Pannelli solari come quelli che si vedono sui tetti delle nostre case e anche in aperta campagna, ma con una particolarità: non importa se c’è il sole, può anche piovere per lungo tempo, gli impianti forniranno comunque un elevato livello di energia elettrica pulita.
Questo è l’obiettivo che un gruppo di ricercatori si è posto di raggiungere sfruttando il cosiddetto effetto triboelettrico. In fisica parliamo di triboelettricità quando un corpo solido si elettrizza in seguito a strofinio con un altro corpo solido (uno dei due deve essere isolante).
La tecnologia in questione è chiamata Teng, acronimo inglese di TriboElectric NanoGenerator, ed è stata implementata da un team di ingegneri cinesi dell’Università di Soochow, nella città di Suzhou, provincia dello Jiangsu, per creare un fotovoltaico ibrido che funziona con celle solari Teng.
La ricerca potrebbe essere di grande aiuto per migliorare la resa dei pannelli solari nei periodi invernali, quando è spesso nuvolo, c’è nebbia e ovviamente piove.
Le celle fotovoltaiche di ultima generazione riescono a offrire una buona resa anche nelle giornate nuvolose invernali, ma la gran parte di impianti in caso di pioggia riesce a rendere solo il 25 – 30% della sua normale produzione.
Paradossalmente, anche in caso di sole pieno e temperature troppo elevate cala di molto il rendimento di tali tecnologie.
La temperatura ottimale per la migliore resa dei pannelli solari è attorno ai 25°C.
Per questo, come si legge sulla rivista scientifica ACS Nano che ha pubblicato la ricerca cinese, si tratta di una soluzione da sviluppare ulteriormente, potenzialmente scalabile, su cui ci sarà molto lavoro da fare, ma il concetto è perfettamente funzionale ad un aumento della capacità generale di generare energia da fonti rinnovabili.
Le celle solari Teng, infatti, possono anche essere integrate in altri prodotti e materiali, tra cui i tessuti dei nostri capi di abbigliamento (quindi parliamo anche di tecnologie indossabili, o wearables), ma anche gli pneumatici delle vetture, i pavimenti in cui passiamo ogni giorno (pensiamo le stazioni dei treni, gli aeroporti, le metropolitane, i marciapiedi delle vie più affollate, le piazze e così via, compresa casa nostra).
In questo caso, i ricercatori cinesi hanno sfruttato l’attrito, seppur minimo, delle gocce d’acqua in scivolamento sui pannelli solari.
Ma la pioggia può anche generare energia elettrica pulita in altri modi, semplicemente cadendo. L’Università di Città del Messico ha infatti messo a punto delle microturbine da installare in città, a livello di singole abitazioni e palazzi. Quando piove, l’acqua raccolta dalle grondaie e sistemi simili, ad esempio, è tutta convogliata verso una o più turbine per generare energia elettrica.
Elettricità che poi può essere utilizzata per alimentare piccole batterie da utilizzare per far funzionare mini device domestici, ma anche lampade a LED, elettrodomestici, apparecchiature elettriche di vario tipo. Il concetto comunque può essere esteso a turbine più grandi alimentate da infrastrutture a rete per moltiplicare la capacità di tale fonte rinnovabile, magari per rifornire sistemi di accumulo a loro volta utilizzabili per alimentare la rete di illuminazione pubblica.