione con Tim”per la rete unica, ma detta anche le condizioni: solo una rete indipendente può dare a tutti la capacità di competere ad armi pari. Ad inviare il messaggio all’ex incumbent e ai suoi azionisti è stata Elisabetta Ripa, amministratore delegato di Open Fiber nell’intervista alla Stampa.
Sulla rete con Tim “abbiamo un tavolo aperto per valutare forme di aggregazione o collaborazione, le possibilità sono molteplici”, ha affermato Ripa, spiegando che preferirebbe qualunque soluzione “che possa rendere organico e veloce lo sviluppo dei servizi in fibra nel Paese, con redditività, efficienza e sostenibilità per tutti gli attori coinvolti”.
Alla domanda se l’infrastruttura di Open Fiber dovesse confluire in Tim e quindi in un operatore verticalmente integrato, Ripa ha le idee chiare: “il tema è posto anche dal nuovo codice europeo delle comunicazioni, che individua nel modello “wholesale” puro – praticato da Open Fiber – che non opera nei servizi ma gestisce solo l’infrastruttura, quello che meglio può dare a tutti la capacità di competere ad armi pari”, ha spiegato l’Ad. “Ciò significherebbe che solo l’indipendenza”, ha aggiunto, “potrebbe garantire parità di trattamento e accesso alla rete. Il controllo, soprattutto se totalitario, no”. E’ chiaro il messaggio, Open Fiber è contraria a un controllo sulla rete da parte di Tim.
Perché è strategica per l’Italia la rete unica?
“La rete unica, da un lato, è utile per evitare duplicazioni di investimenti e migliorare il coordinamento delle coperture”, ha fatto notare l’Ad di Open Fiber, “dall’altro la regolamentazione italiana, come quella comunitaria, da sempre promuove la competizione tra infrastrutture – ha precisato – chiaro che le concentrazioni non sono mai ben viste dal regolatore, perché’ portano a forme di dominanza”.
Sulla necessità di “spegnere” la rete in rame, “entro il 2025 più dell’80% della popolazione dovrà essere raggiunto dalle nuove reti. Le agende digitali italiana ed europea puntano a questo. Ritengo che l’addio al rame sarà la naturale conseguenza”, ha aggiunto Elisabetta Ripa.
Sull’attività di Open Fiber, Ripa ha tracciato un primo e significativo bilancio: “Lavoriamo a velocità sostenuta: a fine anno saremo al 40% del piano da 20 milioni di case e uffici da collegare entro il 2023”, ha continuato, sottolineando come “grazie agli accordi siglati con gli operatori abbiamo raggiunto il 55% della quota di mercato delle connessioni a banda ultra larga, a questi a breve si aggiungerà Sky, chiaro segnale della sostenibilità del nostro business”.
Ma per colmare il divario con l’Unione Europea ci vorrà ancora del tempo: “se guardiamo ai dati 2017, gli ultimi censiti, la copertura della rete ultra veloce è del 22% contro il 58% della media Ue”, ha osservato Ripa, “ma le cose stanno cambiando in fretta”, ha aggiunto, “l’Italia sta accelerando più di altri Paesi, cresciamo del 40% anno su anno contro il 15% medio in Europa”.
Infine, sulla fase 2 lanciata dal Governo per coprire le aree grigie del Paese, dove la copertura della fibra è in ritardo, come emerge dall’ultima mappatura di Infratel, “siamo pronti a fare la nostra parte”, ha concluso l’ad di Open Fiber, la società che sta realizzando la rete a banda ultra-larga, con fibra Ftth, anche nelle cosiddette aree bianche, cioè quelle a fallimento di mercato. L’intervento rientra nella Strategia Italiana per la banda ultra-larga (BUL) voluta dal Governo, che vuole realizzare gli obiettivi comunitari della Gigabit society anche nelle aree grigie, in cui si trovano oltre un due terzi delle imprese italiane.